È arrivato Zlatan.

Le grida di giubilo di gran parte del popolo rossonero si sono levate con furore e gioia, ricordando l’ultimo vero eroe capace di regalare emozioni forti al Diavolo, sebbene siano trascorsi ormai nove anni dall’ultimo Scudetto conseguito.

Da quando è andato via, non per sua volontà (per sua stessa ammissione), i rossoneri hanno perso la loro identità, inanellando piazzamenti sempre peggiori e perdendo la strada Maestra dell’Europa, un tempo “casa” del Milan.

Il suo ritorno, a seguito di una prima parte di stagione pessima, di un cambio alla guida tecnica assolutamente non preventivato dalla dirigenza in estate e da una serie di risultati negativi (ultima la debacle contro l’Atalanta che ha rappresentato uno dei punti più bassi dell’intera storia del club) aveva finalmente destato una tifoseria affranta, ma sempre vicina.

E come poter non partecipare al grande rientro dello svedese?

La sceneggiatura (peccato che i Golden Globe siano stati stanotte, altrimenti avrebbe potuto ottenere una candidatura in mezzo a Tarantino e Scorsese) era già pronta: partita in bilico, ingresso dell’ex Galaxy nella ripresa, e colpo decisivo (goal o assist che sia) per il ritorno ai tre punti. Subito dopo, San Siro sarebbe impazzito per Ibra e via di proclami altisonanti quali qualificazione in Europa League senza batter ciglio e, se Zlatan si mette d’impegno, perché non ritenere impossibile una clamorosa rincorsa al quarto posto valevole per l’accesso alla prossima Champions League?

Ma la vita non è un film.

Il calcio, idem.

Zlatan è entrato accolto dal boato (legittimo) del “Meazza”: è stato uno dei più forti di tutti i tempi e non acclamarlo sarebbe indegno e ingiusto nei confronti di un pezzo di storia del football.

Ma chi si aspettava che togliesse lui le castagne del fuoco, è rimasto deluso: Ibrahimovic non può bastare! 

Lui ha un grande merito, ad avviso di chi scrive: aver risollevato un ambiente mortificato dagli schiaffoni ricevuti dalla Dea, quasi incredulo per questi anni senza sussulti, senza gloria, privi di gratificazione (a meno che qualcuno non consideri la Supercoppa Italiana vinta qualche anno fa degno del blasone del team rossonero).

Ma per cambiare la rotta, lui non basta.

Garantirà qualche rete, forse anche decisiva, ma la carta di identità parla chiaro, anche se ti chiami Zlatan.

Lui è fondamentale, ma occorrono altri innesti, in tutti i reparti.

La zona più carente è a centrocampo, dove mancano le idee, dove manca, sostanzialmente, tutto.

E anche negli altri reparti servirebbe gente di spessore, qualcuno che si lasci sì guidare dall’esperienza dello scandinavo, ma che abbia personalità e magari qualche partita internazionale alle spalle.

Pertanto, chi già pregustava un Milan-Sampdoria 1-0, con risalita immediata, si è illuso: non poteva essere così, non si programma così una squadra.

Boban lo aveva anticipato: che non ci si nasconda dietro le grosse e possenti spalle di Ibra.

Sono tutti invitati a farlo, specialmente i tifosi del Milan.

Che non si aggrappino solo a lui, perché altrimenti la scottatura sarà ancora peggiore di quanto non sia già questa terribile stagione.