Fin quando si è bambini, la figura famigliare è la cosa più importante, anche se poi in alcuni casi, molti bambini crescono con famiglie che li mettono al mondo e poi se ne fregano altamente. Io ho avuto la fortuna di avere due genitori speciali, che sono stati al mio fianco e che tutt'oggi, che sono padre di famiglia, mi sono vicini in ogni momento della vita. Ma se la famiglia d'appartenenza è sempre importante, nella mia vita, seppur ancora breve, c'è una figura che non ho mai avuto, quella del nonno. Sono nato che entrambe i miei nonni erano già partiti per il loro lungo viaggio verso il paradiso, o verso quel luogo che conosciamo come purgatorio, almeno per chi crede.

Io sono cresciuto con i miei genitori, questa è già una grandissima fortuna, anche se loro al mattino dovevano andare a lavorare, quindi a scuola mi veniva a prendere mia nonna paterna, che uscito dalla scuola mi portava al parco a giocare, fin quando l'orario di pranzo si avvicinava, mangiavo con lei e poi tornavo a casa. Quando scendevo vedevo tanti amici o bambini con i nonni, e spesso mi sentivo chiedere "Ma tu un nonno non ce l'hai?". Questo nel corso della mia prima infanzia mi ha spesso portato a dire "I miei nonni sono due angeli, il Signore, aveva bisogno di loro e quindi li ha portati con sé". Ecco la risposta era sempre la medesima ogni qualvolta qualcuno me lo chiedeva. I miei nonni, che io ho vissuto soltanto tramite i racconti e le foto che i miei hanno tenuto nel corso degli anni, erano due tifosi di calcio, uno della Roma e l'altro del Napoli, anche se non sostenitori accaniti, preferivano una bella passeggiata con o senza la famiglia, e magari apprendere le notizie per le strade o da chi teneva una radiolina a portata di mano, con l'instancabile 'Minuto per Minuto' e la voce di Enrico Ameri e del resto dei radiocronisti. Così, ogni volta che salivo a casa di mia nonna paterna, alla quale chiedevo sempre "Nonna, mi racconti del nonno?". Lei si sedeva, e mi raccontava ogni cosa, il lavoro che faceva, in gioventù era un fornaio, poi divenuto nel dopo guerra muratore, per rifondare quel che era stato distrutto dai bombardamenti. Da mia madre invece apprendevo le vicende dell'altro nonno, che era un postino e che era sempre in sella alla sua bicicletta fin dal primo mattino e che fischiettava spesso perchè lo teneva allegro. Si parla del periodo 1940-1950, quando per tirare avanti ci volevano moltissimi sacrifici, e spesso il lavoro diveniva oltre a l'unico svago per non pensare a quel che succedeva per le città italiane, oltre al dover lavorare ad oltranza anche quando le forze no c'erano più, serviva da sfamare le proprie famiglie, e le paghe non erano proprio così splendide. Mio nonno paterno era molto serioso, gli piaceva lavorare, e quando era in casa, soprattutto nell'ora di cena nel mezzo della settimana o del pranzo e la cena nelle domeniche, se tutti i figli non erano in tavola all'una in punto o alle otto, e disgraziatamente qualcuno tardava, allora si arrabbiava, no, non era un nonno manesco, a lui bastava solo guardare i propri figli per fargli capire la parola rispetto per i genitori, e parliamo anche quando erano più grandi, potevano giocare, uscire a qualsiasi ora del giorno o pomeriggio, ma il pranzo e la cena non si poteva saltare. Mio nonno da parte di madre, invece era più malleabile, dato che passava tutto il giorno fuori casa, e quando rincasava amava suonare la fisarmonica, cantare le canzoni d'amore a mia nonna. Poi, purtroppo, uno se n'è andato troppo giovane, no riuscendo a veder crescere i suoi figli, l'altro dopo aver visto tutti i figli sposarsi si è spento. Così mi sono detto "Perché non scrivere una lettera ai miei nonni?".

