Per il calcio italiano l'anno 2018 è stato un pugno al suo fragile orgoglio: mancata partecipazione ai Mondiali dopo più di mezzo secolo dall'ultima volta, Juventus estromessa ai quarti di finale di Champions e una Serie A che più mediocre non si sarebbe potuto. L'Italia era un corpo senza vita, disteso a terra, ferito mortalmente da una staffilata dritta al cuore, che ha fatto definitivamente finire quel circolo vizioso partito dopo Euro 2012, di cui facevano parte dirigenti, allenatori e soprattutto giocatori. Proprio questi ultimi sono stati i più colpiti dalle critiche dei giornali, che ritenevano indegni molti di loro di vestire una maglia "gloriosa" come quella italiana. Sì, certo, "gloriosa" e impolverata da anni passati a vivere di rendita, ricordando nostalgicamente, ogni tanto, l'anno 2006 e i suoi campioni, che oggi non giocano più a calcio. Per anni sembra che nessuno abbia capito che era inutile ricordarsi dei fasti che furono, senza lavorare per garantire un ricambio generazionale di qualità, capace di prendere immediatamente il posto dei "senatori". Una mancanza che ha portato a far giocare nell'Italia di Conte giocatori come Nocerino e Giaccherini, con tutto il rispetto che meritano per le ottime prestazioni disputate, caratterizzate sempre da grinta e attaccamento alla maglia. Insomma, giocatori mediocri, ma tutto questo perché?

I settori giovanili italiano non sono mai stati valorizzati come avrebbero meritato, nè dal punto di vista della dotazione tecnica nè per quanto riguarda i talenti che ne sono usciti: giovani promettenti e di talento sono stati spesso messi alla porta e oscurati dai grandi campioni, del passato. Il caso più eclatante riguarda probabilmente il ruolo del portiere: Buffon è stato per troppo tempo una colonna inamovibile, spesso anche non proprio giustamente nei confronti di altri portieri di talento, come Sirigu prima e Perin poi. Sì, mi rendo conto che Gigi è un monumento del ruolo, un vero e proprio pezzo da museo, ma proprio per questo andava già cambiato 5 anni fa. Non perchè non mi piaccia, ma perchè, semplicemente, il ruolo richiedeva un ricambio generazionale, più graduale. Parlando a livello nazionale, le uniche squadre che cercano di valorizzare I propri settori giovanili e I giovani in generale sono Milan e Atalanta, non a caso l’ossatura della difesa azzurra del futuro è composta quasi esclusivamente da giocatori rossoneri, mentre Gasperini continua a lanciare sulla scena nazionale giovani talentuosissimi, finendo talvolta per “bruciarli” (vedasi Musa Barrow), ma scoprendo spesso dei veri e propri campioni. La Juventus dovrebbe prendere esempio dal lavoro compiuto da queste due società, ma non sembra starle molto a cuore la valorizzazione del calcio italiano: l’Under 23, che dovrebbe essere la “seconda squadra” dei bianconeri, una sorta di Primavera in Serie C, è composta per 4/11 (dei titolari) da giocatori ben al di sopra I 23 anni e le “stelline” della squadra non sono italiane. Per esempio il velocissimo esterno Mavidi proviene dall’Arsenal ed è stato pagato fior di quattrini (2 milioni!), quando vi sono moltissimi giocatori italiani giovani e di talento, che sono senza squadra o militano nelle categorie inferiori. Recentemente lo stesso Mancini, CT della nazionale azzurra, ha lanciato un messaggio chiarissimo "I giovani devono giocare e fare esperienza internazionale". Insomma, più chiaro di così?

