Una serata di ordinaria follia

(Pianificare le ferie estive può essere molto stressante)

Era ormai passata, praticamente senza contraccolpi, anche la seconda settimana di luglio. Naturalmente, non c'era da farsi grosse illusioni: era chiaro che se i nodi non erano ancora arrivati al pettine, tutto ciò non sarebbe potuto durare a lungo. Come si dice, l'acqua che non piove in cielo sta, e, contando i giorni, calendario alla mano, l'acquazzone che incombeva rischiava di assumere dimensioni e pericolosità devastanti. Una decisione circa la destinazione prescelta per quel paio di povere, incolpevoli settimane di ferie bisognava pur prenderla.

Massimo, persona ritenuta da tutti equilibrata e responsabile, quando si trattava di discutere dove andare in vacanza mostrava lati infantili di sé che non avresti mai detto. Un anno era fuggito via, rendendosi irreperibile per qualche giorno, un altro aveva simulato un attacco di colite, e per rendere il tutto più credibile, aveva ingerito una tale quantità di lassativo, da andare a dissenteria senza fermarsi mai per 3 giorni, al punto che le ferie le passò comunque in ospedale in osservazione, e, dato lo scarso entusiasmo che le ferie avevano il potere di generare in lui, quelle in ospedale furono di gran lunga le ferie più gettonate e ricordate con maggior nostalgia: ti ricordi quando ti cambiavano il catetere? che momenti indimenticabili? Ahhh siiii che bei momenti! Quanto mi manca il cambio di catetere col palloncino!
Da alcuni piccoli segnali che Massimo aveva ormai imparato a cogliere, e che aveva indubbiamente intercettato durante la giornata, tipo un’improvvisa impennata di consultazioni di siti vacanzieri fatta registrare nella cronologia del PC, come anche il sentirsi chiamare: amore, cosa che aveva da sempre dato un enorme fastidio ad entrambi, aveva subodorato che il tanto temuto uragano forza 8 si sarebbe presto scatenato, probabilmente al suo rientro per cena. Non ne era certo, ma dopo 3 anni di vita di coppia, ognuna vissuta a casa propria, s’intende, certi segnali, ad esempio, quei piccoli cambiamenti di tonalità della voce, potevano essere considerati dei campanelli d'allarme piuttosto attendibili.
Quando Massimo arrivò nei pressi dell’attico di Carla, cercò di convincersi che fosse molto stanco, e che i giardini della piazza sottostante la mansarda, offrissero un’irrinunciabile oasi di fresco. Dopo una sosta rigenerante di qualche minuto, che a Massimo erano sembrati una manciata di secondi, egli prendendo il coraggio a due mani, cominciò a salire le prime rampe. A metà strada dovette però fermarsi, ad essere precisi, più che “dovette”, il verbo giusto sarebbe stato “volle”: e lo fece perché, pensando a ciò che con ogni probabilità lo aspettava, necessitasse di mente fredda e nervi d’acciaio: non era il caso, quindi di arrivare già col fiatone!

Carla, attentissima ad ogni singolo dettaglio dell’arredamento, tutto fatto di pezzi preziosissimi, ognuno perfettamente integrato con tutto il resto, voleva che esso la rappresentasse, che fosse esplicativo della sua personalità poliedrica. La ricercatezza di ogni componente, unita alla bellezza della vista, tutta fatta di tetti spioventi e comignoli, faceva sì che, scherzosamente la padrona di casa definisse il suo appartamento come: “il mio alloggio parigino”. Certo, non c’era la Torre Eiffel, ma c’era (e non era malaccio) la Mole Antonelliana a rendere magica una vista in ogni caso superba.

