Abbiamo tutti negli occhi le esultanze polemiche degli svizzeri Granit Xhaka ​​​​​​Xherdan Shaqiri in occasione della vittoria di misura contro la Serbia, incontro valevole per la seconda giornata del Mondiale.
I due - svizzeri di origini kosovare - hanno mimato l'aquila bicefala rappresentata sulla bandiera albanese. Se n'è discusso e ridiscusso molto, con l'opinione pubblica divisa sull'accaduto: c'è chi giustifica i due svizzero-kosovari e chi invece ne critica aspramente il comportamento. 
A mettere tutti d'accordo ci ha pensato la Fifa, la quale ha deciso di aprire un'inchiesta per far luce su questo spiacevole episodio.
Giusto così, ma ancora più giusto sarebbe squalificare i due dal Mondiale. 

Una premessa è d'obbligo: Xhaka e Shaqiri sono due "prigionieri" svizzeri. Nella loro esultanza c'è una malcelata voglia di poter giocare e combattere per la nazione d'origine. La Fifa, a tal proposito, parla chiaro e, come sancito nell'art.18 del regolamento, dà la possibilità ad un calciatore di cambiare nazionale a patto che questi non abbia già giocato per altre. ​​​​​​In passato, Xhaka scrisse una lettera in cui chiedeva apertamente di giocare per il Kosovo, ma venne rifiutata e rispedita al mittente. Shaqiri ha esternato il suo amore kosovaro in vari modi, l'ultimo dei quali attraverso le famose scarpe con le bandiere di entrambe le nazioni.
 È evidente quindi che, se i due giocatori non possano soddisfare il desiderio di vestire la maglia della nazione dei loro padri, la colpa sia della Fifa e della sua assurda regola. 

Aldilà di questa premessa, il massimo organo del calcio deve usare il pugno di ferro. La Fifa vieta qualsiasi tipo di riferimento politico durante una partita e il caso svizzero deve essere giudicato in quanto tale. Molti hanno voluto giustificare il comportamento di Shaqiri e Xhaka, figlia di continue provocazioni da parte dei serbi (prima e durante la partita) e legittimata dalla loro storia personale: attraverso l'esultanza hanno voluto vendicare i soprusi subiti dai genitori durante la guerra contro la Serbia.
La storia delle loro famiglie è impregnata di dolore e odio. Ragip Xhaka, papà del giocatore dell’Arsenal (e di Taulant Xhaka, che gioca per la nazionale albanese), è stato detenuto per tre anni e mezzo per motivi politici per aver partecipato a dimostrazioni contro il governo jugoslavo in Kosovo. Una volta uscito di prigione, è emigrato in Svizzera, dove sono sono nati i due fratelli. Shaqiri è invece nato in Kosovo, a Gjilan, prima che la sua famiglia si trasferisse in Svizzera, nel mezzo della guerra dei Balcani. 

Nonostante tutto, i due giocatori della nazionale svizzera vanno puniti, in quanto i riferimenti politici sono vietati durante una partita di calcio. E mimare il simbolo albanese lo è. Ieri i rappresentanti della selezione rossocrociata avevano cercato di smorzare i toni, spiegando che il gesto dei due giocatori è stato guidato dall'emozione: "I calciatori sono anche uomini che lasciano agire le loro emozioni - aveva spiegato Claudio Sulser, delegato della Nazionale - ancor di più in un incontro così teso, con il loro inno fischiato da una parte del pubblico." ​​​​​​

Le emozioni possono essere manifestate entro certi limiti e, se utilizzate come strumento politico, vanno proibite e punite. Se la Fifa è coerente con sé stessa, Granit Xhaka e Xherdan Shaqiri devono essere squalificati dal Mondiale o in alternativa severamente multati. Se ciò accadesse, non me ne stupirei affatto.