Maurizio Sarri non è un tipo introverso, ermetico, né tantomeno uno che si nasconde. Non rimugina sulle cose cento volte, te le dice e basta, senza troppi fronzoli o inutili giri di parole.
Domenica sera, dopo il congedo vittorioso contro il Crotone, il fumantino tecnico toscano ha espresso tutto il suo amore per Napoli (e soprattutto per la gente di Napoli), ma al tempo stesso ha esternato senza peli sulla lingua tutte le preoccupazioni e titubanze da tempo nascoste circa il suo futuro sulla panchina partenopea. 
Un futuro, ormai, sempre più lontano da lì. Sarri, infatti, non ha fatto mistero di come le clausole rescissorie, gravanti come spade di Damocle sulla testa dei pezzi pregiati della rosa, siano una minaccia seria: "Sappiamo che ci sono delle clausole, a quelle cifre è difficile sostituirli. Se perdi Mertens a 28-30milioni, non ne trovi uno così ad una cifra di quella levatura. Se perdi Albiol a 7-8mln... Vedo pagare 70 milioni dei centrali che non valgono Albiol! Allora uno si preoccupa... Questi sono contratti fatti anni fa, poi il mercato dopo l'ultimo contratto tv inglese è cambiato. Lì si dividono da 1,3 miliardi a oltre 3 e quindi i prezzi salgono". ​​​​​​
Non ha tutti i torti. Nonostante ciò, risulta evidente che il nodo principale di tutta questa vicenda sta nelle motivazioni, nella voglia di continuare un progetto dimostratosi virtuoso ma, a conti fatti, perdente. Il Napoli degli ultimi tre anni ha espresso un gioco organizzato, armonioso, a tratti spettacolare, ma non è servito a vincere qualcosa d'importante; arrivare secondi facendo 91 punti - dopo aver sconfitto meritatamente i tuoi acerrimi rivali a domicilio - è un onore, ma nel contempo un onere, una mazzata psicologica difficile da assimilare. Proprio per lo stesso motivo è pressochè certo l'addio di capitan Hamsik. Ecco perché, piuttosto che di clausole rescissorie, di tattiche o di mercato, qui siamo di fronte ad una lampante e condivisibile perdita di motivazioni di Sarri nel progetto-Napoli.
Sebbene il tecnico di Figline sia risultato negli anni l'allenatore perfetto e vero uomo simbolo in cui Napoli si è identificata ed immedesimata fin da subito - in un processo di osmosi attraverso cui anche la città e i tifosi hanno a loro volta dato molto allo stesso Sarri - è arrivato il triste, ma necessario momento di cambiare.

Ed è ciò che Aurelio De Laurentiis ha già da tempo deciso, facendo uno strappo alla regola e mettendo pesantemente mano al portafogli. La scelta del successore di Sarri è infatti caduta su Carlo Ancelotti​​​​​​, uno dei tecnici più vincenti in circolazione a cui il presidente della "Filmauro" staccherà un assegno da 6,5 milioni di euro annui per due stagioni, ​​​​​con opzione per il terzo anno e possibilità di "liberarsi" attraverso una clausola sui generis (sui generis mica tanto, visto che sembra essere diventata ormai una prassi consolidata anche tra gli allenatori). 

Un nuovo Carlo, dunque, sta per conquistare Napoli.
Come Carlo di Borbone, che il 10 ottobre 1734 entrò giovanissimo attraverso le porte della città, dichiarando la nascita del Regno di Napoli, finalmente indipendente da quello di Sicilia e soprattutto dagli invasori austriaci. Proprio come Sarri, anche Carlo III amò Napoli fin da subito, sentimento ricambiato anche dalla popolazione locale.
Permise alla città di diventare una delle principali capitali d'Europa e fu proprio grazie a questo vero e proprio despota illuminato (aggettivo che si dava a quei sovrani che regnarono basandosi sui moderni principii dell'Illuminismo francese) che Napoli raggiunse una grandezza che mai in futuro sarà stata in grado di eguagliare, ne tantomeno superare. Tra le innumerevoli opere avveniristiche del tempo, face costruire il teatro San Carlo, la Reggia di Caserta, incoraggiò gli scavi di Pompei ed Ercolano e diede nuovo impulso all'agricoltura e alle finanze dello Stato. Per una questione familiare, dovette lasciare la città per farsene ritorno in Spagna: una scelta obbligata, presa palesemente controvoglia visto il suo affetto viscerale nei confronti della sua gente, dimostrato anche dalla scelta curiosa d'imparare la lingua napoletana, come segno di rispetto e apprezzamento.

Ritornando al "Carlo dei giorni nostri", Ancelotti ha un palmarès che farebbe rabbrividire non solo Sarri, ma moltissimi altri allenatori in Italia: 4 campionati, 7 coppe nazionali, 3 Champions League e tanti altri trofei che proiettano l'ex allenatore di Milan, Real Madrid e Psg nell'Olimpo del Calcio. ​​​​​I dubbi e le domande, però, permangono: riuscirà a non far rimpiangere Sarri? Nonostante sia uno dei più vincenti tecnici della storia mondiale, ce la farà a distogliere i tifosi dalle meraviglie ancora fresche del Sarrismo?
E, soprattutto, porterà il Napoli sul tetto d'Italia e, chissà, su quello d'Europa? 
Ai posteri l'ardua sentenza. Una cosa è certa: a Napoli non dimenticheranno mai quel genio in tuta e scarpe da ginnastica; masticatore seriale, assiduo e nevrotico di bastoncini, in assenza delle sue amate sigarette; neppure le sue gaffes in conferenza stampa e il suo frequente e inappropriato turpiloquio.
E - ne siamo altrettanto certi - Sarri non dimenticherà mai Napoli. La sua Napoli.