Ci stanno provando in tutti i modi.
Ingrandendo gesti ingenui, spargendo notizie che non corrispondono al vero, sminuendo i risultati del campo.
No, mi spiace, ma il giorno dopo la strepitosa partita vinta per 2-0 contro i campioni d’Italia, nulla può scalfire l’entusiasmo e l’orgoglio interista.
Quello vero e sentito. Sincero e senza convenienza.
Andiamo con ordine.

  • Vidal: il bacio della discordia

Mancano pochi minuti all’inizio dell’incontro. La pizza è già tagliata a fette, la Juve no, ma ancora per poco. D’improvviso, arriva la clamorosa notizia prima del fischio d’inizio: Arturo Vidal si rende protagonista di un gesto inqualificabile. Io, che ho sempre difeso il cileno dagli attacchi di juventinismo acuto (come ho fatto con il nostro allenatore), perdo le staffe.
Se è vero quel che leggo, allora sì che è un affronto.
Se è vero quel che leggo, non voglio più vedere questo calciatore indossare la gloriosa maglia nerazzurra.
Se è vero quel che leggo, per quanto rispettabile il legame con la tua precedente società di appartenenza, mai e poi mai si può tollerare un bacio allo stemma di una delle rivali per eccellenza, per di più nella partita più importante dell’anno.

Se è vero quel che leggo…
Peccato che, come al solito, l’odore di bufala era abbastanza pesante (e non era solo la pizza, ve lo giuro). Cerco il video e in pochi nanosecondi mi ritrovo davanti le inquietanti immagini. No, aspetta, non può essere vero. Cioè, sta venendo giù il mondo social, non può realmente trattarsi solo di questo. Diamine, non ci credo: Vidal abbraccia Chiellini e in un gesto affettuoso tra compagni di successi bacia il capitano juventino sul petto.  Sì, esatto, non ha minimamente tentato di appoggiare le sue labbra sul logo della Juventus. La dinamica del movimento ha consentito di creare un caso che non esiste.
Vidal è legato ai colori bianconeri come è giusto che sia, non si può rinnegare il passato, soprattutto se vincente, ma è un professionista serio ed è conscio del fatto che un tale gesto non sarebbe mai potuto passare inosservato. Io me lo immagino Arturo che riceve la notizia, magari proprio da qualche compagno di squadra.
«Vedi che hai combinato? Ti credono juventino anche adesso!»
 «Ah, sì? Allora gli faccio vedere io.»

Pochi minuti di gioco, Barella pesca il jolly e di testa sale più in alto di tutti. Proprio lui. Lo juventino DOC porta in vantaggio la Beneamata. Non esulta, poi sorride, ma lo fa solo perché spaventato dalla “pettata” di Lukaku.

Insomma, la volete finire con queste pagliacciate?
La piantate una volta per tutte di fare i bambini e di riconoscere che dietro quelle maglie ci sono persone con dei sentimenti, ricchissime per carità, ma pur sempre esseri umani? Sarà naturale avere dell’affetto per chi ha condiviso mille battaglie con te? Non sarebbe molto più bello e romantico se il calcio divenisse qualcosa di meno “rigido”?

Fosse per voi, avreste manifestato contro Batistuta, quando con la maglia della Roma segnò una rete capolavoro alla “sua” Fiorentina, scoppiando subito dopo in lacrime. Ed era un gol che stava proiettando i giallorossi verso il tricolore.
Fosse per voi, Roberto Baggio che raccoglie la sciarpa della Viola avrebbe dovuto lasciare immediatamente Torino.
Fosse per voi, Ronaldo e Ibrahimovic non avrebbero dovuto… no, aspettate, lì è un’altra storia, ma lasciamo perdere.
Ecco, finalmente, dopo tanto peregrinare, il maleficio sembra essersi spezzato: Re Artù è tornato!

  • Inter Milano: avete capito bene?