Quando Carla, anni prima, aveva dovuto scegliere il campanello della porta di casa, non volle sentire ragioni e alla fine l'amministratore del condominio, per sfinimento, pur di non vederla più, pur di non sentirne più parlare, accettò di utilizzare un vecchio battente di bronzo comprato al mercatino delle pulci, straconvinta che si trattasse di un pezzo d’antiquariato di gran pregio, che solo lei e pochi altri avrebbero saputo riconoscere e conseguentemente valorizzare. L’idea di utilizzare un campanello elettrico, anziché un battente, com’erano tutti, un secolo fa, le provocava una specie di reazione allergica data da violenza stilistica.
Massimo in quei momenti si trovava spesso a constatare con un certo fastidio, quello che potremmo definire un dato di fatto: chi non rinuncia mai a far valere i propri gusti, le proprie ragioni e le proprie idee, in nessuna circostanza, anche quando, tutto sommato, potrebbe farlo senza ripercussioni, anziché venire considerato persona spiacevole e prepotente, un ostacolo al bene comune, viene considerata spesso persona di spiccata personalità: un leader!” Mentre chi, consapevole dell'obiettivo comune, non impone i propri gusti, le proprie preferenze, il proprio pensiero, perché non gli interessa che gli venga riconosciuto di aver ragione, gli interessa che venga raggiunto l’obiettivo comune. Persone come queste sono fondamentali, ma vengono spesso additate come di scarsa leadership.
Il tavolino della sala living era chiaro, quadrato e bassissimo. Carla l’aveva comprato due anni prima ad un'esposizione di mobili americani. Per questa ragione lo chiamava, anziché tavolino da tè, coffiteibol.

Entrando in casa, Massimo notò subito che i libri, i giornali, le riviste, le lettere; perfino le sigarette, ed i posacenere, che di solito affollavano il tavolino, erano stati tutti eliminati o quantomeno occultati. Quella sera, unici oggetti contemplati/tollerati, erano la catasta delle carte geografiche, e quella delle guide turistiche. Il temporale forza 8 stava per abbattersi su Massimo. Quali decisioni ne sarebbero scaturite non era dato saperlo, anche se i dati relativi agli anni precedenti parlavano di scelte praticamente sempre sovrapponibili a quelle di Carla e ben poco a quelle di Massimo, chissà poi perché…
“Stasera c'è consiglio di guerra, disse Carla con un sorriso che voleva essere rassicurante, ed in effetti, per certi versi lo fu: rassicurò Massimo che se non avessero trovato un compromesso soddisfacente l’uragano che si sarebbe abbattuto sull’attico sarebbe stato di proporzioni catastrofiche. Dunque, disse Carla sedendosi sul sofà e facendo segno a Massimo di sedere accanto a lei. Dunque… e si sedette. E subito si bloccò, visto che non riusciva in nessun modo a ricordare dove aveva deciso di riporre le sigarette, che prima del riordino, erano sempre state ben reperibili e facilmente accessibili. Massimo accese la sua sigaretta in silenzio: erano pur sempre 30 secondi guadagnati alla serenità, e sottratti ai litigi e voleva goderne appieno aroma e gusto, come fosse l’ultima. Poi guardò Carla, che frugava col massimo impegno nella montagna di carte ripiegate, alla ricerca del suo pacchetto di sigarette, e malcelatamente divertito, vedendola in difficoltà, decise magnanimamente di offrirle una delle sue, la quale fu accesa con una certa solennità, ben consapevoli entrambi che quella sarebbe stata l’ultima sigaretta facilmente reperita in casa per svariate settimane, prima che il disordine tornasse a regnare sovrano.

Mettere carte e oggetti a posto… roba da ergastolo! Con tanto delle aggravanti dei futili motivi e dell’efferatezza del crimine commesso!
Mentre accendeva la sigaretta a Carla, Massimo notò che lei si era messa la sua camicetta preferita, forse sperando che le avrebbe portato fortuna… anche i pantaloni di lino potevano essere interpretati come un inizio di clima vacanziero.
Dopo questo teatrino delle sigarette, entrambi dovettero, loro malgrado ritornare sul tema all’ordine del giorno: Carla, senza tanti giri di parole espresse il suo pensiero in tono vagamente scherzoso: “ho pensato che quest’anno bisognerebbe proprio fare la Grecia, no?
Massimo, che aveva ampiamente previsto la proposta della Grecia, visto che Carla non faceva che parlarne da giorni… Ah, disse, la Grecia, eh?”
“Eccola qui”, disse Carla, guardiamola un momento! E così dicendo aprì con mani esperte la doppia fisarmonica della cartina per stenderla sopra le altre.
“Guarda e dimmi se non ho ragione: solo a vedere come è fatta, ti viene voglia di mare!”
Sempre Carla: “Non sembra una Medusa?” A Massimo faceva piuttosto venire in mente uno strofinaccio sbrindellato, ma non disse niente.
Carla: “C'è un mare incredibile. Viola, sai? Me lo diceva ancora ieri la collega dell’anagrafe. E poi, le isole ... Altri miei colleghi della tributaria mi hanno promesso che se decidiamo di andarci, ci fanno loro la lista di quelle che non dobbiamo assolutamente perdere. Possono anche darci tutte le informazioni sulle strade. Avevano le carte, le guide, i prospetti, le tabelle, gli itinerari, i depliants…“
Sempre Carla: “Tutti quelli che ci vanno dicono che è un'esperienza unica. E bisogna far presto, prima che lo scoprano le cavallette. Tempo due o tre anni e sarà tutto rovinato.”
Ecco, pensava Massimo, chiunque siano e qualsiasi cosa facciano, mai che li sfiori il più lontano sospetto che le cavallette siano proprio loro!

