Durante questo periodo surreale, molti di noi hanno, letteralmente, un sacco di tempo. Purtroppo o per fortuna (dipende dal grado di egoismo di ognuno di noi), non possiamo essere tutti in prima linea a combattere “il mostro”. Quindi, chi di noi può, coltiva le proprie passioni, cercando di sfruttare al massimo questo tempo in cui siamo costretti a stare “incatenati” in casa.

Per esempio, gli amanti della lettura cercano di leggere quanti più libri possibile (e sono tra questi).
Gli amanti della musica si siedono sulla loro poltrona, mettono un paio di cuffie insonorizzanti e si distaccano del mondo.
Poi ci sono gli amanti del calcio, che amano scavare nel passato per rivedere e rivivere quei momenti che hanno fatto emozionare intere generazioni. E fra questi vi è una nicchia corposa composta principalmente dai ragazzi (fra cui ci sono pure io), una massa spesso omogenea, in cui riconoscere il singolo è molto complesso. Una folla manzoniana, direi, in cui il singolo perde ogni sua individualità in favore del gruppo.

Tornando per un attimo seri, i più giovani non hanno potuto vivere molti momenti gloriosi della storia calcistica: per me che sono milanista, per esempio, non aver mai visto il trio degli olandesi mi rattrista incredibilmente, consapevole del fatto che tre giocatori così, insieme, con i colori rossoneri, non li vedrò per un bel po’ di tempo. E allora partono ricerche su ricerche sulle più oscure reti web, dove si trovano solo video sgranati o spezzoni di gara, che spesso non rendono quello che doveva essere lo spettacolo del Milan di Sacchi. Oppure, dato che più che tifoso del Milan mi piace definirmi tifoso del calcio, anche il non aver mai visto, che ne so, la finale di Champions della stagione 2000-2001, o la Supercoppa europea del 2005 (uno dei trofei più inutili, ma che secondo me rimane molto interessante come “partita a sé”) produce in me rammarico.

Con questi presupposti, ho deciso di selezionare i 6 (+1) gol più belli di tutte le competizioni europee degli ultimi 20 anni.
Premetto di aver preferito (tranne in due occasioni, dov’era più che dovuto “dare a Cesare ciò che è di Cesare”) gol di giocatori meno riconosciuti, per dare il giusto premio alla carriera a chi non ha il talento stratosferico dei vari Van Basten, Ronaldo e Messi. Ovviamente di gol da commentare e ammirare ce ne sarebbero tanti altri, e per molti sarei assolutamente di parte (Mexes contro l’Anderlecht cof cof), quindi se volete aiutarmi ad ampliare la mia abbastanza limitata cultura calcistica, vi invito a commentare.
Adesso cominciamo: vi auguro una buona lettura!

