Il futuro, in questi mesi di buio, è diventato il bene più prezioso di cui disponiamo, perché saremo noi stessi, esseri del presente, a plasmarlo con le nostre azioni. Ovviamente sto estremizzando il discorso, perché è fisicamente impossibile che ciascuno di noi influenzi direttamente il corso della storia, ma ognuno, con qualsiasi gesto che compie, provoca una reazione, da qualche altra parte del mondo. Il cosiddetto “effetto farfalla”, in altre parole.

Il futuro è un qualcosa in continuo mutamento, che non assume mai i caratteri di prevedibilità a cui siamo abituati. Non è calcolabile matematicamente e, allo stesso tempo, non è pensabile in termini matematici. O meglio, è pensabile per ciò che potrebbe essere e ciò che potrebbe essere non sempre corrisponde a realtà e, anzi, la possibilità che si realizzi un evento immaginato con tanti anni di anticipo è bassissima, per non dire inesistente.
Questo perché? Beh, per due motivi principalmente, strettamente collegati tra loro: l’essere umano è un animale mutevole e per questo motivo le decisioni prese oggi possono sembrarci stupide l’indomani, oppure il pensiero che avevamo qualche anno addietro ci appare come completamente diverso e incompatibile rispetto a quello che abbiamo oggi. Ovvio, quando un pensiero rappresenta perfettamente la nostra anima esso non cambierà mai o al massimo subirà qualche mutamento solo apparente, rimanendo immutato nel suo significato più profondo.

La coerenza
Questa catena di pensieri che permangono si può definire coerenza, quella di cui sembrano essere privi molti esponenti della politica italiana. Non farò nomi perché questo non è un blog di politica e spero non lo diventi, ma è spaventoso pensare come ci siano persone veramente potenti, capaci di influenzare e indirizzare il pensiero degli italiani, che non riescono proprio ad essere coerenti con il proprio pensiero, seguendo, alla fine, ciò che gli fa sembrare più “belli” agli occhi di chi li deve votare.
Si potrebbe chiamare opportunismo politico ed esiste da sempre: Cesare stesso, per ingraziarsi la plebe e anche la maggior parte dei personaggi influenti dell’antica Roma, manipolava la sua immagine e il suo pensiero, pretendendo di diventare “amico di tutti”. Come sappiamo la sua troppa “gentilezza” finì per costargli cara, ma allo stesso tempo non si può dire che politicamente parlando non sia stata una scelta geniale ed estremamente funzionale all’ottenimento dei consensi. Lo stesso “De bello civili”, che apparentemente sembra un resoconto freddo e abbastanza dettagliato della guerra contro il suo “amico” Pompeo, è uno scritto politico che denota una straordinaria capacità retorica: pur parlando in terza persona e nominandosi pochissime volte, Cesare rappresenta Pompeo come un dittatore sanguinario e accentratore dal punto di vista politico, mentre dal punto di vista militare evidenzia la sua incapacità nel gestire le truppe con una ferrea disciplina. Quello che, invece, fa Cesare.
Il futuro vero dittatore, con un racconto che pretende di essere storico, vuole mettere in cattiva luce il suo avversario politico, etichettandolo come un rammollito e un sanguinario. Cesare, perciò, non voleva essere coerente con se stesso, perché ciò avrebbe giocato, politicamente parlando, a suo sfavore e lo avrebbe reso vulnerabile al cambiamento del pensiero. Se, invece, avesse galleggiato fra le linee come un trequartista di alto livello, non sarebbe mai stato preso dai difensori avversari e avrebbe potuto deliziare il pubblico con molte giocate d’alta scuola. Ed è quello che ha fatto, finché un gruppo di difensori sin troppo accaniti lo hanno falciato ripetutamente.
Questo a dimostrazione (ma nemmeno tanto), che talvolta bisogna prendere una posizione chiara e netta, e talvolta no. Ovvio, stiamo parlando di avvenimenti pre-democratici, di un mondo che non è minimamente paragonabile al nostro: il significato di fondo, però, rimane immutato. La coerenza, in un personaggio politico, è veramente difficile da mantenere, poiché è più facile e più vantaggioso non esserlo di fronte ad una massa che dimentica relativamente in fretta, avendo altre e nuove cose a cui pensare.

Le azioni
La coerenza influenza il futuro nella misura in cui non cambia il nostro pensiero, ma allo stesso tempo le nostre azioni, che non sempre riflettono ciò che la mente pensa, possono spesso cambiare il corso degli eventi. Una stupida dimenticanza, come una grava dimenticanza sono fatti che rischiano di sconvolgere la nostra vita, o magari, involontariamente, quella di qualcun altro. Cambia perciò la trama del futuro, che di fatto è un costante presente. Nel momento in cui noi pensiamo al futuro, sogniamo un qualcosa che non è. Quando invece mettiamo in pratica il futuro, siamo già nel presente e quindi è un qualcosa che viviamo. Il passato, invece, è un futuro che si è già concretizzato e che quindi è “scivolato indietro”.

Eppure, diciamo spesso, siamo una formica in un mondo sin troppo grande.
Faccio un esempio abbastanza insulso: la “scintilla” della relazione con la mia ragazza è partita per una chiamata che non sarebbe neanche dovuta essere indirizzata a me (sembra una scena da film ultra sdolcinato ma vi giuro che è successo veramente). Se questa chiamata, effettivamente, fosse arrivata al reale destinatario, cosa sarebbe potuto accadere? Non lo posso sapere, perché sto parlando di un passato completamente ipotetico. Sicuramente, però, qualcosa sarebbe cambiato e non solo nella mia vita e in quella della mia ragazza, ma anche in quella di tutte le persone che avremmo incontrato. Di fatto avremmo cambiato il corso degli eventi. Sì, noi due, piccole formiche in un mondo troppo grande.

