Un titolo veramente scontato. È devo ammetterlo: non mi sono assolutamente sprecato nella sua ricerca, per un motivo principalmente. Se devo comunicare a una qualsiasi persona qualcosa, voglio essere diretto e schietto, senza tanti giri di parole inutili e prettamente retorici. Se spesso sono pomposo nei titoli e nelle introduzioni, in questo articolo non voglio esserlo. Voglio essere diretto. E questo titolo spiega perfettamente quello che voglio dire. O meglio, quello che è il problema della Juventus: la Juventus stessa.

E qui potrebbero partire autostrade di parole vuote, prive di un qualsiasi significato logico e calcistico. Parole che un bravo oratore metterebbe insieme per comporre un’orazione convincente, ma io non voglio convincere nessuno con vuote parole. Voglio convincere con i concetti, con il ragionamento. E devo ammettere che anche se non mi sono sprecato per il titolo, per analizzare la Juventus di questa stagione lo farò più che volentieri. Per questo vi auguro una piacevole lettura e se non siete convinti, i commenti sono l’ambiente ideale per confrontarsi. E se fossimo nell’Impero romano, probabilmente dovrei chiudere il mio studio di oratore per cominciare a mercanteggiare con i ricchissimi abitanti di Tiro.

 

 

Preanalisi

Partiamo da ciò che era la squadra bianconera prima di questa stagione, ovvero una corazzata capace di vincere 8 scudetti consecutivi, di arrivare due volte in finale di Champions e di distruggere qualsiasi velleità del Napoli di Sarri. Insomma, niente male, per usare un eufemismo. In Italia era di fatto nato un nuovo impero, che non esiterei a definire un vero e proprio feudalesimo del calcio italiano, in cui ogni squadra deteneva un feudo, che però era in pratica decretato dall’imperatore, ovvero la Juventus. Ovviamente la Juventus non decideva direttamente, anche se talvolta ci metteva del suo, acquistando i migliori giocatori delle altre squadre per indebolirle. Altre volte, invece, essendo già certa di vincere a dicembre, di fatto decretava le altre posizioni: le solite 4-5 squadre lottavano per la Champions, le due che rimanevano fuori andavano in Europa League e così via. L’unica parte interessante era la lotta salvezza, ma anche lì due squadre su tre erano le neopromosse, che con budget ridicoli non potevano permettersi la sopravvivenza tecnica in un campionato comunque molto complesso come la Serie A.

Con questo punto non voglio assolutamente criticare il modello bianconero, che anzi ammiro, quanto voglio prendere di mira l’intero sistema calcistico italiano, assolutamente disequalitario e incapace di incrementare i profitti e le vincite di tutte le squadre. Di fatto la Serie A mi appare come un Milan in larga scala, con i soliti Gazidis che nonostante la nomea dei grandi affaristi non concludono nulla.

E qua ho criticato la Serie A, perché non può essere una colpa calcistico-economica il fatto di convincere i calciatori migliori delle altre squadre a passare in una squadra vincente ed economicamente molto solida. La morale, invece, è un altro discorso, che non voglio trattare perché non proprio della mentalità della Juventus (non dei juventini).

La Juventus, che in Serie A si adagiava lentamente sugli allori già in primavera, cercava di vincere la Champions da anni, ma qualcosa sembrava mancare. Per questo era arrivato CR7, un giocatori di fama mondiale, capace di ribaltare le partite e di vincere praticamente da solo una competizione complessa ed ambigua come la Coppa dei Campioni, che non arrivò lo stesso. La colpa, paradossalmente, non va ricercata nemmeno negli allenatori, che nonostante i grandi scudetti, non riuscivano a vincere quella coppa maledetta. Questo perché Conte e Allegri hanno sì tattiche obsolete per il calcio europeo, ma chi li ha portati alla Juventus? La dirigenza. Non hanno mica deciso loro di venirci.

