A San Siro, davanti a 75.649 spettatori, il Milan che non ti aspetti risorge tre giorni dopo la disfatta con i friulani e ridimensiona le ambizioni del peggior Paris Saint-Germain visto negli ultimi dodici anni.
Un miracolo?

Anche se può sembrare che l'impresa abbia qualcosa di miracoloso, in realtà essa è frutto di una logica ineccepibile. Se nello spogliatoio l'undici rossonero raggiunge la piena serenità e il giusto carico di motivazioni, in campo trova praterie davanti a sé. Le splendide prestazioni personali di Leao ma soprattutto di Theo Hernandez rivelano, a mio modo di vedere, come la squadra allestita per competere ad alti livelli non è scarsa e non lo è mai stata. Magari, altri settori societari hanno più di un peccatuccio da farsi perdonare. Il campanello d'allarme lanciato da qualcuno in società sul possibile ritorno di Ibrahimovic è servito a chiarire qual è il ruolo attualmente più debole della rosa rossonera.

Non è un caso che il Coach, dopo la sconfitta pesante in casa contro una modesta è stanca Udinese, abbia dichiarato in sala stampa davanti a una torma di giornalisti esterrefatti che le maggiori colpe per il risultato erano le sue. I più grandi detrattori del Mister parmense gli rinfacciano proprio che dopo lo scudetto si sia un poco "montato la testa".
Ricordo bene quando ad allenare l'altra squadra di Milano c’era tale Helenio Herrera, argentino, che aveva il vizio (narra la leggenda) di approdare in sala stampa esordendo sempre con le stesse tre frasi, secondo il risultato conseguito: "Ho vinto", "Abbiamo pareggiato", "Hanno perso". Il cambio di paradigma, se c'è stato, deve partire proprio dalla panchina, incominciando proprio dal declinare correttamente il verbo "perdere" al passato prossimo. A maggior ragione se la quantità di errori commessi nelle partite è nettamente superiore a quelle dei calciatori.

Ibra non c'è (ancora) e già si nota che gli atleti rossoneri hanno capito che una certa aria sta cambiando. Intendiamoci, battere ieri sera il Paris Saint-Germain non era una Mission Impossible. Paradossalmente, è stato più difficile perdere il turno precedente contro i parigini, in quel modo, contro una squadra che non è un azzardo definire come quella donna descritta da Riccardo Cocciante nella sua "Bella senz'anima".
Leao e Theo, insomma, hanno ribadito davanti a spettatori finalmente "indiavolati" che se si vuol vincere bisogna passare per l'asse di sinistra (che non è una riedizione dell'unione di Stati antagonisti agli Alleati nel Secondo Conflitto Mondiale). Dal 2019, anno in cui il francese è approdato in rossonero e qualche anno più tardi quando il portoghese si è preso con forza la titolarità in squadra, scalzando un certo Ante Rebic, il Milan ha con loro dei punti fermi a sinistra.

Le due Proprietà di questi ultimi anni non hanno potuto o saputo fare altrettanto per la catena di destra. Anzi, a volerla dire proprio tutta, quest'anno la dirigenza era convinta che con il nigeriano Samuel Chukwueze si fosse finalmente risolto ogni problema. Al momento, l'unico risultato è che a destra gioca Pulisic e che si è infortunato allo scadere del secondo tempo della partita con il PSG.
Chissà se un giorno i tifosi rossoneri potranno mai scoprire perché i calciatori della propria squadra vincono ogni anno per distacco lo scudetto dell'infermeria...

Leao e Theo, comunque, hanno ribadito, se mai ve ne fosse stato bisogno, che se si vuol vincere non si può prescindere da leader come loro, nello spogliatoio e nel campo. Non si vince in "uno" ma in "undici" e, sempre più spesso, anche in dodici, tredici, quattordici, eccetera.
Dale Carnegie, lo scrittore de "Come trattare gli altri e farseli amici", iniziò il suo splendido saggio sul modo migliore per stringere e consolidare i rapporti umani con un proverbio africano: "Se vuoi il miele, non prendi a calci l'alveare".
Leao e Theo, ma anche Giroud, autore di una prova atletica sontuosa contro i parigini, nonostante le sue TRENTASETTE primavere, hanno mostrato di essere delle api ...azzate come delle bestie.
Chi vuole assaggiare il loro miele è bene che continui a trattarli col dovuto rispetto se non vuole assaggiarne il pungiglione.