Erano anni, tanti anni che non vedevo il Milan giocare così. Dominare in lungo e in largo l'avversario, divertire e divertirsi. Inutile dire che il merito è tutto di Pioli. Certo, rispetto al recente passato c'è un Ibra in più nel motore, che non è poco. Lo svedese ha una classe infinita, un fisco da campione e la mentalità vincente di chi non accetta mai di perdere. Però è pur sempre un solo giocatore che non riusciva a far girare anche centrocampo e difesa. A quello ha pensato Pioli, che ha preso dei rospi e via via li sta trasformando in principi.
Idem per l'attacco, dove per intenderci Rebic in metà anno ha realizzato più gol della sua migliore stagione in Germania. Giusto allora che proprio Pioli si imponga anche su Ibra quando non lo vede in forma o semplicemente quando vuole preservarlo da infortuni. Pazienza se lo svedese si arrabbia - platealmente - e complice l'assenza di pubblico le sue lamentele rimbombano a quattro angoli dello stadio. Magari su in tribuna, dove quel cervellone di Gazidis ha già deciso di non rinnovare il contratto a nessuno dei due.

Evidentemente in Sudafrica, la terra madre del nostro AD, non è mai arrivato il detto "cavallo che vince non si cambia". Figurati due.
Non conosco Rangnick, ma il vuoto che lascerà Pioli sarà enorme, perché è quello di un leader.