Vedendo lo scarsissimo entusiasmo di Massimo, Carla se ne uscì con un: ”Massimo, nessuno ci obbliga, se non vuoi arrivare fino in Grecia, possiamo fermarci nei paese dell’ex jugoslavia…”
Ah, disse lui (come se non lo sapesse… giusto per alimentare un altro po’ la tensione: “perché? Si passa dalla Jugoslavia? Beh, disse frugando tra le carte, si può anche traghettare da Brindisi.”
Carla: “Ma siccome nelle puglie ci siamo già stati…”
Massimo: “Va bè, allora se è per questo, siamo stati anche in Jugoslavia… eh!”
Carla: “sì, ma solo lungo la costa l'interno non l'abbiamo mai visto. I monasteri... altre montagne brulle, altre capre, altri piatti genuini…
Aggiunse Massimo: “genuini… e stomachevoli, abbi pazienza…”
Carla, con insolito self control: “Se vogliamo andare in Grecia passando per la Calabria possiamo prima fare un giro in Sicilia, sarebbe un'idea! Dicono che la Sicilia a farla come va fatta, è un posto straordinario.”
Sempre Carla, che stava cominciando ad entusiasmarsi: “ci sono delle spiagge favolose… rosa!”
Chiese Massimo, provocatorio: “Non è che per sbaglio ce n’è anche qualcuna del colore normale, di spiaggia o di mare?”.

La scelta di passare all’attacco con battute potenzialmente provocatorie non era stata casuale. Lasciare che Carla si entusiasmasse così tanto adesso sulla Sicilia, avrebbe potuto rivelarsi un errore di cui tra qualche minuto Massimo si sarebbe forse pentito.
Massimo avrebbe dovuto interromperla, dirle subito quel che aveva da dirle, prima che arrivassero ai fichi d’India, alle casette bianche, ai meravigliosi vini del posto, di tutti i posti, invece, non aprì bocca!
Carla stava cominciando, come preda di un’ubriacatura a immaginare l’inimmaginabile: “Dalla Sicilia, col battello sono poche ore…”
Massimo per un attimo assecondando i pensieri di Carla se ne uscì, pentendosene all’istante con un: “Se col battello sono solo poche ore
, sarebbe allora la volta buona di andare…”
Carla, letteralmente impazzita: “Marocco? Tunisia? Forse non aveva sentito bene… Scusa,” disse Carla: “non ho sentito. Dov'è che si va col battello? Un secondo di distrazione, solo qualche istante e la frittata sembrava proprio essere fatta. Bisognava intervenire immediatamente per evitare che Carla si facesse tutto un film, compreso di amari titoli di coda!”

Mentre la fantasia di Carla viaggiava ormai a briglie sciolte, Anche Massimo era assorto nei suoi pensieri: “Quante isole conteneva il Mediterraneo? Migliaia? Decine di migliaia? E naturalmente saranno tutte una più bella dell'altra, intatte, vergini, senza un cinema, senza una coca cola. Si raccontava che ce ne fossero addirittura alcune senza il camping del club Mediterranee!
Carla, entusiasta, ignara dell’imminente attacco di panico di Massimo: “Figurati che in alcune di queste isole manca la luce, manca l'acqua, manca tutto, spiegava con animazione Carla. Si è completamente tagliati fuori. Il battello passa una volta alla settimana, si sta nelle case dei pescatori, che ti portano delle aragoste grandi così, tutti i giorni, al posto del caffè”.
“Ma il caffè te lo portano”? Disse Massimo, stando al gioco… “no, perché francamente, mangiare un'aragosta appena sveglio…”
Sciocco! Disse lei, civettuola, senza avere ancora il minimo sentore del rombo dell’uragano che stava per distruggere tutte le sue illusioni.
Massimo: “Dicevo per dire…”
Carla: “è una vita dove non ci sono più diaframmi fra te e la natura. Alberghi, camerieri, bottegai, niente! più niente! Tutto immediato? No! Si fa la vita degli indigeni! Sai, 10 giorni così e ridiventi un essere umano.
Massimo ad un certo punto si rese conto di quale agghiacciante equivoco ormai aveva preso piede nella mente di Carla. E più il tempo passava e più si ramificano le cose da chiarire, da precisare, da smentire, da controbattere…
Allora, cos'è?
Incalzava Carla, gli occhi di miele: “racconta”. Non dirmi che è l'Africa! E’ l'Africa? Dì”
Carla, ormai persa nei suoi sogni che con la realtà non avevano la minima speranza di intersecarsi: “Cos'è che hai in mente? Dimmi!”

