"Regole": bella parola. Stanno alla legge come le ciliegie alla torta. Pare che Allegri abbia violato un tacito statuto, dicendo che se avesse voluto vincere subito sarebbe andato a lavorare presso un'altra società. Sono frasi che si dicono: bisogna contestualizzarle. A caldo, costretti nella morsa della folla e dei giornalisti, venderemmo chissà che. Per poi incorrere nelle reprimende dei suoi rappresentanti ufficiali. Magari, sarebbe meglio osservare la questione da un punto di vista che ne permetta una visione più ampia, e più profonda temporalmente.
Certo, quando le cose vanno bene e si rasentano i dieci scudetti, nessuno si preoccupa di cercare ciò che, storicamente per la Juve, si annida dietro l'angolo. Cioè, il guardiano di una giustizia sportiva che, nel corso della sua vicenda italiana, ha sempre lasciato fuori alcune squadre. Oneste, per carità: ma se non lo fossero? Se un po' tutto il calcio, come molti sport fradici di denaro, ciclismo e pugilato etc., non fosse che la punta di un iceberg? Ci preoccuperemmo per qualche frase di qualche tecnico sudaticcio compresso nel miglio che conduce allo spogliatoio? Perché molte accuse hanno dilaniato i bianconeri solo dopo la dipartita dell'Avvocato e non hanno mai messo in discussione altre società che, viceversa, proprio dal declino della Juve hanno tratto fortune che non conoscevano da decenni?

Cento potrebbero essere le domande, e nessuna una risposta soddisfacente.
Allora, malgrado il grido allo scandalo per chi considera conclusa la vicenda penalità, e magari fosse così, tornerei, se potessi decidere, ad accettare gli effetti della "giustizia sportiva", interrompendo i rapporti con essa. Che è, forse, quello che sta accadendo sottotraccia.

E' palese che il rendimento della squadra abbia ceduto, di schianto, durante i verdetti che, invece di essere uno, rimandano ad un futuro immaginato come una Spada di Damocle tenuta sospesa sulla società.
Questo adombra e ne suggerisce da un lato un'ammissione di responsabilità, non attenuata dal fatto che gli altri facciano altrettanto, dall'altro una sorta di impotenza verso un mondo che è cresciuto in peso e si è lentamente dimenticato del blasone della Juventus, cercando anzi di far propri i suffragi derivati dal malumore generale delle tifoserie avversarie.
In politica, tutto fa brodo. Per cui, saggio, vado ripetendo, sarebbe dimenticarsi il proprio passato e ricominciare dalle basi, pur sempre solide, di una tradizione universalmente invidiata.