Ed è un lavoro complesso difendere degli allenatori incapaci di vincere la coppa dei campioni ma capaci di vincere quantità industriali di scudetti. Soprattutto quando uno come Allegri ti sta sui cosiddetti. Ma devo essere oggettivo: loro colpe non ne hanno, semplicemente non sono preparati per vincere in Europa. Ma questa non può essere una colpa.

Se sulla scelta di Conte, che era un allenatore in rampa di lancio, si può dire ben poco, perché è stato autore di un vero miracolo calcistico, su Allegri si potrebbero scrivere libri interi. Ok, è un ottimo allenatore, sono d’accordo e non potrei non esserlo, soprattutto perché a portato a Milanello l’ultimo scudetto non bianconero. Ma perché puntare su un tecnico così quando si dispone di una rosa potenzialmente fra le migliori d’Europa?

E qui chiunque potrebbe dirmi che magari non c’erano altri allenatori liberi, ed è verissimo. Ma quindi si poteva tenere un solo anno Allegri, giusto per vincere un altro scudettino e via. Ma no, la Juventus ha perseverato, finché non ha deciso di puntare veramente alla Champions, per tornare quasi subito sui suoi passi. E qui siamo già in era Sarri.

 

 

La rivoluzione

Inutile mentire: a maggio si sapeva già che Allegri avrebbe lasciato la Juventus e che Sarri avrebbe preso il suo posto. A Napoli preparavano già le sue foto da bombardare con freccette infuocate, ma a Maurizio non gliene poteva fregare di meno: stava per diventare il tecnico di una squadra dal fatturato altissimo (come piace a lui) con una sfilza di campioni da far paura. Potenzialmente, mi ripeto, una delle migliori squadre d’Europa.

I tifosi juventini, tuttavia, non è che avessero accolto con grande entusiasmo l’arrivo del tecnico, che durante il suo periodo a Napoli aveva creato un vero e proprio lifestyle, che poi è stato rinominato sarrismo. Il sarrismo ha poi dato vita, in Inghilterra, al sarriball, che ha trovato discreta fama fra le fila dei sostenitori del Chelsea. Ma i bianconeri sembravano storcere il naso, nonostante la buona fama del loro tecnico. Si diceva “Perché prendere un tecnico che fa giocare bene ma non vince gli scudetti?”. E già qui si poteva capire come sarebbe andata a finire questa storia, ma gli Agnelli non se ne preoccuparono: dopotutto, non sono i tifosi a gestire la squadra. Anche se sono probabilmente loro ad aver distrutto in partenza il piano di Sarri.

 

La rivoluzione era nell’aria: la tattica difensivista italiana sembrava aver perso la fiducia della dirigenza juventina, che aveva scelto l’allenatore italiano meno italiano del momento. Il primo problema, si pensava, sarebbe stato accontentare le richieste del tecnico napoletano, che però si “accontentò” di De Ligt, lasciando a Paratici la libertà di acquistare Rabiot e Ramsey, che ormai erano promessi sposi della Juventus. Il secondo problema sarebbe stato abituare i giocatori della Juventus, soprattutto gli attaccanti e i centrocampisti, ad un gioco completamente diverso. E qui mi correggo: più che un gioco, una vera tattica. Perché se si deve guardare oggettivamente, il calcio più puro e incontaminato lo giocava la Juventus di Allegri, per un semplice motivo: se difensivamente c’era una tattica chiarissima, offensivamente parlando i giocatori erano liberi da qualsiasi compito, e ogni azione offensiva dipendeva dal loro talento. Non dico che questo sia un esempio di bel calcio, semplicemente è la forma di calcio meno contaminata dalla tattica, che è un’altra cosa. Se vogliamo ammirare bel calcio, dobbiamo guardare all’Atalanta o all’Ajax, o anche al Borussia Dortmund. Ma a Torino il bel calcio non è di casa, come da buona tradizione italiana.