Completamente incapace di riprendere senza rischi contatto con la realtà, aveva creduto che lui facesse finta, che avesse in realtà escogitato un piano ben più esotico e avventuroso.
Altro che Grecia, Jugoslavia, isole del mediterraneo, Massimo aveva una entusiasmante, temeraria sorpresa, che ora, smessa la tenera commedia della riluttanza, avrebbe presentato, tirandola fuori dal cilindro con un inchino: Olè: Dì? E’ il Serengeti? Il Madagascar, il Sud Africa?
L'idea di doverla disilludere adesso, di dover spegnere quel suo sorriso di principessa che si vede riconsegnare l'anello caduto in mare gli dette un senso di oppressione così insopportabile che quasi decideva lì sul momento senza aver consultato una sola guida di farla contenta e di dire che, sì, era tutto deciso, tutto pronto, la traversata del deserto in cammello, la serata nella fumeria d’oppio, l'acquisto di tappeti preziosi ma per pochi euro, fra le tribù afghane, per un momento, i piatti della bilancia rimasero in bilico poi decisamente l'ago si inclinò.”
Massimo: “No, e che stavo pianificando di passare qualche settimana nella masseria di mio nonno, di Ginosa Marina…
Carla rise per tenere botta a quello che chiaramente era uno scherzo: “ahahah La masseria di Ginosa. Ahahah” Poi, vedendo che Massimo non rideva per niente, si fece seria: “Quale masseria?”
“La mia!” -  Ma se non ci vai mai - Appunto! Mi stava andando in rovina così quest'anno l'ho fatta rimettere in ordine. Tra l’altro, come ti dicevo, Ginosa è vicino Bari, per cui, con gli amici dello Juventus Club stavamo pensando di usare la masseria come “campo base” per qualche escursione nei dintorni, che so? Le grotte di Castellana, i trulli di Alberobello, i sassi di Matera, e di andare poi ad assistere al triangolare Birra Moretti che ogni anno si tiene a Luglio a Bari. Quest’anno che la squadra è stata praticamente rasa al suolo, con finalmente un vero DS (Giuntoli) a tenere dritta la barra e a fare i colpi che servono, in uscita e in entrata, la curiosità di vedere all’opera questa nuova rosa è davvero grande.
So che il calcio non ti appassiona, per cui non sono stato lì a tediarti con continui aggiornamenti sui lavori in Masseria, e sulla rivoluzione juventina, ma se dovessi decidere di unirti a noi, naturalmente sei sempre la benvenuta!

Il silenzio irreale che calò in mansarda, durò solo pochi istanti.
Carla: “Ma… dici sul serio?” -  Sì!
Carla riuscì, con un’agilità delle dita quasi da croupier, ad accendere al volo una sigaretta presa dal pacchetto ancora reperibile di Massimo, poi si toccò i capelli. Lentamente, con apparente autocontrollo, e fece un sorriso spettrale, da teschio, che non lasciava presagire nulla di buono, ben peggio del già temutissimo uragano forza 8. Qui si rischiavano conseguenze da dodicesimo grado della scala Mercalli.
Massimo intuì la malaparata e pochi istanti dopo era già nella tromba delle scale a sfiorare i gradini a due a due, in souplesse, con una scioltezza ed una coordinazione invidiabili.
Carla nel frattempo aveva gettato la maschera dell’autocontrollo e aveva cominciato a darsi schiaffi sul petto come si vedeva fare dai gorilla nei soliti documentari sulla vita sociale di questa specie.

Massimo, con voce proveniente dalla tromba delle scale: “Azz… si è fatto tardi! Adesso devo proprio andare..., ci sentiamo domani! Eh?”
Sì, meglio se ci sentiamo domani...
Buona notte!