La vittoria di ieri non poteva essere solamente celebrata. Eh no, bisognava trovare qualcosa su cui ricamare, su cui spostare l’attenzione. Ci siamo abituati.
Come dimenticare quel 23 maggio 2010, il giorno dopo la notte di Madrid? Si parlava degli addii, delle voci di mercato. Diavolo, abbiamo appena vinto la Champions League: perché non ci lasciate stare? Perché non ci fate godere in santa pace?
Ecco perché bisogna ignorare ciò che ha il solo scopo di destabilizzare l’ambiente.
L’ultima è il cambio di brand dell’Inter. Viviamo un calcio ormai globalizzato, che vive di comunicazione, e un club in crescita come l’Inter non poteva restarne fuori. Cambierà il logo, mantenendo gli stilemi di Muggiani, e la dicitura che verrà riportata sarà IM: Inter Milano, simile al nome con cui è nota all’estero la squadra meneghina.
Da questo legittimo cambio, si è scatenato di tutto: l’Inter sta cambiando nome, è finita un’epoca, il calcio di una volta non esiste più e altre manfrine varie.
Voi polemici, seguite attentamente questo passaggio: l’Inter non muterà nome.
Ripeto: l’Inter non muterà nome.
Il mattino ha l’oro in bocca (ah, no, fermi tutti).
Non ci sarà alcuna modifica alla denominazione e alla ragione sociale, che resterà la storica FC Internazionale. Trattasi solo di una modifica all’immagine, a ciò che è necessario esportare fuori dai confini.
E poi, anche dovesse cambiare nome formalmente, ci sarebbe ben poco da sbeffeggiare: per noi sarà sempre e solo l’Inter.

  • Non siete voi forti, è la Juve che è scarsa!

No, vi prego. Vi supplico. Non lo fate. Sento le arrampicate sugli specchi. Per favore, non proseguite oltre.
Ieri, dopo una sonora lezione di calcio, è stato senz’altro reso il tributo alla squadra di Antonio Conte, ma… con un ma. E il ma è che la Juventus è stata troppo brutta per essere vera.
Una cosa che mi ha sempre fatto impazzire del gioco del calcio è che, nel momento in cui una delle due contendenti surclassa in modo netto la sua diretta avversaria, ecco che prontamente si leva la banalità: «Voi siete stati forti, ma loro…».
No, non attacca a ‘sto giro.
Quello che ha fatto l’Inter ieri sera è stata una prova schiacciante, il manifesto della definitiva risalita. No, non sto dicendo che abbiamo già vinto il titolo, come qualche simpaticone ha provato ad affermare per sfogare la delusione. Non mettete le mani avanti, state buoni. Bisogna però avere l’onestà intellettuale di ammettere che finalmente è arrivato l’acuto che si attendeva: dopo tantissimi anni, l’Inter ha dimostrato di aver finalmente ridotto il gap con i bianconeri, forse annullandolo.
Ancora presto per dire questo, ma di sicuro la distanza che esisteva diciotto mesi fa è stata quasi azzerata.
Eh no, non si provi a giustificare il tutto con le assenze. La Juve non può farlo. De Ligt è un campione assoluto, ma in campo non c’erano due scappati di casa. Probabilmente stanno vivendo la parabola discendente della loro straordinaria carriera, ma non si venga a dire che siccome mancava l’olandese abbiamo avuto vita facile. Non si rimpianga Dybala, considerato dagli stessi sostenitori bianconeri un peso fino a poche settimane or sono. L’Inter è stata superiore e non si deve parlare di altro, se si vuole essere corretti.
Attenzione, però, a non cantare vittoria troppo presto…

  • La Juve non è morta!

