E' il caso stavolta, in bizzarra combinazione con il calendario, ad aver forzato l'apertura alla necessità. Necessità di fare strada ad un popolo scalpitante di primavera e calciatori in cerca di riscatto: per il primo gruppo, non si gridi allo scandalo, pensando all'esordio in prima squadra di un certo Rivera a diciassette anni.
Ma col disgraziato concorrere in gran massa, negli stadi e sulla stampa, degli incompetenti e dei forzati della scrittura, è andato crescendo negli ultimi decenni il culto della personalità, tanto da rendere opaca la visuale di molti che celebrano oltremodo campioni non per squisite doti calcistiche, ma accompagnando queste con fatti che nulla hanno a che vedere con lo sport. Tanto che oggi il tifoso va spesso allo stadio solo se c'è il divo, il nome, la bandiera: o sottoscrive l'abbonamento TV.

Di questo circolo vizioso si è principalmente giovata la Juve di quest'anno, "aspettando Godot", intendendo con l'oggetto della citazione un qualcuno che sa di essere richiesto, ma che preferisce risparmiarsi per vetrine più importanti del campionato italiano. E' un sospetto e non una certezza. Ma ciò ha permesso ai bianconeri di sventolare in campo future bandiere, provenienti dall'U23 o di ritorno da altri deludenti palcoscenici: e i risultati si sono visti.
Un segnale si è percepito già dal match di ritorno contro il Benfica, quando dal rischio di subire la probabile goleada, una Juventus abbastanza inedita ha fatto sudare freddo i lusitani arriavando quasi a pareggiare il conto.
Anche col PSG, che annovera fior di milioni in campo, il divario non è apparso così netto. E' giunta la consapevolezza. 
Consapevolezza di dover attingere alle seconde linee, mentre faccendieri in cravatta - la divisa di un odierno quanto falso ritorno alla tradizione e al perbenismo - storcevano il naso pensando "ma si jo nun'faccio ggiocà er Demaria o'r Pobbà  o'r vlaovic, quello del  bar sport sotto casa nun me ceviene allo stadio".
Dopo il tre a zero casalingo con una delle maggiori aspiranti alla partecipazione alla Champions, i dubbi sono cresciuti su quale formazione schierare al ritorno dal deserto, quando si presenteranno i rinnovi dei contratti. Questa è l'unica foschia che può segnare un sereno ritornato sotto il cielo bianconero, basato sulla volontà di nuovi nomi che naturalmente aspirano alla notorietà ma che confliggono, ad esempio, coi costosi tramonti, da Costa Smeralda, di campioni affermati.