Marek Jankulovski, AC Milan 3-1 Siviglia (Supercoppa UEFA, 2007)
Nonostante l’utilità intrinseca della Supercoppa Europea sia contestata, la sfida fra Milan e Siviglia è stata una partita “speciale”. Una di quelle partite che lasciano un’impronta indelebile nel cuore di ognuno di noi, accompagnandone le giornate per gli anni successivi. Eppure, non tanto è per il meraviglioso gioco delle due squadre, o per chi sa che gol spettacolare di uno dei tanti campioni del Milan, quanto per lo straziante ricordo di Antonio Josè Puerta Perez, deceduto appena 3 giorni prima della partita a causa delle conseguenze di multipli arresti cardiaci subiti in campo: un giocatore di grande prospettiva, che era stato persino voluto dal Real Madrid, stroncato improvvisamente (ma forse nemmeno tanto) da un male viscido. Quel 31 agosto le due squadre scesero in campo con il lutto al braccio e con una maglia commemorativa in onore del talento deceduto: all’inizio vi fu anche un lungo, triste, devastante minuto di silenzio. I giocatori del Milan stavano a testa bassa, quelli del Siviglia a testa alta. E la partita andò così, almeno per il primo tempo, con il Siviglia che si era portato avanti con un gol di Renato, dominando per larghi tratti della partita uno spento Milan: nel secondo tempo, però, avvenne la metamorfosi. I rossoneri prima pareggiarono con un bel colpo di testa di Inzaghi e cominciarono a prendere in mano le redini della partita, volendo onorare al massimo delle loro possibilità il compagno (di vita) deceduto.
Al 62esimo il Milan stava impostando l’azione offensiva, con quasi tutto il Siviglia rintanato nella sua metà campo. Pirlo prende palla e disegna una delle sue traiettorie deliziose, che meriterebbe di essere esposte al Moma di New York. Il pallone, che sovrasta i difensori del Siviglia, è perfetto per Jankulovski, che si inserisce come un treno sulla fascia sinistra e, come un vero campione, pensa subito alla cosa più difficile ma allo stesso tempo più spontanea: segnare. Il resto è storia.
Il terzino ceco prende la mira come un Van Basten DOC, affila l’esterno sinistro e con precisione chirurgica mette la palla sul palo più lontano, battendo il portiere. Un gesto tecnico con una percentuale di successo bassissima, che in passato solo Van Basten si era permesso di realizzare. E adesso Jankulovski l’aveva replicato, con le dovute proporzioni, ma l’aveva replicato. E quel gol aveva una duplice importanza, perché valeva il 2-1 sugli avversari, che provarono ad alzare la testa, ma vennero puniti da Kakà, che dopo aver sbagliato il rigore si era fatto trovare pronto sulla ribattuta.
Ma quella partita rimarrà nei cuori degli appassionati per due motivi: lo straziante ricordo di Puerta e il gol meraviglioso di Jankulovski.
Rapporto qualità/emozioni: 10


Claudio Lopez, PSV 1-1 VALENCIA (Fase a gironi Champions League, 1999-2000)
La stagione 1999-2000 fu a dir poco magica per i tifosi del Valencia: la loro squadra finì terza in campionato, vinse la Supercoppa di Spagna ma soprattutto arrivò in finale di Champions League, grazie al lavoro incredibile del tecnico Cuper, capace di organizzare una squadra solida che però voleva anche divertire il proprio pubblico. Dopo aver superato agilmente la prima fase a gironi, nella seconda fase fu ad un soffio dall’uscire, ma alla fine riuscì a qualificarsi da seconda del suo girone e accedette ai quarti di finale, dove riuscì a battere prima la Lazio e poi il Barcellona (vincendo tra l’altro 5-2 e 4-1), per poi schiantarsi in finale contro il Real Madrid, perdendo 3-0.
Ma il ricordo più vivido nelle mente dei tifosi rimane sicuramente il gol di Claudio Lopez, attaccante argentino passato anche in Italia nella Lazio dei primi anni duemila: il 19 settembre si sta giocando la seconda partita del girone di Champions contro il PSV. Al quarto minuto viene fischiata una punizione per il Valencia sulla linea di metà campo: il difensore con un tocco morbido va a cercare il Piojo (il Pidocchio), che con una torsione impressionante del tronco e delle gambe si coordina e tira una sassata di collo pieno, appena sotto la traversa. Un gol difficile da spiegare, tanto il gesto tecnico appare “impossibile”: immaginatevi girati di schiena, con un difensore che vi marca da vicino e con un vostro compagno di squadra che vi cerca con un morbido lancio (una sciabolata morbida, per dirla all’italiana). A quel punto, invece di cercare di stopparla di petto, voi vi girate improvvisamente verso la porta, sempre seguendo il movimento della palla e con il sinistro la tirate al volo sotto la traversa. Ecco, non so se ho reso, ma questo gol rientra di diritto fra quelli più belli e soprattutto difficili mai realizzati.
Rapporto qualità/qualità=10-

