Per chi se lo stesse chiedendo, il Barcellona c’è, è tornato ed è più forte di prima. I blaugrana sembrano essersi lasciati alle spalle la tribolatissima estate, cominciata con la bordata subita dalla macchina teutonica del Bayern Monaco, e, in seguito, dai numerosi casi di mercato. Koeman ha messo alla porta i capisaldi degli ultimi anni: i vari Ivan Rakitic, Luis Suarez e Arturo Vidal, decidendo di provare a valorizzare calciatori che fino ad ora hanno reso decisamente meno di quello che ci si sarebbe aspettato al momento del loro acquisto, come Ousmane Dembelè, ma soprattutto Philippe Coutinho ed Antoine Griezmann.
La scena però, nella prima partita stagionale, l’ha rubata lui, Jordi Alba…sì, so che mi state prendendo per matto, ma è così, perché il “man of the match” designato è stato proprio il terzino spagnolo. Ovviamente sto scherzando, o meglio, il migliore in campo è stato davvero Jordi Alba, ma soltanto perché il vero migliore, classe 2002, compirà 18 anni soltanto a fine mese, e dunque lo sponsor che sceglie il miglior calciatore della partita, una nota marca di birre, non ha potuto associare il suo nome a quello di un minorenne.
Peccato, davvero, già, perché Ansu Fati questa gioia se la sarebbe ampiamente meritata, in una partita in cui è riuscito a spegnere ogni velleità anche solo di conquistare un punto al Camp Nou del Villareal, dopo soli venti minuti, con una doppietta. L’ultimo calciatore a riuscirci risale al 2012. So che ora fremete dallo scoprire chi sia questo calciatore, ma forse, se ci riflettete un attimo, la risposta vi risulterà spontanea. Ancora niente? OK, ve lo svelo: fu Lionel Messi. Otto anni dopo, a svezzare il nuovo fuoriclasse catalano, in campo c’era anche lui, che per la storia del Barcellona è stato più di quanto si possa descrivere a parole, non soltanto un fuoriclasse, di quelli ne sono passati tanti in Catalogna, ma un simbolo, un punto di appiglio, una luce, che rimaneva accesa, pur fioca, mentre tutt’intorno pian piano si faceva avanti il buio. Bene, Leo c’era ancora, per la 486esima volta, ed ha anche messo a segno la sua 445esima rete, su calcio di rigore. Tutto nella norma dunque? Per niente, perché mai come quest’anno la relazione fra Messi e il Barca, fra la “Pulga” e i suoi tifosi, sarà strana, differente, e, a mio parere, non sarà mai più come lo è stato fino ad ora.

Ho accennato, ad inizio articolo, alla clamorosa débâcle dei catalani ai quarti dell’ultima Champions League. Un boccone amaro, difficile da mandar giù, forse impossibile. Già, perché negli ultimi anni, le notti di questo tipo sono state davvero tante, troppe per una squadra con una tradizione così importante, troppe per uno dei due migliori calciatori del pianeta. A partire dal 2015, anno dell’ultima gioia ai danni della Juventus di Max Allegri, il Barcellona è stato sempre eliminato, subendo sconfitte pesantissime: 3-0 a Torino, 0-0 al Camp Nou, nella vendetta firmata dai bianconeri due anni dopo; poi le due rimonte ad opera di Roma e Liverpool, rispettivamente per 3 e 4 a 0. Leo in campo c’era sempre, ed era l’unico, insieme a pochi altri, a tenere sempre alta la testa, a non mollare, a ricordarsi che maglia aveva addosso e quale fosse il valore di suddetti colori. A tutto ciò è da aggiungersi il rapporto mai sbocciato con Josep Maria Bartomeu, ritenuto dalla “Pulce” uno dei maggiori responsabili di tali fallimenti. Purtroppo il fuoriclasse argentino è arrivato ad un punto di non ritorno: il 25 agosto è una data storica per il calcio, quella in cui Messi annuncia che la sua permanenza al Barcellona, a casa sua, è giunta al capolinea, dopo ben 20 anni. Il mondo dello sport è sconvolto, lo sono ancor più i tifosi, che si sentono traditi, da quell’uomo, che per molti potrà essere “soltanto” uno dei migliori calciatori di sempre, ma per tanti altri è stato in questi anni una ragione di vita, con una sua giocata capace di innestare gioia anche in un animo ferito dalle intemperanze della vita.