Eccola qua:
Cari nonni, oggi sono qui tentando di scrivere una lettera a vo che purtroppo non ho conosciuto di persona, ma che tramite mille racconti è come se vi avessi vissuto, anche se poi qualcosa manca. Ho sempre pensato a come avrei potuto passare quelle giornate tra nipote e nonno, anche se poi questa parola l'ho solo utilizzata quando era in famiglia, ma mai per chiamarvi in prima persona. Chissà, come sarebbero state le nostre giornate, forse a seguire l'uno che costruiva case, e mi spiegava come si doveva costruire un tetto, o nelle corse in bicicletta imitando in Coppi e Bartali. Le passeggiate e chissà, parlare di come avevano conquistato le nonne, e darmi qualche lozione di come conquistare qualche giovane ragazzetta dell'epoca. Che dire, quell'abbraccio che ho sentito dai miei genitori è stato qualcosa di eterno, ma quello vostro sarebbe lo sarebbe stato altrettanto. Mi sarebbe piaciuto dire: "Oggi vado con mio nonno a fare una passeggiata" "Vado con mio nonno a pescare" "Vado con mio nonno a bere una bella birra" oppure "Vado da mio nonno". Eppure questo non l'ho mai potuto dire, maledetto tempo che non ci ha dato nemmeno il tempo di conoscerci, e nemmeno di vederci per un solo e misero secondo, vedere il mio schiudere degli occhi, oppure stringere la vostra mano. Mi manca questa parte, eppure sento la vostra presenza, sì quando molte volte da bambino, prima di andare a dormire, mi sedevo sul letto, chiudevo gli occhi e immaginavo di stare con voi mano nella mano, in una lunghissima passeggiata, poi arrivato davanti una scala verso il cielo, vi salutavo e vi vedevo andare via. Questo mi faceva non avere paura del buoi la notte, perché immaginavo che voi come due super eroi stavate al mio fianco e nessuno poteva darmi fastidio. Poi crescendo, ho continuato a chiamare nel pensiero; quando avevo un compito difficile in classe, agli esami di terza media, di diploma, di guida sia della moto che della macchina, e tutto è andato come doveva andare. Mi manca la vostra presenza ancora oggi, perchè, come si dice, l'esperto per non dire anziano, avendo vissuto sa più degli altri. Cosa vi avrei chiesto? Certamente i periodi difficili della Seconda Guerra Mondiale, come si viveva in quegli attimi di terrore, come detto prima, di come si conquistavano le donne al loro tempo, e se era vero che bisognava attendere il benestare del papà della fidanzata per potersi sia fidanzare ufficialmente, sia sposare. E già, io sono stato sempre quello che ascoltava, ogni discorso, ogni racconto, e negli anni ho certato in tanti nonni di amici, sia in persone sole e abbandonate, di farmi raccontare quel che avrei voluto ascoltare da voi. Molto spesso ascolto storie di persone, del loro tempo, certo alcuni poi gonfiano i fatti a modo loro, però è sempre storia, mi appassiono così tanto che incamero il tutto e me lo riporto in un libro personale, che ho chiamato 'I racconti di un tempo passato', ho riempito quasi 100 pagine, dove ci sono anche persone che vi hanno conosciuto, e con il quale eravate amici a quel tempo, e sono uscite solo parole buone nei vostri confronti, alcuni ancora oggi si emozionano pensando che non ci siete più. Cosa dire di più? Che, spero in un tempo lontanissimo, un giorno, avremo tutto il tempo per poterne parlare e chissà raccontare tutto quello che non ci siamo potuti raccontare; pallone, donne, e tutto quello di cui ci verrà voglia di parlare. Un grande abbraccio nonni e che Dio vi abbia in gloria sempre.

PS. A tutti quelli che hanno la fortuna di averli, che ne facciano sempre tesoro, e anche se alcuni possono sembrare un pò sgorbutici fate finta di nulla. Loro sono il vostro ieri, oggi e sempre, non dimenticatelo mai.