All'Emirates tra Arsenal e Napoli finisce esattamente come cinque anni e mezzo fa: un 2-0 che, anche nell'evoluzione del punteggio (due reti subite nella parte iniziale del primo tempo) e della sensazione di differente qualità complessiva degli organici, ricorda molto da vicino quello del girone di Champions nella stagione 2013-14. Celebre, purtroppo, per essere terminato con l'eliminazione del Napoli dalla massima competizione europea, poi "retrocessso" in Europa League, nonostante avesse fatto dodici punti. La delusione è tanta dopo una partita nella quale -a una squadra tecnicamente più forte, che nel suo stadio riesce ad avere un rendimento eccellente- si è concesso l'ulteriore vantaggio di un ingresso in campo eccessivamente timoroso, durante il quale si è sbagliato, a partire dai più facili appoggi, quasi tutto quel che si poteva sbagliare. Il vero obiettivo, fallito, era contenere i danni e segnare un gol: la supremazia finale del Napoli nel possesso palla e nel conto dei calci d'angolo si è rivelata però sterile.

NON È FINITA FINCHÈ NON È FINITA- Il 2-0 con cui si è chiusa la partita di Londra, seppur il Napoli si sia divorato due nette palle gol con Insigne e Zielinski, è nella sostanza giusto e fotografa la differenza di valori emersa nel primo atto di questo quarto di finale. Un risultato statisticamente molto difficile da ribaltare, ma, Juventus docet, nemmeno impossibile da capovolgere. Tanto più se si vanno a esaminare i numeri dell'Arsenal in trasferta durante questa stagione: in Premier ha vinto appena cinque delle quindici partite disputate lontano dall'Emirates, subendo una media di circa due gol (ventotto complessivi) a partita; in Europa League i Gunners hanno perso sui campi di squadre di secondo piano come Bate Borisov e Rennes. Possibile e probabile che il Napoli giovedì prossimo riesca a fare quantomeno un paio di gol al San Paolo. La maggiore difficoltà sarà soprattutto nel trovare il modo di non subirne: questa la chiave alla quale aggrapparsi per credere nelle residue speranze di rimonta partenopee.

ARSENAL IN CASA DIVENTA TOP CLUB- Consola poco e niente, ma -tralasciando fatturati e valutazioni dei siti specializzati sul differente valore delle rose delle due squadre- se si lascia parlare quel che ha detto il campo negli ultimi mesi e si vede il curriculum casalingo stagionale dell'Arsenal e, più in generale, quello europeo negli ultimi anni si comprende meglio l'elevatissimo coefficiente di difficoltà della partita di ieri. Ancor di più se viene confrontato con gli analoghi bilanci internazionali in trasferta del Napoli in queste stagioni, il 2-0 finale ci può stare. In questo 2018-19 tra Premier League e Europa League l'Arsenal -l'anno scorso eliminato in questa competizione dall'Atletico Madrid in semifinale- in 22 partite giocate nel suo stadio ne aveva vinte diciotto e pareggiate tre, perdendone una sola contro il Manchester City. Come se non bastasse, la squadra di Emery aveva vinto otto delle ultime undici partite giocate tra campionato e coppe. In questo medesimo numero di gare, aveva segnato ventuno gol e ne aveva subiti appena otto, chiudendo la partita con la porta inviolata in ben cinque occasioni. Numeri piuttosto impressionanti, che spiegano molto del punteggio finale di ieri, tanto più per una squadra come il Napoli, salita al 14° posto del ranking Uefa, ma che in Europa fuori casa aveva perso negli ultimi due anni in campi come Kharkiv, Rotterdam e Salisburgo, espugnando solo gli stadi di Nizza, Lipsia e Zurigo.

LA SOLITA IMMATURITA' AD ALTI LIVELLI NELLE TRASFERTE EUROPEE- Si sapeva che per fare risultato all'Emirates occorrevano quantomeno lo stesso carattere e sfrontatezza avuti a ottobre contro il Paris Saint Germain. Quella può essere considerata la partita europea più bella giocata dal Napoli in trasferta da vari anni a questa parte, terminata in parità solo per una gran giocata nel finale di un top player come Di Maria. Quello del Parco dei Principi era tuttavia un altro Napoli, innanzitutto per la grande fiducia in se stesso con la quale ha giocato sino a dicembre, poi affievolitasi a lungo andare nel campionato italiano, divenuto difficile da gestire nel suo secondo posto consolidato. Soprattutto lo era perchè, in una squadra storicamente e fisiologicamente senza carattere ad altissimi livelli, rispetto a quella gara mancavano due giocatori fondamentali non solo tecnicamente, ma quanto a esperienza come Albiol (150 presenza in carriera tra nazionale e competizioni europee) e Hamsik (quasi 200 a livello europeo). E se il primo all'Emitates era assente solo per un maledetto infortunio, non prevedibile nel corso del mercato di gennaio, qualche doglianza alla dirigenza per aver sottovalutato la partenza dello slovacco -non si recrimina l'averlo lasciato andare, ma il non averlo sostituito- si fa sempre più pesante.

DIVERSI CALCIATORI HANNO DELUSO- Fabian Ruiz ha 22 anni e un gran futuro davanti a sè, ma è ancora a digiuno di partite in un ruolo delicatissimo come il centrale di costruzione a centrocampo, una posizione in cui occorre carattere, esperienza, oltre che classe. Ieri si è visto come giustamente non sia ancora pronto per essere un leader in uno scenario così prestigioso e ostile e in una partita così importante.Ma non è certo l'unico ad aver deluso tra le fila del Napoli, la cui unica notizia positiva è rappresentata dalle belle parate di Meret, nel secondo tempo protagonista con interventi che nei fatti tengono in gioco il Napoli e confermano il radioso futuro a cui è atteso il giovane portiere friulano. Sono state controfigure di se stessi anche due supposti leader come Allan e Mertens, mentre i due terzini, contro un top club europeo come si trasforma l'Arsenal quando gioca in casa, sono sembrati non all'altezza di partite del genere. Se proprio dovesse andare male giovedì prossimo, occorre imparare la lezione e intervenire con forza sul mercato: Ancelotti non è certo venuto a Napoli per non provare a vincere, ma alcuni giocatori sono inadeguati per queste partite.