Lionel Messi, Barcelona 3-0 Bayern Monaco (Semifinale di Champions League, 2014-2015)
Uno dei tanti big match che si giocano ogni anno in Champions League: eppure definirlo “uno dei tanti” suona quasi come una bestemmia alle mie orecchie, perché l’importanza qualitativa e storica di due società leggendarie come Barcelona e Bayern Monaco non può essere ridotta alla definizione “uno dei tanti”. E poi quasi quasi mi dispiace dover scegliere solamente questo gol di Messi, perché la Pulce ne ha realizzati a centinaia di altrettanto belli. Ma questo, non so perché, mi ha stregato. Si è impadronito del mio amore per il calcio e per Ronaldo (sì, perché sono un accanito sostenitore del “il lavoro vale più del talento”, insultatemi pure nei commenti) e ne ha fatto uno schiavo del suo talento. Del suo enorme, meraviglioso talento.
Tornando alla partita: alcuni minuti prima Messi l’ha sbloccata con un preciso rasoterra sul palo di Neuer e il Bayern sembra deciso a rialzarsi, ma ad un certo punto perde maldestramente palla e il Barca riparte, perdendo a sua volta il pallone, che però viene arpionato da Rakitic. Il croato avanza palla al piede, vede Messi in profondità e lo serve con un passaggio preciso. L’argentino prende palla, punta Boateng, sembra voler sterzare sul sinistro ma improvvisamente va sul destro: il difensore tedesco scivola per terra e crolla come corpo morto cade, aprendo a Lionel le porte del Paradiso. A questo punto, in piena velocità, con il portiere fuori dai pali, Messi si inventa una giocata spaziale: invece di rientrare sul sinistro e calciare di potenza, con un magicamente delizioso (non saprei come descriverlo!) tocco sotto scavalca Neuer e segna il gol del 2-0. Il telecronista impazzisce, tutto il Camp Nou impazzisce. E il Bayern crolla con Boateng.
Rapporto qualità/Messi=11