Questo è soprattutto un problema di mentalità, che alla Juventus è sì vincente, ma solo in campionato. Perché se in Serie A si poteva (ora non più) andare al minimo e ricavare il massimo da ogni partita, in Europa non funziona e non funzionerà mai così (e speriamo non venga introdotta la Superlega!). In Europa, che sia Champions o Europa, tu devi correre, correre e ancora correre. E non solo: devi anche far correre il pallone, giocare con la mente fissa su quell’obbiettivo, senza mai perdere la concentrazione. Perché anche se il calcio è uno sport che richiede un notevole sforzo fisico, prima di tutto si gioca con la testa e con il talento. E la Juventus ne ha quantità industriali, che però sono lasciate libere di esprimersi come vogliono. E questo una squadra vincente non se lo può permettere, se vuole essere vincente. Nel calcio moderno funziona così: ci sono squadre che giocano a calcio (ovvero senza tattica), squadre con giocano un bel calcio (ovvero con una tattica) e squadre che non giocano a calcio (ovvero con una tattica che non permette ai talenti di esprimersi). La Juventus di Allegri faceva parte della prima categoria, perché permetteva ai talenti di esprimersi, ma non al massimo come invece avrebbe fatto se avesse giocato un bel calcio.

E l’arrivo di Sarri era fondamentale proprio in quest’ottica: un tecnico così fissato con la tattica avrebbe sicuramente imposto un modello vincente in Europa ma non in Italia. E questo, non si sa per quale scherzo dell’inconscio, sembrava spaventare moltissimo i tifosi juventini, non abituati a sentirsi dire “Quest’anno c’è il rischio di non vincere lo scudetto”. Di fatto rischiavano di perdere l’unico evento che gli permetteva di sentirsi vincenti e forti, come se le altre squadre italiane fossero nulla. Una sorta di scudo che serviva a mettere da parte le tristi sconfitte della Champions League, la coppaa cui erano veramente interessati. Sì, come no. Ditelo a qualcun altro.

Se tu, come tifoso, sei disposto a veder la tua squadra perdere in campionato per vincere la Champions, vuoi veramente che la tua squadra sollevi quella maledetta colpa. Se dopo 9 mesi di lavoro criticato e molestato di Sarri sei il primo a criticarlo e a dire che era meglio Allegri, sei un tifoso medio, a cui vanno benissimo gli scudetti, ovvero la comfortzone. Invece, se si vuole vincere la Champions, bisogna uscire da questa comfortzone, cari Agnelli e cari tifosi. Forse i primi l’avevano anche capito prendendo Maurizio, e questo rischio erano disposti a correrlo. Ma la maggior parte dei tifosi juventini avrebbero perso per un anno (che peccato!) l’ebbrezza del primo posto e avrebbero salutato una nuova capolista.

Questa problema, purtroppo, è difficilmente risolvibile, perché servirebbe creare una nuova base di tifosi diversi, disposti veramente a tutto pur di vincere la coppa dei campioni. Perché nonostante io abbia fatto un discorso molto generalizzato, una buona parte dei tifosi juventini non è così e difende Sarri. Poi c’è anche chi non lo difende eppure non gliene frega nulla dei Scudetti, ma lì è per incongruenze tecniche. E ci sta.

 

 

CR7, un problema inaspettato

Ritornando al problema della tattica, bisogna dire che sarebbe stato facilmente risolvibile se i giocatori della Juventus si fossero “abbassati” ad ascoltare le pretese di un tecnico “perdente”. E questo purtroppo non è accaduto, decretando l’insuccesso iniziale del sarrismo in salsa bianconera. Ma tutto si sarebbe potuto riparare, si pensava. Bastava qualche tirata d’orecchie ai giocatori, giusto per imporsi e far capire a loro che dovevano pensare solo a giocare, senza interferire nelle tattiche.

