"Io non voglio fare cose che mettano in difficoltà il club, guardiamo un esempio recente di una squadra importante del Paese che è fallita, un esempio di una squadra fortissima che attualmente invece non può giocare in Europa (riferimento al Milan, ndr), c'è chi non può fare la rosa per decisione della Uefa (riferimento all'Inter, ndr). Testo e musica del signor Ramón Rodríguez Verdejo, in arte Monchi. 

Questa piccata e risentita dichiarazione del direttore sportivo della A.S. Roma - a margine della presentazione del talento olandese Justin Kluivert, figlio d'arte - è l'ultimo di una lunga sfilza di scivoloni e di prese di posizione poco opportune da parte dei dirigenti romanisti. Chi di voi non ricorda l'infelice uscita pubblica del presidente James Pallotta ​​​durante la scorsa estate?  Sí, avete indovinato: mi riferisco proprio alle dure parole del businessman americano sulla delicata situazione del A.C. Milan. Rinfresco la memoria per chi l'abbia dimenticata: "Non ho idea di cosa stia succedendo. Non ha senso. Non hanno i soldi in primo luogo per comprare la squadra, visto che hanno preso 300 milioni in prestito da persone che conosco a Londra, a un interesse piuttosto alto. Stanno spendendo, o almeno facendo importanti anticipi, per giocatori e pagheranno le conseguenze a un certo punto. Loro dicono che è tutto per qualificarsi alla Champions League, ma non sarà abbastanza. Quando gli stipendi saranno uguali ai ricavi, non so che diavolo succederà. Sono gli unici in Serie A – continuò ad attaccare Pallotta - che stanno perdendo la testa. Forse loro hanno un grande piano che un giorno scopriremo, ma il resto delle squadre sono in qualche modo razionali. Se potete spiegarmi il Milan, perché io non lo capisco…". 

Voi, a posteriori, mi direte: be', non aveva tutti i torti! Appunto, a posteriori. Qualunque sia la verità, un massimo dirigente di un club così importante - e per giunta quotato in borsa - dovrebbe evitare di sbilanciarsi con dichiarazioni tanto velenose e caustiche. Tali accuse nei confronti del Milan sono state rinnovate - seppure velatamente e in maniera meno diretta ed esplicita - dal d.s. dei giallorossi: il che mi farebbe pensare ad una sorta di piano organizzato a tavolino, a cui tutta la dirigenza romanista si deve incondizionatamente attenere. Mi spiego meglio.

Il voler puntualizzare le faccende altrui - come fatto con Milan ed Inter - sembra faccia parte di una precisa strategia comunicativa dei giallorossi: enfatizzare i propri sforzi e, al contempo, dissimulare e minimizzare i propri problemi. L'obiettivo primario è altresì evidente: distrarre la tifoseria dalle pesanti cessioni portate avanti non solo in questa sessione di calciomercato, ma anche in quelle precedenti. Rinnovo ancora una volta - per quanti non lo conoscessero - il celebre detto andreottiano "A pensar male si fa peccato ma a volte ci si azzecca". E, in quest'occasione, credo di averci azzeccato. 

Perciò, che Monchi e Pallotta imparino a guardare in casa propria: i conti si faranno alla fine e, come sempre, sarà il campo - giudice supremo - a decidere chi aveva ragione. Per il momento, sembrerebbero i nerazzurri quelli messi meglio. Ausilio infatti ha puntato sulla solidità della rosa dell'anno passato, senza operare alcuna cessione che ne inficiasse un'intelaiatura già pronta e puntellandola con acquisti mirati e d'esperienza (Asamoah, il ninja, pure De Vrij, ancora giovane ma già con molta esperienza in A). La Roma, viceversa, ha puntato su una strategia di mercato "smantellatrice", cedendo due perni della Roma che fu come Alisson e lo stesso Nainggolan, i quali sono stati sostituiti da un mix di giovani e meno giovani che rappresentano delle vere e proprie scommesse. D'altronde, è il motivo per cui Pallotta decise di puntare su Monchi, il Re delle plusvalenze: nell'esperienza di Siviglia raggranellò la bellezza di 300 milioni di surplus dalle cessioni (ricordo i 35 mln avuti da Dani Alves, ma anche le cessioni di Rakitic e Luís Fabiano). Lo spagnolo - gli va dato atto - è il migliore da questo punto di vista. Però ciò non toglie che abbia sbagliato a rilascare quelle dichiarazioni così fuori luogo sulle milanesi. 

Ora mi aspetterei due conseguenze: un comunicato di scuse da parte della dirigenza giallorossa e/o un comunicato di risposta (meglio se in tono ironico, così da distendere gli animi) da parte di un membro dello staff dirigenziale nerazzurro. Staremo a vedere.

Che dire sul Milan? Che Pallotta non avesse tutti i torti, siamo d'accordo. Però c'è qualcosa che non mi convince in questa faccenda. Come avrete già avuto modo di sapere, il Milan potrà giocare l'Europa League nella prossima stagione. Meritatamente - aggiungo io - dato che se l'è guadagnata sul campo, con buona pace di tutti quei fiorentini dimentichi dell'1-5 di maggio. Ora il Milan tornerà di fronte alla Uefa, la quale le commuterà la pesante sanzione d'esclusione in altre ben più lievi (immagino limiti alla rosa o pareggio entrate/uscite della lista come per l'Inter). Ma il punto è un altro: è giusto che una società accumuli ingenti debiti (ricordo i 300 mln spesi nel mercato) e poi eviti la pena (badate bene: ho sempre ritenuto eccessiva l'esclusione dalle coppe) solo dimostrando di avere cambiato la guida con una proprietà più solida? 

Io, da buon interista, non posso non ricordare le vicissitudini attraversate dalla mia squadra durante la staffetta Moratti-Thohir e dopo il passaggio a Suning. Per anni - ed ancora oggi - Ausilio è stato costretto a fare le nozze coi fichi secchi, a causa dell'impossibilità dei cinesi di immettere nel mercato la quantità di soldi desiderata, onde evitare di sforare i paletti del Fair Play Finanziario. Tra le altre cose, molti interisti non hanno digerito la possibilità data al Milan di citare la situazione dell'Inter durante il processo al cospetto del Tribunale Arbitrale dello Sport: una situazione, quest'ultima, quasi kafkiana.