Ronaldo e Bale, Juventus 0-3 Real Madrid e Real Madrid 3-1 Liverpool (Quarti di finale e finale di Champions League, 2017-2018)
Se si cita il golazo di Messi, è possibile non citare l’aliena rovesciata di Ronaldo contro la Vecchia Singora? E non che non si può non citare, perché quel gol ha probabilmente cambiato la visione che molti di noi hanno di un calciatore: un ottimo calciatore non è per forza uno sportivo completo. Eppure Ronaldo, con un gesto atletico degno di un giocatore di basket, ha sfatato questo mito: lo ha preso e letteralmente buttato nel cestino. Si è alzato in volo e ha schiacciato quel pallone come farebbe un giocatore di pallavolo. Ma lui, Ronaldo, è solo un calciatore.
Torniamo però un attimo indietro: è il giorno della partita e lo Juventus Stadium è strapieno di tifosi bianconeri. L’atmosfera è incandescente, piena di speranze, ma prima di tutto i tifosi vogliono vendicarsi di quella terribile sconfitta subita nella finale dell’anno prima. La mitica Cardiff, diranno gli anti-juventini.
I giocatori della Juventus sembrano tanto carichi, ma la partita comincia malissimo: al terzo minuto Isco scappa via sulla fascia destra e mette dentro un filtrante che taglia la difesa della Juventus. Ronaldo, attentissimo, si inserisce e con un bel esterno destro insacco sul palo lontano. Lo Stadium si ammutolisce, ma i bianconeri provano a riprendere in mano la partita: alla mezz’ora quasi quasi segnano su un tiro cross di De Sciglio, ma al 36esimo Kroos fa tremare la traversa con una stecca da fuori area. La partita rimane in bilico anche all’inizio del secondo tempo: Ronaldo con un piatto destro manda a lato di poco, mentre Dybala fa tremare le gambe a Navas con una punizione deviata dalla barriera madridista.
Questo fino al 63esimo. Carvajal cerca di sfondare sulla fascia destra, ma De Sciglio lo marca molto stretto. Lo spagnolo cerca di divincolarsi e alla fine fa partire un cross arretrato all’altezza del dischetto, nonostante Ronaldo avesse già cercato la profondità. Insomma, un cross che normalmente si sarebbe concluso con un nulla di fatto. Così non è per il portoghese, che con una breve corsa torna indietro, guarda il pallone, salta e con una rovesciata da album Panini piazza il pallone all’incrocio dei pali. Tecnicamente e atleticamente, il top del top: un gol completamente diverso rispetto a quello del suo rivale, perché si tratta di due giocatori completamente diversi. Un gol da vedere e rivedere e rivedere. Gli stessi tifosi bianconeri, sportivamente, applaudono il campione portoghese, consci di aver potuto ammirare uno dei gol più belli della storia del calcio. Marcelo poi segnerà il definitivo 3-0 su assist di Ronaldo, anche se sarà “l’opera d’arte del portoghese” a rimanere nei cuori di tutti per l’eternità.
Bisogna però essere onesti intellettualmente: se ammiriamo la rovesciata di Ronaldo, non si può non ammirare quella di Bale, che tra l’altro è stata anche molto più importante perché ha portato nella bacheca blanca la TREDICESIMA Champions League. Eppure la partita è stata molto equilibrata: entrambe le squadre hanno combattuto alla pari e se il Liverpool ha perso è solo (purtroppo) colpa della prestazione maledetta del suo portiere, Karius, che dopo quella partita non ha più saputo rialzare la testa e soprattutto la sua carriera. Quello che sembrava un promettente portiere della nazionale tedesca oggi è solo uno dei tanti, e anche peggio. Il suo nome ha ormai assunto un’assonanza quasi poetica con le sue due papere. Al 51esimo la prima di queste sembrava aver steso i Reds, che però erano stati bravi a recuperare subito con Manè.
5 minuti più tardi, però, il neoentrato Bale, da sempre aspramente criticato dall’allenatore Zidane, si era inventato una giocata spaziale capace di ammutolire tutti i suoi detrattori. Ha preso spunto da Ronaldo? Sicuramente. Sta di fatto che su un cross meraviglioso di Marcelo, che tra l’altro aveva calciato con il piede destro, il gallese si è alzato in cielo e con il mancino ha messo la palla all’incrocio dei pali. Karius avrebbe potuto fare di più? Forse, perché il suo tuffo era più scenico che concreto e le sue braccia non si erano distese come avrebbero dovuto fare. Nemmeno la stessa rovesciata è stata perfetta esteticamente come quella di Ronaldo, ma nonostante questo il gol di Bale rimane una pietra preziosa nel magnifico trofeo della Tredicesima.
Rapporto qualità/Ronaldo/sconfitta Juventus=11-
Rapporto qualità/Bale/scarsezza di Karius=10


