Un giorno qualcuno dovrà spiegarmi il curioso caso Pioli.
L'uomo, infatti, è evidentemente convinto che certe partite valgano più di altre in termini di punti.
Così, dopo aver relegato alla panchina per un'intera stagione praticamente tutta la panchina, pretende che all'improvviso, come per magia, tutto gli stessi gli risolvano partite sulla carta semplici, ma che in realtà rischiano di pesare come macigni sulla qualificazione al prossimo anno di Champions League e dunque sui bilanci... Il tutto per preservare titolare che quando scendono in campo lo fanno terrorizzati da un complesso di inferiorità ancorché inesistente.

Temo che lo scudetto abbia dato alla testa al buon Stefano, rafforzandone da un lato le sicurezze, dall'altro peggiorando alcuni atteggiamenti. Un aspetto che ci porta dritto al secondo e vero problema: l'assenza completa di una dirigenza di valore. Marotta, Galliani, Giuntoli stanno a dimostrare che aver fatto il calciatore, il contabile, o il presidente seppure ad alti livelli, non serve per dirigere una squadra. Maldini, Furlani, Scaroni, non sono all'altezza del compito e l'aver vinto uno scudetto rischia di essere solo un episodio fortunato.

Aver mandato via Gazidis è stato un errore grave, come aver ceduto le quote a Cardinale, che è finanziere con il portafoglio ben saldo al posto del cuore. In tutto questo il gesto estremo della curva che chiama a raccolta la squadra nella vana speranza di poter fare qualcosa: curioso ed indicativo che ad ascoltare ci fosse lo stesso Pioli..