Pare che l' Italia sia l'unico paese a punire i propri sportivi: non ho ricordanza di Tour de France veramente tolti a chi troppi ne conquistava ma ricordo il caso Pantani, di cui tutto si può dire meno che venga ricordato spesso nelle nostre cronache, al pari dei misteri ultradecennali della nostra Repubblica. Stavolta è il caso di una vicenda che sta assumendo del grottesco e anche di mancanza di rispetto nei confronti di un popolo, supporters e non, cui troppo spesso si propone zuppa per pan bagnato, confidando da un lato nella sua distrazione, dall' altro - ed è questo il disrispetto - in una sua supposta ignoranza. Se la giustizia sportiva fosse seria rimanderebbe il tutto a quella ordinaria e non ad indagini originatesi da una Consob che non ha poteri giudiziari. E' lo stesso sistema dei frequenti decreti governativi, in attesa di decadenza, non sono leggi ma nell' impotenza loro conferita ripetono un procedimento già frequente nella Spagna di Francisco Franco.

Il fatto che si attenda così tanto ad emanare una sentenza che si dica tale, sul caso Juventus, dimostra la qualità grottesca del presunto processo; ne suggerisce il valore rituale - ricordiamo i frequenti scandali che hanno contraddistinto il nostro calcio nel corso dei decenni, risolta poi in sentenze del tutto discutibili - che però ben si addice ad altre manifestazioni, non certo ad una kermesse dove si barattino punti; richiama forse l' attenzione su un calcio che, tranne per i grossi eventi, attraversa una crisi di pubblico certa; alla vigilia di un Juventus-Milan, crea le condizioni affinché il match assuma i toni dello scontro all' arma bianca, con offese di parte e violazioni del politically correct. Il guaio è che il protagonismo, una epidemia senza vaccino in via di diffusionem, fa sì che fazioni, individui, partiti, gruppi in genere, abbiano sempre meno scrupoli nel presentare se stesso come i migliori a dispetto e infischiandosene di tutti gli altri. Che sono i diversi da questi elementi. E che "lavorano sempre male".

Stasera si sta concludendo la farsa del "processo" plusvalenze e pare che la Juve si sia rassegnata di fronte allo strapotere dei vincenti - vae victis - impersonati dal nuovo calcio "allargato", irrispettoso del blasone e più orientato, Mondiale qatarino docet, verso i soldi globalizzati. "Il numero è il principio di tutte le cose": perché contraddire l' assunto pitagoreo, che non si riferiva al conteggio dei soldi, in nome di una profondità storica, di una tradizione, di una bandiera? Con questo, voglio ribadire che la Juve abbia sbagliato, comportandosi attraverso i suoi rappresentanti secondo il dettato processuale e, forse, sarebbe meglio per la società accettare senza condizioni le risultanze del contenzioso, anche per non avere, in un futuro che sta a lei ricostruire, alcunché a che spartire con le forze che ne vogliono degradare la qualità della tradizione. A costo di andare un anno in serie B. E tornare più forti di prima. Senza conferire con Chiné né con Ceferin.