Parafrasando un noto film sul pugilato con Humphrey Bogart, di quando il cinema era cinema, affermo, leggendone, che il presunto disfacimento della Juve attuale, all' indomani della pesante penalizzazione e della prospettiva di fughe dalla squadra per altre compagini o altri campionati, può non risultare un evento veramente negativo. Troppi finti campioni si sono succeduti sulla scena bianconera, negli ultimi anni, in ossequio ad un mercato "liquido", senza  bandiera.
Ma è un po' come quell'uomo che si ritiene un gran tombeur de femme perché si trova nelle condizioni adatte, ma come il bello delle Ragazze di Sanfrediano di Pratolini se passa il ponte d' Arno non è più nessuno. Vale a dire che di detto mercato, poco viscoso, possono usufruire in molti ma hanno la meglio i possessori del sacco più grosso. Ed è quello che è successo alla Juventus nell'ultimo decennio: collana di vittorie in italico territorio, e corda mostrata nelle finali contro le big spagnole.

Troppa la differenza, un divario raramente esposto ai tempi delle squadre di Trapattoni o di Lippi. Senza avviare un culto delle personalità, questo significa che si trattasse di staff, momenti storici, amministrazioni e disponibilità di denaro relativo completamente diversi. Relativo: dipendendo o dalla diminuzione della disponibilità bianconera o all' aumento dei patrimoni anglo-franco-spagnoli. Che è, comparativamente, dire la stessa cosa.
Oggi si presenta un bivio per la Juve, o meglio, un varco obbligato. Se scegliere di proseguire con acquisti eccessivi o percorrere la strada della sobrietà. La saggezza mi suggerirebbe di scegliere la seconda ipotesi. Ma lo indica anche la necessità. Perciò, oggi la società potrebbe non solo attingere alle sue giovanili, ma anche riproporre calciatori prematuramente ceduti: mi vengono, tra gli altri nomi, Sturaro, Pjaca, tutti calciatori che potrebbero far comodo ma per qualche vizio di forma, o qualche ambizione malcelata, vengono raramente presi in considerazione dalla cronaca del mercato locale.

Ma, i nomi sarebbero tantissimi. Per corroborare questa ipotesi, pensiamo solo al grande Ajax che sorse nelle sale di biliardino di un quartiere di Amsterdam o, andando indietro, ad altre situazioni, italiane o argentine o ungheresi che fossero. La statura di una compagine si misura, con altri parametri, attraverso l' affiatamento. 
E quale miglior amalgama di un gruppo di compagni cresciuti insieme? Perfino la grande Italia dell'82, che sorprese il mondo, vantò una coesione e un cameratismo proverbiali, perfettamente rappresentati dal video della partita a carte in aereo, al ritorno,  cui parteciparono il CT Bearzot e il Presidente della Repubblica Pertini.
Ecco, è questo forse da attendersi dalla Juve attuale: una crescita comune, di compagni di vita e di sport per ritrovare un immagine di cui lo sport italiano, europeo e mondiale hanno bisogno... un emblema della tradizione.