Siamo verso il termine della stagione 1934/1935 e il Quinquennio d'oro della Juventus sta per giungere al termine. I bianconeri, per la stagione successiva, promuovono in prima squadra Pietro Rava; nato a Cassine il 21/01/1916. Allenato da Virginio Rosetta, quest'ultimo decide di spostarlo dal ruolo di mediano a terzino sinistro. Questo perché Rava non solo ha ottimi piedi e una fase difensiva impeccabile, ma sa come inserirsi nelle manovre offensive e legge bene quando buttarsi nella mischia per colpire di testa.
Nonostante indossi la maglia bianconera per più di dieci anni, con codesta mette in bacheca solamente uno scudetto e due Coppe Italia. L'estate del1938 però è il periodo della consacrazione per lui. Il ragazzo viene aggregato in nazionale e partecipa alla terza edizione dei mondiali di calcio. Con la Coppa del mondo conquistata, il terzino viene ritenuto uno dei migliori nel suo ruolo. Al rientro in Italia non solo è ben accolto dai tifosi, ma addirittura ad attenderlo a braccia aperte è Benito Mussolini. Costui regala al giocatore la sua accoglienza, inoltre si congratula porgendogli 8mila lire e una pergamena commemorativa. Addirittura, si aggiudica 2 anni prima le olimpiadi negli Stati Uniti. Insieme ad altri 3 calciatori, è l'unico ad aver vinto entrambi le competizioni.

Dopo esser stato ritenuto uno dei migliori e aver conquistato il mondo con la maglia azzurra, Rava si sente uno dei top giocatori del momento e ritiene che lo stipendio percepito dalla Juventus sia basso, pretendendo quindi un aumento. Emilio de la Forest de Divonne, ai tempi presidente del club torinese, non intende accettare le richieste del ragazzo.
Nel febbraio del '39, il giocatore mette in atto una protesta che spiazza tifosi e compagni di squadra: durante un match contro il Modena, Rava decide di passeggiare nel rettangolo di gioco e non delizia il pubblico come ha abituato a fare. A rendersi protagonista non è solo il suo atteggiamento, ma il batti becco avvenuto con il presidente. Divonne chiede spiegazioni, ritenendo inaccettabile la prestazione, ma Rava risponde semplicemente "Giochi lei".
Nel secondo tempo la partita del terzino non cambia e il tutto influisce negativamente sul risultato, che termina per 2 a 0 in favore del Modena. L'accaduto crea un caso mediatico e mantiene per un grosso periodo il giocatore fuori rosa.
Questa storia è vista in maniera positiva da chi la tiene ancora in mente. Si dice che Pietro Rava sia stato il primo giocatore ad aver avuto il coraggio di scioperare per i propri diritti e degli altri calciatori. È pur vero che siamo in un periodo dove il calciatore non è considerato ancora un lavoro professionale. La questione comunque venne risolta dopo diverse settimane con la Federazione e il giocatore venne inserito di nuovo all'interno della rosa. Anni dopo, rilascia delle dichiarazioni come atto di giustifica: "Volevo essere considerato un professionista, da anni ho dedicato tutto me stesso al calcio. Per di più con la Juventus, il mio unico amore. Perché i dirigenti non potevano accontentarmi? Così, a Modena, decisi di fare sciopero rimanendo con le braccia incrociate e non me ne vergogno affatto. Erano tempi difficili, e per noi calciatori, poteva esserci la gloria, non la ricchezza".

Nel 1946, l'azzurro lascia la maglia bianconera per una scelta societaria e si trasferisce all'Alessandria. Ma dopo 4 anni, il destino vuole che la Juventus e il terzino si rincontrino, e quindi che il ritorno sia. La seconda annata della sua seconda esperienza in bianconero è più che brillante, ma la stagione a seguire sarà non positiva per lui; visti i rapporti negativi con l'allenatore (Jesse Carver). Unica consolazione è che in quest'annata vince il suo primo ed unico scudetto. Purtroppo però il rapporto con la società è freddo, perciò viene ricevuto dopo tre stagioni dal suo ritorno. La sua destinazione è il Novara, dove gioca per 2 stagioni per poi ritirarsi definitivamente.

Nonostante i rapporti alti e bassi con allenatori e società, l'amore per la Juventus da parte di Rava è un qualcosa che ad oggi difficilmente caratterizza un giocatore professionista. Avrebbe potuto giocare in altri club per non avere più determinati tipi di problemi, ma il suo unico sogno era quello di vestire la maglia che amava sin dalla nascita. Quando ancora era un tesserato del club torinese riportò dichiarazioni che affermano per l'ennesima volta il suo sentimento per la squadra zebrata: "Qualsiasi cosa accada mi sentirò sempre juventino. Ho i colori bianconeri nel sangue. "

Una volta ritiratosi, Rava intraprende la carriera da allenatore. Negli anni, a parte le giovanili, guida diverse squadre: Padova, Monza, Cremonese, Sampdoria, Palermo, Cuneo, Alessandria e Biellese. Non un percorso eccellente, ma era ben vista l'impronta lasciata ai club sotto la sua guida, che giocarono un calcio moderno (almeno per l'epoca). Dopo aver lasciato anche la carriera da allenatore, l'ex bandiera bianconera si gode i suoi anni e ci lascia nel 2006; per delle ripercussioni di una caduta.