E qui, paradossalmente, viene fuori un altro problema enorme della Juventus: Cristiano Ronaldo. E con questa affermazione vado contro il mio stesso cuore, che stravede per il portoghese. Un giocatore capace di ribaltare le partite con una giocata, capace di guidare la propria squadra come un allenatore. Un giocatore fortissimo, che però ha un punto di debole che sa mascherare abilmente: l’insofferenza agli schemi tattici. E qui si potrebbe dire, e io stesso lo sostengo, che quando un giocatore è così eccezionalmente bravo si può anche lasciare stare tatticamente, e gli si può permettere ciò che vuole, perché si sa che qualsiasi cosa faccia sarà giusta. Il problema è che Sarri non ha bisogno di un giocatore del genere, e anzi è controproducente, perché va a rovinare quella perfetta macchina che potrebbe essere la Juventus senza CR7. Perché Sarri ha sempre avuto bisogno di giocatori che si attenessero fedelmente ai suoi dettami tattici, come Insigne e Callejon: che questo sia un bene o un male, non è oggetto di discussione. Ma è chiaro che sia così: al Chelsea, appena arrivato, chiese che gli venisse preso Jorginho, a qualunque costo. Questo perché l’oriundo è un giocatore su cui Sarri può fare affidamento, perché non esce mai dagli schemi tattici e segue sempre alla lettera i compiti affidatigli dall’allenatore. In un certo senso si può considerare un giocatore affidabile, cosa che non è CR7. Non perché non sia costante nel rendimento (cosa che non si può dire), ma perché di rado segue i dettami dell’allenatore. Al Real Madrid la situazione tecnica era perfetta: la squadra era formata da giocatori di livello mondiale, che soprattutto a centrocampo creavano gioco e spezzavano le trame avversarie, mentre in attacco Ronaldo disponeva di uno dei migliori attaccanti al mondo, Benzema. Non c’era un’idea di gioco, ma non serviva con quei giocatori, che lasciati liberi facevano quello che volevano delle difese avversarie. Anche l’anno scorso andava bene, perché la squadra non seguiva uno schema preciso ed affidava al talento degli attaccanti il lavoro offensivo, con il nuovo mister non va più bene. E Ronaldo non ci sta nemmeno provando ad adeguarsi al nuovo mister, come dimostrano anche le sue azioni durante le partite: lo si vede spesso prendere palla, abbassare la testa e caricare la difesa avversaria. E spesso non ne esce nemmeno vincitore, perché ormai le gambe non sono più quelle di una volta, e pur avendo un fisico pazzesco, non può permettersi tutta quell’esplosività che aveva una volta.

Ronaldo è un fenomeno, uno dei migliori giocatori della storia e un ottimo leader, ma ha bisogno di una squadra che giochi per lui. O che non giochi e gli deleghi tutto il compito. Ma il portoghese non si sottoporrà mai alla squadra e all’allenatore, perché il suo ego non glielo permette. Ed è un bene così, altrimenti non parleremmo di lui come di uno dei migliori giocatori del mondo.

Alla Juventus di Sarri, però, serve altro.

 

 

Dybala e Sarri, le uniche luci

E qui si potrebbero aprire discussioni interminabili sul talento di Dybala, su cui tra l’altro ho già scritto un articolo l’anno scorso e probabilmente ne scriverò un altro, perché ho un debole per la Joya, devo ammetterlo. Non so perché, sinceramente, ma è un giocatore che mi fa impazzire per tutto: movimenti, gestualità, anche un suo stop è esteticamente perfetto. Un giocatore qualitativamente mostruoso, che in questi anni ha dimostrato di poter giocare in quasi tutti i ruolo in cui gli allenatori gli hanno chiesto di giocare. Peccato che nessuno si sia mai premurato di farlo giocare da punta centrale, che è il suo vero ruolo. Dybala non è un trequartista, nonostante disponga di una tecnica “galattica” e non è nemmeno un’ala, perché pur sapendo dribblare non è abbastanza veloce. Invece l’argentino ha un ottimo tiro e grandi capacità realizzative, che potrebbero essere valorizzate solo con un suo spostamento in avanti, che tuttavia non è possibile con CR7. Ma non è il talento di Dybala l’oggetto di questa discussione, bensì la sua incredibile utilità nel sarriball bianconero. Sì, perché l’argentino è molto più utile a Sarri di quanto lo sia CR7, per due motivi principalmente:

  • Dybala è un giocatore molto duttile, capace di svariare su tutto il fronte d’attacco.