Come al solito, ad ogni sconfitta, la Juve è alla fine del suo ciclo.
No, non ci sono possibilità di ripresa. La Juve ha fallito, Pirlo è indecente, la rosa è stanca, Milano si contenderà il titolo.
Anche qui, soliti proclami di pancia.
La Juventus è e rimane, come qualità dei singoli, la squadra più forte del torneo.
Manca la fame, prerogativa delle due squadre del Naviglio.
Manca la cattiveria agonistica in molti suoi elementi (Rabiot, il bravo ma ancora acerbo Frabotta).
Manca l’esperienza e l’attitudine a disputare e a leggere certe gare dalla panchina (sei stato un genio sul terreno di gioco, Andrea, ma forse era meglio partire non così forte, non con una tale responsabilità sulle spalle).
Non sono un sostenitore bianconero e dunque lungi da me elaborare delle analisi approfondite sullo stato di salute della squadra piemontese, ma credere che la squadra in cui milita CR7 sia fuori dai giochi è da folli.
Non commettiamo l’errore di credere al duello in Piazza Duomo.
La Juve è distante in classifica, ma ha tutto per ristabilire le gerarchie.
Perciò, niente voli pindarici.
Godiamoci la vittoria ma stiamo calmi.

  • La rivincita di Conte e la consacrazione di Barella

Ieri è stata la gara che ha visto due protagonisti su tutti.
Il primo è Antonio Conte.
Il rumore dei #Conteout si è fatto meno assordante ieri. Sono tutti spariti, forse ci sono pure rimasti male, oppure erano a godere di nascosto come nei più fantasiosi peccati adolescenziali.
Certo è che il salentino si è finalmente preso la rivincita che attendeva. Tacciato di juventinismo cronico, ha finalmente ottenuto il successo contro la sua ex squadra. Conoscendolo mediaticamente, starà facendo i salti di gioia. Per lui è una duplice soddisfazione.

Quello che conta, però, è aver fatto il salto di qualità.
Era necessario un successo importante contro la Juventus per certificare l’avvenuta crescita in campo nazionale. Aveva già dato tante dimostrazioni nella scorsa stagione, ma ora è arrivato il colpo da novanta. La vittoria più bella e più importante. Strapotere tattico e fisico della sua rosa.

Diciamolo: abbiamo giocato benissimo.
Ieri non ha sbagliato nulla e anche le sostituzioni sono state equilibrate. La squadra ha un’identità di gioco e questo va riconosciuto anche dai suoi più incalliti detrattori.
Il secondo attore principale è Barella. Il tuttocampista. L’uomo simbolo, il capitano del futuro.
Sì, lo voglio dire a voce alta: potrebbe essere il leader della squadra per i prossimi dieci anni.
Ha temperamento, spirito di appartenenza, grinta, voglia di vincere. Il prototipo del centrocampista perfetto. Un calciatore encomiabile, uno dei più forti su piazza nel suo ruolo e che ha rappresentato uno dei migliori investimenti sul mercato da parte della dirigenza. Ma guai a sottolinearlo, non sia mai la fama di “acchiappabidoni” dovesse essere scalfita.
Oggi, però, nessuna parola: Barella ha spaccato la partita e, chi lo sa, forse il campionato.
Di sicuro, lui ha dimostrato a tutti che è un top player, e sfido chiunque a dire il contrario.
Poi, ovviamente, tutti gli altri: Handanovic reattivo (ma come si fa a criticare un calciatore rimasto anni e anni per la causa senza vincere nulla pur avendo diverse possibilità di andare altrove?), Lukaku esemplare e con una carica agonistica da paura, Bastoni sontuoso, Lautaro impreciso ma con l’atteggiamento giusto. E poi, Hakimi: forse sono troppo entusiasta, ma rivedo dei tratti di quel calciatore finito da poco al Sona, una squadra militante nel girone B di Serie D. Vedo un po' di Maicon, lo confesso. Inesauribile, non ha fatto capire nulla su quella corsia. Un prodigio, un altro acquisto fantastico. Ma guai a …

Dunque, il giorno dopo è quello più bello. Si metabolizza, si schiariscono le idee.
Non sappiamo come finirà questo campionato intrigantissimo, ma una cosa è certa: adesso siamo tornati sul serio.
L’Inter c’è.
Mettetevelo in testa.

 

Indaco32