Mauro Bressan, Fiorentina 3-3 Barcelona (Fase a gironi Champions League, 1999-2000)
Ci troviamo all’ultima giornata dei gironi di Champions League: la Fiorentina deve giocare all’Artemio Franchi contro un Barcelona ormai sicuro di passare il girone da primo in classifica. A Stoccolma nel frattempo l’AIK, sicuro dell’ultimo posto, deve vedersela con l’Arsenal, che contende ai viola il secondo posto utile per qualificarsi. I Gunners riescono a vincere per 3-2, mentre sull’altro campo la Fiorentina di Rui Costa e Batistuta (che non era in campo) ferma i blaugrana dopo essere riuscita ad andare anche in vantaggio: benché gran parte del merito vada attribuita all’ottima prestazione di Balbo, che però non ha lasciato un buon ricordo con la maglia viola, il gesto che più rimarrà impresso nelle menti delle persone è il clamoroso, imprevedibile, meraviglioso gol di rovesciata di un insospettabile Bressan.
Classe 1971, Mauro nasce e cresce in Veneto, giocando sin da piccolo a calcio, finché non lo nota il Milan. Nelle giovanili rossonere si fa notare per essere un centrocampista dotato di discreta tecnica e buon dinamismo, ma non è assolutamente al livello del Milan dei fenomeni, per cui va in prestito al Montebelluna, club che l’aveva formato, con cui disputa una buonissima stagione condita da 5 gol. L’anno dopo rientra al Milan, ma non trovando spazio viene ceduto in Serie C al Perugia e poi al Como. Qui lo nota il Foggia, che per la prima volta lo porta in Serie A: quando la squadra pugliese retrocede viene acquistato dal Cagliari, che l’anno dopo lo cede al Bari e quello successivo approda definitivamente alla Fiorentina. Bressan a questo punto ha 28 anni, è un centrocampista affermato e la sua carriera è all’apice delle sue possibilità, ma rimane sempre un giocatore da metà classifica, niente di particolarmente eclatante. Fuori dall’Italia non lo conosce nessuno.
Finché non arriva quel 2 novembre. Quel novembre in cui tutta la vita di Bressan è cambiata, consegnandoli un posto nell’Olimpo dei ricordi, pur non avendo fatto chissà cosa durante tutta la carriera. Il gol dell’ex-giocatore viola è la prova che se si vuole passare alla storia basta fare una cosa straordinaria, che cancella tutta la mediocrità.
È il 14esimo minuto. Il Barcelona spazza via il pallone con un intervento difensivo, ma questo viene alzato a campanile da un giocatore viola che poi va a duello con il centrocampista blaugrana. Nessuno dei due centra il pallone, che rimbalza per terra. Bressan è lì, immobile, quando il suo cervello gli ordina di fare una cosa apparentemente senza senso: tirare al volo, di rovesciata, da circa 30 metri. Nessuno ci avrebbe mai pensato. O meglio, ci avrebbero pensato solamente dei grandi campioni. E lui, in quel momento, è un grande campione. La sua rovesciata si insacca sotto la traversa, l’Artemio Franchi lo osanna, gli avversari rimangono senza parole. E la sua memoria diventa eterna.
Rapporto qualità/romanticismo=10