“Il solo pensare al tradimento è un tradimento consumato.”
Alla fine il tutto si risolverà con un nulla di fatto, dato che la stagione chiusa in gran ritardo rispetto al solito non permetterà all’entourage dell’argentino di far valere l’opzione di svincolo inserita nell’ultimo rinnovo firmato, che appunto scade ogni anno alla fine di giugno. Forse il destino ha voluto che non ci fosse il tempo affinché si concretizzasse un tale oltraggio al mondo del calcio. Perché Messi non è solo un calciatore del Barcellona, Messi è il Barcellona, e allo stesso tempo il Barça è Messi, la squadra, la famiglia che lo ha accolto all’inizio del nuovo millennio, prendendosi carico delle sue cure, perché ne aveva intuito le potenzialità, anche se fatico a credere che anche nella più rosea aspettativa i dirigenti del club catalano avessero in qualche modo potuto prevedere l’impatto del “10 di Rosario”.

“Non sono turbato perché mi hai tradito, ma perché non potrò più fidarmi di te!”
Dopo la prima partita di campionato Messi ha provato a scusarsi e tendere la mano ai tifosi e al club, cercando in qualche modo di lasciarsi alle spalle tutto ciò che è accaduto durante il calciomercato. Il messaggio sa di volontà di ripartire, ma potrebbe benissimo essere un tentativo di mantenere unito l’ambiente e tenere il tifo vicino alla squadra, in attesa di un addio che è sembrato fin troppo annunciato, con il mentore Pep Guardiola su tutti pronto ad accoglierlo, per farne l’ingranaggio centrale del suo Manchester City.

Quel che è certo è che non sarà più lo stesso fra Messi e il Barça, perché quando un amore o un amicizia vengono traditi, seppur cercando di “metterci una pezza”, la ferita resta e la fiducia, come affermato da Jim Morrison, ne risente, e il rapporto non tornerà mai più com’era prima. A maggior ragione se quella che dovrebbe essere una riappacificazione si rivela perlopiù un tentativo di mitigare l’ambiente, al fine di non rendere la stagione una terribile agonia per tutti.

E allora, caro Leo, ti parlo da amante del calcio: semmai leggerai questo pezzo, e so che non lo leggerai, sappi che io non ce l’ho con te, assolutamente, e ci ho tenuto, in difesa di questa mia tesi, a raccontare i motivi della tua insofferenza, che approvo appieno. E non voglio neppure chiamare in causa la riconoscenza, perché, come anche ho già detto, tutto ciò che il club blaugrana ha dato a Messi, lui lo ha restituito con gli interessi, e dunque non c’è motivo di definire Leo un vile: dico di più, chiunque lo faccia, non è a mio avviso una persona che tenga in qualche modo a questo sport. Ritengo che un addio di Messi, per quanto strano, e per quanto faccia male solo a pensarci, non sia una cosa da condannare a priori, e qualora avvenisse dovremmo farcene tutti una ragione, seppur risulterà estremamente più difficile per i tifosi catalani. E allora qual è il problema che mi pongo, e che mi ha spinto a scrivere questo articolo?

Il mio appello risiede in un qualcosa che non è modificabile, e che non dipende dalle dichiarazioni o dalle prestazioni di Messi: quello che voglio dire è che quello che è fatto è fatto e che io, ogni qualvolta assisterò ad una partita del Barcellona, la guarderò in maniera diversa, perché Leo c’è, ma con la testa è da un’altra parte, chissà dove. E ad ogni gol, ogni assist, ogni dribbling ubriacante, ogni giocata geniale, ogni esultanza sarà diversa, sarà quella di un fuoriclasse che continua ad illuminare il mondo del calcio e il mondo Barcellona, ma, per la prima volta si trova fuori luogo, non si sente a casa, e dunque, anche se il suo cuore confido resterà sempre al Camp Nou, probabilmente a fine stagione si spegneranno le luci, e calerà il sipario. E finirà un’era.
Ma per me è già terminata.

“Love of my life, you've hurt me
You've broken my heart and now you leave me
Love of my life, can't you see?
Bring it back, bring it back
Don't take it away from me, because you don't know
What it means to me”