Tutto è bene quel che finisce bene (per noi tifosi napoletani): Allan continuerà a indossare la maglia che veste da ormai tre anni e mezzo. Un'ottima notizia per quel che è il valore del giocatore e per l'importanza che le sue prestazioni rivestono nel migliorare il rendimento di tutta la squadra azzurra.
Come sia stata accolta la possibilità della sua cessione tra i supporter partenopei suscita però più di una riflessione sulle attuali dinamiche di parte del tifo azzurro (e calcistico in generale).
C'era qualcuno, tra chi lavora o abbia lavorato nel calcio professionistico, che non ritenesse un affare vendere Allan a circa 100 milioni di euro? Ovviamente no. D'altro canto, si poteva però biasimare il diritto sacrosanto di un tifoso ad affezionarsi a un proprio beniamino e a sperare resti il più a lungo possibile nella propria squadra? Nemmeno.
Ragione e sentimento sono dunque stati stimolati in maniera forte nel tifo partenopeo dalla trattativa che voleva l'ex Udinese andare all'ombra della Torre Eiffel e sono state entrambe legittimamente presenti tra gli appassionati azzurri. Senza dubbio è fisiologico che chi tifa si dispiaccia e si lamenti, ma da qui a contestare senza proporre nulla di alternativo ce ne passa. Nessuno sa se dopo la cessione il Napoli sarebbe nei prossimi mesi divenuto più forte o meno grazie a quella cifra e quindi tutte le posizioni sono legittime.
Il vero nocciolo della questione è però un altro: a Napoli la concezione del "Si è più tifosi se non si accettano cessioni importanti e se si pretendono grandi acquisti, lo si è meno -e magari si è persino un pò stupidi- se si avvallano le scelte societarie fatte per avere una società sana e competitiva" è ancora molto diffusa. Duri sui social sono stati gli attacchi di chi riteneva vergognoso non protestare -se necessario anche nelle piazze- con De Laurentiis per questa eventuale cessione, sebbene a un prezzo fuori mercato.
Personalmente, non mi ritengo nè meno appassionato del Napoli, nè meno intelligente di chi pensa che i campioni non vadano ceduti a nessun prezzo: posso anche  esserlo, ma non certo per questa ragione. Credo sia giusto piuttosto basarsi sull'esperienza di quanto avvenuto negli ultimi anni. Questa società cede di tanto in tanto (in realtà il Napoli è una di quelle che trattiene, secondo statistiche ufficiali, maggiormente i suoi giocatori) i migliori- secondo un modello che appartiene a tutte le società che vincono programmando e non avendo fatturati enormi alle spalle, come Atletico Madrid e Borussia Dortmund- e cresce nel valore della rosa, nel monte ingaggi e nelle potenzialità.
L'anno scorso per pochissimo è sfuggito lo scudetto, quest'anno si è giocato alla pari con due superpotenze europee come Psg e Liverpool e in Italia ,dopo la potente e ricchissima Juve, con tre trofei siamo la squadra che nell'ultimo decennio ha vinto di più. Senza dimenticare che Carlo Ancelotti non è venuto a Napoli per la pizza e i panorami, ma per provare a vincere dove solo il calciatore più forte di sempre, Maradona è riuscito prima. Se ritenesse una qualsivoglia cessione simbolo di un ridimensionamento imminente, non farebbe certo come Benitez- che ad agosto del suo secondo anno napoletano  avrebbe dovuto dimettersi per una campagna acquisti deludente- e farebbe immediatamente le valigie per non sporcare la sua immagine di allenatore vincente.
 
Il brasiliano è un grande giocatore e probabilmente in questa parte di stagione è stato il secondo dal miglior rendimento nel Napoli, ma resta pur sempre un mediano di 28 anni la cui quotazione e rendimento, per le caratteristiche del ruolo e per come lui stesso lo interpreta, sono destinate a scendere.
 Non va dimenticata una cosa: solo lo scorso luglio, Allan per 50 milioni sarebbe stato venduto e tutti saremmo stati felici per la somma da poter reinvestire sul mercato. Un paio di mesi di incredibile rendimento, tra settembre e novembre, hanno duplicato il suo valore. Senza tralasciare che la cifra che il PSG avrebbe offerto sarebbe stata dovuta al bisogno urgente di un centrocampista con quelle caratteristiche da parte della squadra parigina, che con ogni probabilità a giugno, con sei mesi di programmazione per guardarsi attorno, avrebbe offerto meno.
Con quei 100 milioni, si poteva pensare che il Napoli avrebbe continuato a rafforzarsi, così come ha fatto in questi anni: fare il processo alle intenzioni non è mai stato intelligente, tantomeno lo è definire servo del presidente il tifoso che valuta una dolorosa cessione come una possibile grande opprtunità di crescita per la squadra.
 
Certo, è molto più facile dire "Voglio vincere" (ma quale tifoso nel mondo non lo vuole e quanti in Italia, juventini a parte soffrono da anni ben più di noi?) o urlare "Preside' cacc e sord" (ma emiri e dinastie cinesi a parte, quale presidente in questo calcio moderno tifa davvero per la squadra di sua proprietà e, soprattutto, rimette soldi di tasca propria?).
Molto più dura psicologicamente è stare in molti casi dalla parte di un presidente che invece spesse volte appare umanamente arrogante e (molto) antipatico, ma sinora capace di fare bene alla guida dellla SSC Napoli. Non è facile sostenere con tanti tifosi animati dalla tue stessa passione che anche così, difendendo chi umanamente non si apprezza nemmeno un pò, si dimostra di amare la propria squadra.
Sin quando ci sarà una buona percentuale di tifo rumoroso che, a dispetto delle dinamiche internazionali del calcio attuale e di cosa ha insegnato allo stesso Napoli il fare il passo più lungo della gamba (due scudetti e una Coppa UEFA grazie al migliore giocatore di tutti i tempi sono costati 15 anni di campionati mediocri in A, e stagioni buie in B e addirittura da incubo in C), questa squadra, ahimè, non andrà ulteriormente avanti. Fino a che ci si lamenterà dell'attuale presidenza, non indicando concrete gestioni imprenditoriali alternative e maggiormente valide pronte a rilevare la maggioranza della società, questa squadra difficilmente, come tutti speriamo, tornerà a vincere e soprattutto, dopo averlo fatto, sarà capace di restare  in alto!