Ricardo Quaresma, Porto 1-2 Valencia (Supercoppa UEFA, 2004)
Uno dei miei giocatori preferiti, di quelli che mi hanno fatto e tuttora mi fanno emozionare ad ogni tocco di palla. Lo so, sarà romantico, a tratti patetico, ma è quello che sento quando vedo giocare il Ciganito. Una sensazione primordiale che sento sin troppo mia per liberarmene.
Insomma, come si fa a resistergli? Lo vedi in campo, con quel suo portamento che più tamarro non si può, con la sua espressione che sembra la personificazione dell’antipatia, con quel modo di stare in campo che è proprio insopportabile, a tratti dolente. Poi, ad un tratto, quando prende palla lui parte, corre, si ferma, riparte: nel frattempo dribbla tutto quello che gli si para di fronte, siano anche i suoi stessi compagni. Poi perde palla. E se ne sta in attacco ad aspettarla, pensate che uno come Ricardo tornerebbe indietro e sprecherebbe energie preziose? Se volete un giocatore così, andate dai vari mediocri motorini che popolano i centrocampi delle squadre di metà classifica, perché Quaresma è talento. È classe. È sregolatezza e voglia con il contagocce. Ma questo lo sa pure lui, e non mai fatto nulla per nasconderlo, nemmeno quando lo hanno preso Barcelona, Chelsea e Inter. Come è andata? Ha fallito con tutte e tre. Perché Quaresma (e ripeto, lui ne è ben consapevole) non è un fuoriclasse. Lui è solo classe, eleganza, talento, forza bruta, velocità, tecnica. Ma di essere un fuoriclasse non gli va proprio, benché sia stato considerato uno dei migliori giocatori portoghesi degli anni duemiladieci.
Adesso però torniamo alla partita: è fine agosto, nessuno ha realmente voglia di giocare la Supercoppa (come sempre) e il Porto ha lasciato partire a giugno Mourinho, artefice della vittoria della Champions e vero fuoriclasse della squadra. Dall’altra parte si trova il Valencia di Claudio Ranieri e Marco di Vaio, anche se i beniamini di casa sono l’ex-tecnico Benitez e Baraja, protagonisti della straordinaria stagione 2003-2004, che ha portato contemporaneamente Europa League e campionato.
Nonostante la pochezza di voglia delle rispettive squadre il Stadio Louis II è quasi pieno, a ragione, perché la partita è di quelle che potenzialmente potrebbero infuocare gli animi.
Al 32esimo Baraja apre le marcature e nel secondo tempo di Vaio fa due zero: il Porto ormai sembra rassegnato a perdere la Supercoppa anche per il secondo anno di fila, quando ad un certo punto Quaresma prende palla dopo un rimpallo fortuito si dirige verso la fascia sinistra, ma bruscamente cambia direzione con un bel tocco di tacco. Si libera così del diretto marcatore, si accentra sul destro e, quando tutti penserebbero a un passaggio orizzontale, lui scaglia un collo-interno destro all’incrocio dei pali. La tecnica con cui calcia il pallone è meravigliosamente diversa dal solito: invece di andare di collo pieno e cercare la forza o con l’interno e cercare la precisione, Ricardo tira sia con l’interno e con il collo, effettuando un piccolo salto durante l’esecuzione. Il pallone assume una traiettoria molto particolare, alzandosi in volo, per finire esattamente sotto l’incrocio. Tutto questo da 30 e passa metri.
D’altronde Quaresma ci ha abituati alle pazzie: la trivela, per esempio, è una di questa. E pure questo gol è una pazzia, ma anche un rimpianto: che giocatore sarebbe potuto diventare se avesse voluto?
Agli abitanti di un universo parallelo l’ardua sentenza.
Rapporto qualità/tamarritudine maravigliosa (licenza dantesca)=12

Gol bonus: Dejan Blazevski, Zenit 2-1 Vardar (Fase a gironi Europa League, 2017-2018)
Su Dejan non c’è molto da dire: attaccante macedone, classe 1985, buone prestazioni fra campionato macedone, greco e azero, ma soprattutto una stagione in Europa League con il Vardar. Ah, ha anche 5 presenze e 1 gol con la nazionale macedone. Non che non mi voglia sprecare, ma è un giocatore mediocre, come se ne trovano tanti: il suo stesso gol, di pregevolissima fattura, non è nulla di così speciale (infatti ero indeciso fra il suo gol e quello di Haidara, sicuramente più bello). Eppure, non so per quale motivo, il senso di giustizia esiodea che è in me ha detto, con tono autoritario, “è giusto mettere Blazevski!”. E come si può resistere alla spinta del subconscio?
Adesso passiamo al gol: il modestissimo Vardar gioca in casa del gigante russo Zenit e cerca di fare la partita. Due gol dei russi nel primo tempo, tuttavia, tagliano le gambe ai giocatori avversari. Fino a quando, al 93esimo, a partita finita, viene battuto un calcio d’angolo dalla squadra ospite. Il pallone ha una morbida traiettoria ad uscire e i giocatori dello Zenit, con la testa già negli spogliatoio, vanno tutti verso il centro dell’area di rigore, lasciando a Blazevski tutto il tempo di calciare. Il Macedone, con un colpo da giocatore di calcetto professionista, abbassa con eleganza il corpo e con un bel collo pieno manda la palla sul palo lontano. E parte la sua esultanza, di gioia, nonostante la sconfitta. Perché il calcio è un gioco di squadra che è composta da individui, e non bisogna mai scordarselo.
Rapporto qualità/non qualità=9

 

 

Federicoz



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