Una delle grandi peculiarità della nuova generazione del calcio italiano è davanti agli occhi di tutti: quali sono i più grandi talenti offensivi del futuro? Belotti e Chiesa, fra i giocatori che sono titolari nelle rispettive squadre. Ma allora qual è questa stranezza? Nessuno di loro milita in un top club, ma entrambi sono le stelle di due buone squadre, ma che rimangono sempre solo due buone squadre (non me ne vogliano i tifosi viola e granata!), senza troppe pretese nè ambizioni. Entrambi sono stati eletti capitani a furor di popolo, nonostante la giovanissima età, e a suon di goal e grandi prestazioni le trascinano, ma quando arrivano in Nazionale si squagliano come neve al sole, non rispettando le aspettative. Un caso unico è Berardi, considerato il massimo crack italiano fino a 4 anni fa, scomparso in un mare di mediocrità, consumato dal continuo tira e molla fra Juventus e Sassuolo. Invece Kean e Cutrone meritano un discorso a parte: due talenti di proporzioni mondiali, uno divenuto tra i migliori al mondo della sua età per la velocità e il dribbling, l'altro per la rapacità in area di rigore. Tuttavia, Allegri e Gattuso non sembrano considerarli troppo nelle rotazioni della squadra, finendo spesso per relegarli ingiustamente in panchina: il caso più recente riguarda da vicino i tifosi bianconeri, che domenica hanno visto giocare uno stanchissimo Mandzukic al posto del frizzante Kean, perdendo anche per colpa sua una partita che si sarebbe potuta tranquillamente vincere. Per questo i top club italiani dovrebbero imparare da quelli esteri: in Ligue 1 il PSG è perfettamente consapevole di avere uno dei più grandi talenti mondiali, Mbappè, il nuovo Pelè, e lo fa giocare con grande continuità, con ottimi risultati, come visto anche ai Mondiali, dove il fenomeno francese ha letteralmente trascinato i Galletti ad una vittoria incredibile. In Bundesliga, il Borussia Dortmund è quasi interamente composto da giocatori giovanissimi, aiutati da due veterani come Reus e Delaney, mentre a Monaco due pilastri come Hummels e Boateng si siedono molto più spesso in panchina a causa dell'exploit di Sule, 23enne futura colonna della nazionale e della squadra. Un esempio virtuoso che la Juventus sembra assolutamente ignorare, pur avendo in panchina uno dei più talentuosi difensori italiani: stiamo parlando di Rugani, a cui sono stati anche preferiti in passato anche Benatia e Barzagli, limitandone fortemente la crescita. Anche Caldara è stato letteralmente cestinato dalla Vecchia Signora, che ha scambiato uno dei più grandi prospetti del calcio italiano (infortunio permettendo!) con Bonucci, che pur rimanendo un signor difensore, non si può più certo definire giovane. Paradossalmente, qual è il problema per la Juventus adesso? La mancanza di un difensore di livello in chiave futura, per cui i bianconeri hanno individuato come possibilità Matthijs de Ligt, centrale olandese classe 1999, desiderio dei maggiori top club mondiali, per il quale l'esborso minimo sarà di 70 milioni. Carpe diem? A quanto pare Agnelli non capisce il latino, anche se Juventus significa "gioventù". Un brutto esempio per il calcio italiano.

Spostandoci più in basso troviamo il centrocampo azzurro, di grande qualità tecnica, che tuttavia sente la mancanza di un mediano tutto corsa e grinta: poteva essere Allan, ma anche qui, la Federazione si è mostrata lentissima, venendo preceduta dalla Selecao brasiliana. De Rossi è ormai troppo vecchio. Rimane Barella, sogno di Inter e Roma, gran lottatore in mezzo al campo, dotato di ottima tecnica e di doti atletiche fuori dal comune, che tuttavia è privo di esperienza internazionale, militando in una società di medio-bassa classifica come il Cagliari. Inoltre, il centrocampo azzurro è molto particolare per un motivo: ha due registi, Verratti e Jorginho, che giocano contemporaneamente. E ovviamente entrambi non giocano in Italia, ma all'estero, l'uno al PSG, dove guadagna cifre a cui nessuno in Serie A, fuorchè Ronaldo, si può avvicinare, l'altro al Chelsea, con il suo maestro Sarri. Infine, due stelle del calcio italiano, Cristante e Pellegrini, non vengono mai nemmeno considerate, senza motivazioni valide. Ma si sa, il calcio di oggi è così.

La difesa è il reparto che sembra aver retto meglio al cambiamento. Romagnoli-Rugani (o Caldara)-Donnarumma formano già il trio delle meraviglie degli azzurri, mentre sulle fasce il problema permane: il calcio italiano è praticamente privo di terzini di qualità, e quei pochi giovani che potrebbero fare la differenza, come Spinazzola, Barreca e Conti, non sono considerati da Mancini, per la scarsa esperienze e la non titolarità nelle rispettive squadre. La colpa non è del mister azzurro, ma è dei top club italiani, che non danno il giusto spazio ai giovani, preferendogli sin troppo spesso giocatori "anziani": l'esempio più in voga nelle ultime settimane è rappresentato da Fabio Quagliarella, che raggiunta la veneranda età di 36 anni continua a segnare e a giocare con la foga di un 20enne, che non me ne voglia, perchè lo stimo moltissimo, ma rappresenta un trend preoccupante della Serie A. Dove sono tutti i giovani attaccanti italiani? La colpa è solo della società? No. Perchè il modo di vedere il calcio dei giovani è divenuto sempre più scorretto negli anni. Gli stipendi faraonici promessi da campionati come quello cinese sono un deterrente per il calcio, dove i soldi non sono tutto, e il gioco dovrebbe essere prima di tutto divertimento per i giovani e per gli spettatori, poi marketing. E se le aspettative verranno mantenute, avremo la conferma che l'Italia del presente è quella del futuro.  Buona fortuna Azzurri!