Quanto è cambiato nel calcio negli anni? Tanto, basti pensare che è cambiato il modo di giocare, sono cambiate le divise, da pantaloncino corto da maratoneta a pantaloncini quasi a pinocchietti, dalle maglie larghe alle maglie attillate, dalla pelle pulita a piena zeppa di tatuaggi, dai capelli normali a tagli inguardabili, dalle maglie 1 alla 11 in campo, a numeri fino alla 99, da i presidenti solamente italiani ai cinesi e americani, dalle giacchette nere degli arbitri, alla maglia gialla o violacea.

E proprio degli arbitri andremo a parlare, perchè dove tutto è cambiato, e si è rinnovato, qualcosa manca. Cosa manca? Che l'arbitro specifichi determinate situazioni della partita e quindi ci mette la faccia nelle sue decisioni giuste o sbagliate, soprattutto sbagliate. La situazione è davvero strana, perchè alla fine della partita quindi al triplice fischio l'arbitro togliendosi i panni da gioco, se ne lava le mani, quindi se ha sbagliato l'unica che può punirlo è l'AIA (Associazione Italiana Arbitri), ma senza specificare perchè mai avesse fatto tali scelte in campo, e magari fargli vedere che in altre gara quelle situazioni le aveva punite o meno.
L'arbitro negli ultimi anni è stato degradato con l'arrivo della VAR, che 'sarebbe' servita ad evitare errori vari, ma qui sembra che alla fine alcuni non ne prendano in considerazione la chiamata e fanno di testa loro, per questo si vedrebbe molto volentieri a fine partita, la spiegazione di tali scelte e il perchè non si è utilizzato l'aiuto di un replay che non avrebbe portato polemiche dietro. L'arbitro è un'istituzione, una figura da rispettare, e da non attaccare, visto che soltanto il capitano di una squadra potrebbe confrontarsi su situazioni analoghe, anche se poi non viene rispettato il regolamento in campo, visto che si vedono più giocatori riprendere l'arbitro e di regola non potrebbero e dovrebbero essere ammoniti soltanto per il reclamo, ma diciamo che qui l'AIA ha posto un veto, altrimenti le partite si concluderebbero ben prima del novantesimo minuto. In questi anni l'AIA non ha mai accettato di far parlare gli arbitri a fine gara, ma perchè? La risposta potrebbe stare in una frase di due parole: Attacco mediatico. L'arbitro, già bersagliato in campo, dovrebbe esporsi a dare spiegazioni su i propri errori, che lui stesso ha fatto passare come cose giuste, quindi vedere una moviola e dover commentare o ricredersi di tale errore, che dopo il triplice fischio non servirebbe a nulla, soltanto a umiliarlo, cosa che poi potrebbe portarlo ad avere un calo personale e conseguente retrocessione in categorie minori, o addirittura cadere nell'anonimato. Per questo gli arbitri non sono esposti al pensiero di persone, anche se ex calciatori o commentatori sportivi, della tv o radio, e doversi poi vedere sbattere in prima pagina di una testata giornalistica, e portare milioni di tifosi a contestarlo, qualora dovesse fare male con alcune squadre. L'arbitro però potrebbe tirare fuori il suo carattere e dare determinate spiegazioni senza entrare nell'intervento o nell'assegnazione di punizioni-rigori o ammonizioni-espulsioni, ma dare soltanto il suo giudizio, che poi non sarà distante dalla scelta fatta in campo.
Quindi portare l'arbitro dopo novanta e più minuti davanti ad una tv o dietro un microfono non sarebbe alla fine un qualcosa che potrebbe cambiare i dubbi o le idee di milioni di tifosi.