  • Dybala è un giocatore che sa inventare calcio entro i limiti imposti dalla tattica del proprio allenatore.

Quest’ultimo punto non è un limite, bensì un pregio nel calcio di Sarri (e non in quello di Allegri, per esempio), che necessita, come detto prima, di giocatori che si attengano alla tattica. E Dybala non solo sa farlo, ma riesce persino a trovare spazio per cambiare qualcosa, per produrre un assolo capace di spezzare la partita. Se Dybala è un ottimo singolo in un’orchestra che produce meravigliose melodie, CR7 è quel fenomeno che vorrebbe tutta l’attenzione attirata su di sé. Quel solista per cui l’orchestra passa in secondo piano: ma se l’orchestra cerca di remare da una parte, portando la luce su di sé, e il solista rema dall’altra, cosa ne esce? Un disastro, ovvero la Juventus di adesso. E sembro catastrofico, lo so, perché nonostante tutto i bianconeri sono primi, possono ancora vincere la Champions e la Coppa Italia, ma bisogna ammettere che la Juventus di oggi è quella di Allegri, senza se e senza ma. E se andrà avanti così, la Champions sarà un miraggio. Tutto colpa per un solista eccezionale, che non c’entra assolutamente nulla con l’orchestra del maestro Sarri.

Perché sì, se c’è qualcuno che andrebbe applaudito nonostante tutto, quello è Maurizio, l’unico che fino ad ora non si è dato per vinto. La dirigenza cerca e cercherà di dargli supporto, anche se sembra stia cominciando a dare ascolto ai tifosi (la maggio parte, ripeto), che vorrebbero cacciare seduta stante l’allenatore napoletano per vincere il solito e misero scudettino, che tanto fa bene al pancino (e fatevi una risata amici bianconeri!). Nonostante questo, Sarri va dritto per la sua strada e cercherà di dare alla squadra il suo aspetto, ma con CR7 rischia di non farcela, perché il portoghese ha più potere decisionale di lui al momento, nonostante la società possa negare. Perché chi vale di più agli occhi dei tifosi, un allenatore che non ha mai vinto nulla o un campione che ha vinto tutto? Ma risposta più facile, eppure questo non è giusto. Non è giusto perché Maurizio ce la metterà tutta, e fallirà miseramente. Se non a marzo, a maggio verrà esonerato, e se non verrà preso Guardiola verrà preso un altro allenatore da scudettino.

Lo dico sinceramente: alla Juventus basterebbe un Ancelotti, che arriverebbe sì terzo in campionato, ma solleverebbe la Coppa dei Campioni al 90%, se ne avesse la possibilità. Ma i tifosi della Juventus non la vogliono, inconsciamente, altrimenti non si lamenterebbero di Sarri, che è l’allenatore più europeo d’Italia al momento. Un allenatore che ha vinto più coppe europee di Conte e Allegri messi insieme, anche se non ha vinto lo scudetto.

Ma si sa, i tifosi sono tutti allenatori. E la comfortzone? Beh, quella va mantenuta. E la dirigenza? Beh, quella deve rendere felici i tifosi, che creano l’atmosfera per il calcio. Sì, la creano. Peccato che non debbano determinarla e plasmarla a loro volere, perché una società, quando fa una scelta, si deve imporre contro tutti, per dimostrare di essere forte. E la Juventus, al momento, non lo è. Per questo non vuole iniziare un nuovo ciclo, che rischierebbe di rimetterla in discussione agli occhi dei tifosi, che si sa, sono tutti allenatori, dirigenti, economisti e giornalisti sportivi. Ma cara Juve, dovresti dimostrare la tua superiorità e lasciare a Sarri quello che è di Sarri, ovvero la squadra, il gioco, la tattica. E tutto andrebbe per il verso giusto, ma ci vorrebbero tempo, soldi e soprattutto rischi, che nessun tifoso/dirigente è disposto a correre.

Per questo il vero limite della Juventus è la Juventus stessa.

 

Federicoz