E' vero certamente che le vicissitudini dei tempi recenti abbiano costretto l'allenatore della Juventus a schierare una formazione imprevista. Ma è anche vero che appunti del genere attirino l'antipatia del mondo del calcio intero. Per vari motivi. Tra questi: un piedistallo costruito in anni di carriera può all'improvviso cedere, venir meno. Il fatto che abbia dichiarato decisiva la partita con il Benfica per la qualificazione in Champions, inoltre, non è da escludere che abbia suscitato nei portoghesi quella rabbia conseguenza della diminutio - come se non ci fossero anche Maccabi e PSG a disputarla - operata dal Nostro. E lo si è visto in campo.
Non gli manca la strategia, a lungo andare, ci prende: ma qualsiasi disegno può impuntarsi sull'imprevisto. A questo punto sorge la necessità di un'abilità tattica. E come avviene in campo, avviene nella gestione dei propri rapporti con la dimensione circostante. Si parla di un Nostro scortato all'uscita dal Brianteo: scene di lontana memoria cinematografica, quando il Presidente del Borgorosso F.C. dovette scampare all'ira dei tifosi.
Anche la Juve forse fece il passo più lungo della gamba acquistando Ronaldo, epigono di Sivori senza avere alle spalle gli sceicchi. Certo, non poteva prevedersi il pacco giunto dall'Oriente, quando gli stadi furono proibiti e la perdita risultò immane. Ma, di questo, potrebbe fare le spese, unicamente, Allegri. Perché il moto di popolo è ormi partito. Molti sono riusciti ad attribuire l'esclusiva responsabilità al livornese.
Ma i moti popolari, la storia insegna, comportano solo una parte di buoni risultati e tre di inutili quanto dannose conseguenze (parafrasando l'Amleto sul pensiero). In genere, avviano una sarabanda di sconsideratezze quando si crede di aver individuato il capro espiatorio. Anche Arrivabene, ma non possiamo volergliene perchè le domande degli sciacalli  -che si nutrono delle carogne delle nostre esperienze -sono improvvise, decontestualizzate, insidiose e riuscirebbero ad aver ragione del miglior  retore- ha sbagliato rispondendo "che fai, lo paghi tu il prossimo ( allenatore)? Sommando quanto detto, si sfocia nel fatto più evidente e forse più grave: una impreventivata quanto fragorosa caduta del cosiddetto "stile Juve".
Questo non può nemmeno compensare la sfuriata di Nedved avvenuta negli spogliatoi dopo il match con il Benfica: non si sa se comandata, se spontanea, se messa in pratica per salvare parzialmente la faccia.
Poi, ieri, la dèbacle. Quello che tutti aspettavano e molti, anche tra i tifosi, desideravano. La sconfitta con il Monza, coincidente con la prima storica vittoria in serie A dei rossocrociati. Hanno scomodato addirittura, i critici, la vittoria del Catanzaro sui bianconeri risalente a cinquant' anni fa. Una delle tre vittorie dei calabresi nel campionato '71-72. Prendersela con la squadra perché ha subito una sconfitta da una compagine considerata "minore" non sarebbe un atto nobile.
Onore al Monza. Ma è quello che inopinatamente sta accadendo, per cui, prima di pensare alla campagna acquisti o alla squadra da mettere in  campo, andrebbe ripensato un atteggiamento che ha reso la Juve celebre nel mondo. Una squadra che mai chiederebbe il ritiro di qualche scudetto altrui.