Cliffhanger: espediente narrativo utilizzato nella letteratura, nel cinema, nelle serie e nei videogames.
Nelle opere televisive, ma anche nelle saghe cinematografiche, viene utilizzato praticamente in ogni finale di episodio, persino a conclusione di una singola stagione nel caso delle serie. Con questa tecnica, lo spettatore resta con il fiato sospeso, elaborando congetture e attendendo con fremito l’inizio della nuova stagione. Come dimenticare il finale della quinta stagione di “Game of Thrones”, con le sorti di quel personaggio amato da tutti appese a un filo (poi gli sceneggiatori hanno avuto la brillante idea di rovinare lui e tutta la serie ma va beh, questa è un’altra storia, non mi devo incazzare)? Come non ricordare il secondo capitolo di “Pirati dei Caraibi”, trilogia epica per quanto mi riguarda, che ci ha lasciato inconsapevoli del destino che attendeva il suo protagonista?
«Indaco, abbiamo capito, non è che adesso ci devi nominare tutti i prodotti audiovisivi che ti vengono in mente!».
Va bene, calma, ma serviva il preambolo per spiegare una cosa, abbiate pazienza.

Il finale della scorsa stagione dell’Inter ha assunto proprio il sapore di un cliffhanger. La sconfitta patita contro il Siviglia (la devo finire di parlarne, conoscete un modo per uscirne?) è stata seguita dallo sfogo di Antonio Conte: ecco il nostro momento clou!
Il capitano della nave sarebbe ancora salpato a comando del vascello neroazzurro o avrebbe mollato tutto, lasciando i suoi uomini sul filo di un rasoio?
Giorni di tensione, Indaco32 ormai rassegnato, altri felicissimi perché sarebbe arrivato un nuovo eroe (anche se meglio di quello attuale non si capisce bene chi avrebbe potuto essere, al momento): tutto il mondo, interista e non (anzi, forse erano più “gli altri” ad alimentare voci e possibili scenari), attendeva con trepidazione il fatidico incontro.
Il segretissimo meeting ha portato alla luce un clamoroso colpo di scena: il tecnico salentino rimane al timone!
Ed ecco, dunque, che il secondo capitolo di questa fantastica avventura può cominciare, nonostante le molteplici perplessità degli avversi al tecnico salentino.

- Cosa ci attende?
Le aspettative sono altissime, parliamoci chiaro.
Neanche Indaco32 potrebbe difendere l’operato di mister e società se dovessimo non vincere un trofeo quest’anno. Certo, qualcuno mi ha ricordato che anche Herrera non conquistò nulla nelle prime due stagioni, salvo poi rendere la Beneamata grande in Europa e nel mondo. Oppure Ferguson, icona del Manchester United, dovette attendere non poco prima di rendere i Red Devils una delle squadre più importanti del pianeta.
Il problema è che quel calcio non esiste praticamente più: gli investimenti sono inversamente proporzionali al tempo. Negli ultimi anni (o anche decenni, se vogliamo), il giro d’affari del mondo calcio è cresciuto a livello esponenziale (un calciatore giovane che disputa una stagione importante arriva a costare anche 50 milioni di euro, così per dire eh), ma la pazienza nel portare avanti un progetto è terribilmente diminuita. Non si è più capaci di aspettare che un prodotto si costruisca con un percorso a tappe ben delineato. Si punta tutto su qualcuno e si cerca di ottenere nell'immediato i migliori risultati. Se così non è: via, si cambia.
E di nuovo punto e daccapo.
Tornando al discorso Inter, l’ho ribadito personalmente diverse volte: come si poteva credere che in una sola stagione avremmo spazzato via otto anni di delusioni? L’addio di Conte avrebbe potuto far gioire chi non ne ha mai apprezzato le doti tecniche, gestionali o emotive del salentino, ma davvero la squadra avrebbe potuto beneficiarne? Davvero si ritiene che qualunque altro elemento sarebbe stato l’ideale? Non credo.
Pertanto, si ricomincia, con lui e con una rosa rinnovata e ancora possibilmente migliorabile.
Alcuni attori hanno lasciato il cast: Borja Valero e lo sceriffo Godin hanno abbandonato i colori neroazzurri e, per quest’ultimo, per qualche giorno si era quasi consumata una tragedia sportiva. Meno male che quei tempi paiono già lontanissimi e si è tornati a inquadrare a dovere l’operazione: ceduto uno dei difensori più forti degli ultimi anni che, però, adesso ha 34 anni e non può più dare il meglio delle sue prestazioni. Anzi, sono felicissimo per il Cagliari, perché entrambe le parti in causa potranno trarne dei benefici.
Le new entry, però, non sono da meno: Hakimi sembra sottovalutato un po' da tutti, eppure potrebbe essere la grande rivelazione di questo torneo. Kolarov ha lasciato perplessi i più (soprattutto coloro che contestavano la cessione di Godin… va beh, un giorno ci spiegheranno meglio). Attenzione, però, che il nuovo attore (si spera protagonista) su cui subito si è levato il polverone è Arturo Vidal.
Su di lui si potrebbe affermare: è vero che anche lui ha dato il meglio anni fa, ma stiamo parlando di un centrocampista apprezzato da Conte, con dei colpi importanti, che ha ancora fame nonostante i tantissimi titoli conquistati e che ha giocato negli ultimi nove anni in tre top club.
Insomma, va bene tutto, anche l’essere leggermente scettici, ma criticare a priori la scelta non è corretto. Anche perché, va detto, il costo è stato zero per il trasferimento del cileno, più un milione di eventuali bonus. Vidal acquistato per un milione di euro, forse. E questo aspetto andrebbe opportunamente sottolineato, dovrebbe essere una signora notizia.
Un incursore di esperienza che serve come il pane per il gioco neroazzurro, il quale richiede proprio le sue doti: temperamento, voglia di non mollare, inserimenti.
Invece, i primi commenti che leggo sono: Vidal è juventino. Un altro innesto bianconero. L’ennesima copia di ciò che è stata la Juve.
Insomma, un’altra occasione in cui interisti e non, si mischiano e quasi non si riconoscono più gli uni dagli altri. Potrebbero fondare un’altra società con dei tratti comuni, magari.
Tornado per un attimo seri (dai, su, Indaco, torna sulla giusta rotta), mi sembra abbastanza evidente che questa storia dello juventinismo o, più in generale, dell’appartenenza ad un club in cui si è militato anche per anni ha francamente stancato.

Vidal non è juventino: mettetevelo in testa!
La storia che i calciatori siano legati ad un determinato club ha sinceramente fatto il suo tempo. Chiariamolo una volta per tutte: i calciatori, come gli allenatori, come i dirigenti, come tutte le figure possibili e immaginabili, sono dei professionisti.
Professionisti!
Ergo, sono delle persone che hanno delle doti individuali spiccate e che seguono un percorso professionale, il quale li rende degli atleti. In qualità di atleti, offrono le loro prestazioni sportive sul mercato al miglior offerente, non necessariamente in senso economico e finanziario.
Cosa significa? Che ci sono dei calciatori legati per ragioni particolari ad una società (Totti, Maldini, Del Piero, Zanetti), ma che, ad ogni modo, rimangono dei professionisti che hanno fatto la loro precisa scelta. Questa, però, non è la regola.
Il mondo del calcio è basato sui trasferimenti, sulle trattative, sugli spostamenti. Se dovessimo seguire l’emotività del legame fisso per ogni club, il calciomercato non dovrebbe esistere.
E invece esiste ed è bello e stimolante proprio perché consente di sognare e di vedere possibile ciò che fino all’istante prima non lo è.
Parliamo sempre di bandiere, eppure il calciatore universalmente più amato dagli italiani è Roberto Baggio: lui ha giocato in sette squadre diverse, non legandosi mai particolarmente ad un club, tanto che tutte le società per cui ha giocato ne serbano dei bei ricordi. Vogliamo incasellare anche il Divin Codino oppure, più semplicemente, affermare che è uno dei più grandi calciatori di sempre?
Detto questo (ancora con ‘sti preamboli, oggi sono più pesante del solito), qualcuno si prende la briga di spiegare ad Indaco32 il motivo per il quale Arturo Vidal sarebbe juventino e dunque il suo passaggio dovrebbe scatenare scalpore?
Mi spiego meglio: Antonio Conte è stato calciatore, capitano e allenatore vincente della Juventus. Sicuramente, lui ha un DNA bianconero addosso. Sebbene per me rimanga incomprensibile, additarlo come juventino ha un senso, in quanto effettivamente si è legato per tantissimi anni ed in vesti differenti al club piemontese. Questo, naturalmente, non giustifica il fatto di contestarlo a prescindere solo perché ha vissuto un passato da juventino, anche perché i professionisti fanno il tifo per le aziende per cui lavorano e per loro stessi, pur mantenendo un affetto per le società con le quali hanno vissuto dei bei momenti.

Nel caso specifico, come diavolo si fa ad affermare che Vidal è juventino?
Nell’ordine:
-Nato e cresciuto in Cile. Calcisticamente esordisce nel Colo Colo.
-Esordisce in Europa con la maglia del Bayer Leverkusen.
-Acquistato dalla Juventus, ci resta quattro anni vincendo una valanga di titoli.
-Tre anni al Bayern Monaco: anche qui stravince tutto in patria.
-Due anni con il Barcellona: vince un po' meno, ma comunque porta a casa la Liga del 2018/19.

Insomma, in questo quadro, è evidente che la Juventus ha avuto un ruolo fondamentale e questo è innegabile: lui è letteralmente divenuto un fuoriclasse con la maglia bianconera e sicuramente, tra tutte le esperienze, è quella che gli è rimasta maggiormente dentro.
Da qui, però, a dipingerlo come se fosse un emblema dello status juventino… direi che ne passa! Sembra che sia arrivato a Milano un calciatore che ha vissuto anni e anni di Juve. Sì, quattro anni non sono pochi e sicuramente il meglio lo ha dato a Torino, ma non è accettabile che venga fatto passare per juventino purissimo.
E io, da interista, di tradimenti a distanza di anni ne ho vissuto uno tra i più importanti di sempre: Ronaldo al Milan dopo i trascorsi nerazzurri di cinque anni prima.
In quel momento, complice anche l’età adolescenziale, non volli più saperne di lui, gettando in un angolo buio tutto ciò che mi aveva dato il Fenomeno.
Crescendo, però, vedi le cose sotto un’altra luce: nonostante le mille contraddizioni, il brasiliano ha scelto ciò che poteva essere meglio per lui. La carriera e la vita delle persone non sono qualcosa di sindacabile: ognuno sceglie liberamente, ovviamente prendendosi le proprie responsabilità. È evidente che Ronaldo sia comunque considerato un marziano, ma quell’amore viscerale è stato comunque ferito. E potrei fare una valanga di esempi.

Resta un fatto: che non ci sono legami indissolubili, bensì scelte di vita e di campo.
Arturo Vidal è un nuovo giocatore dell’Inter e questo è ciò che conta: il suo passato lo conosciamo tutti, ma a chi importa? A noi interessa quel che ha da dare, interessano i suoi contributi per ottenere risultati prestigiosi.
Nient’altro.
Perciò, benvenuto all’Inter, Arturo Erasmo Vidal Pardo!

Indaco32