Definizione di futuro
Il futuro, quindi, è un concatenamento di coerenza e azioni, che unendosi e agendo insieme permeano la nostra esistenza. Eppure, nel senso stretto del termine, il futuro non esiste, ma è solo un sogno della nostra mente, che deve basarsi su fatti reali per sussistere. Nel caso contrario, tutti noi cadremmo in quella che a tutti gli effetti si può definire una selva dantesca.

Pensiamo alla tragedia di Superga: il Grande Torino, una delle squadre più forti della storia del calcio, venne spazzata via il 4 maggio del 1949. I sogni, le speranze, il futuro di un’intera generazione resi vani, schiacciati da un destino impotente, distrutti per sempre. Nessuno dimenticherà mai questi eroi, eppure il loro futuro sarebbe dovuto essere di vittorie. A dimostrazione che il nostro pensiero può immaginare, sognare, ma non può decidere il futuro, che è unicamente deciso dalle nostre azioni e da quelle di coloro che ci circondano. Nel caso di Superga potrebbe essere stato un malfunzionamento causato da una poco attenta revisione, o semplicemente un pezzo assemblato male. Oppure, ancora, un errore dell’indicatore d’altezza, che avrebbe indicato un’altezza di 2000 metri a fronte dei 600 effettivi. Oppure lo stesso pilota, in un attimo di incertezza, aveva abbassato la concentrazione e “dimenticato” che davanti si sarebbe ritrovato quella maledetta collina. Immaginare gli ultimi momenti dei calciatori è straziante, senza dubbio: quegli sportivi straordinari stavano parlando insieme, forse della partita, oppure forse stavano scherzando su chi fosse stato più scarso o chi ancora avesse paura di volare, seduti sui sedili dell’aereo che li stava riaccompagnando nelle rispettive case dopo una lunga trasferta a Lisbona. Presto avrebbero finalmente rivisto e riabbracciato le loro mogli e le loro figlie, mentre i più giovani, ancora celibi, si sarebbe uniti in sfrenate notti d’amore alle loro giovani compagne, non curanti della tanto ferrea quanto impalpabile tradizione cristiana.
Tutti stavano pensando al loro futuro, che gli venne brutalmente strappato dalle mani, mentre la loro anima lasciava per sempre il loro corpo, rifugiandosi in un luogo che noi mortali non possiamo conoscere, non ancora, almeno. Loro non ne avevano colpa, non avevano in alcun modo voluto quel futuro terribile, ma qualcuno, involontariamente o volontariamente, l’aveva deciso. In un secondo un futuro di gioia si era trasformato in un presente di sofferenze atroci, di grida disperate, prima del nulla. Un silenzio assoluto, sulla collina di Superga. Nessuno poteva sentire, perché tutti, ormai, erano morti, e il calore delle risate aveva lasciato il posto a un violento silenzio.

Due giorni fa si è tenuto il 71esimo anniversario della Tragedia di Superga, giustamente celebrato su questa piattaforma. Nessuno di noi ha dimenticato quei giocatori, benché pochissimi di noi li abbiamo effettivamente visti. La memoria che ci viene tramandata, dopotutto, ha il potere di farci immaginare storie meravigliose e giocate straordinarie, che forse non sono mai avvenute. Una sorta di “futuro al passato”, ovvero un qualcosa che immaginiamo sia successo, ma in verità non è mai accaduto. Oppure è accaduto, ma in modo completamente diverso rispetto a quello che ci immaginiamo.
E noi stessi, in un certo senso, pensando al passato, pensiamo al futuro, poiché un pensiero che progredisce, una storia che va avanti, sopravvive al tempo e diventa eterna, immortale. E quindi si cementifica nel futuro.

Sembra superfluo pensarci, ma gli unici fatti che sicuramente saranno tali nel futuro sono quelli del passato, perché il futuro, come si suol dire, è tutto da scrivere, mentre gli eventi passati e le loro ricorrenze sono sicuri, perché sono già avvenuti. Di fatto il futuro è solo il prolungamento del nostro pensiero, perché esiste solo ciò che adesso è: tutto ciò che è stato e che ora non c’è più non esiste, come tutto ciò che ci sarà. La nostra coscienza, come ho detto sopra, ci fa credere di quello che potrebbe succedere, benché noi fisicamente non possiamo sapere quello che succederà, ma possiamo in qualche modo condizionarlo.

Il nostro futuro
Il COVID-19 ci deve far pensare a come scriveremo il nostro futuro. I meno giovani, forse, penseranno che il loro contributo sia inutile, ma, come in una squadra di successo ci vogliono sia giovani talenti sia giocatori esperti, così nella vita bisogna giocare tutti “di squadra”. Nel presente ognuno pensa a come sopravvivere nel migliore dei modi: che l’altro resti indietro e non riesca a sopravvivere, non è affar nostro. È un istinto di sopravvivenza, normalissimo, bestiale. Ma noi siamo bestie, e in quanto tali assumiamo comportamenti che ad un occhio prettamente razionale potrebbero apparire folli, mentre tali non sono, perché se siamo arrivati fino ad oggi sopravvivendo è proprio grazie a questo istinto primordiale. Il problema è che ora, che siamo una società “civilizzata” (o almeno pretendiamo di esserlo), un comportamento del genere non è più accettabile, né moralmente né razionalmente né bestialmente parlando.
Ognuno deve contribuire al bene stare dell’altro, indipendentemente da chi sia il “colpevole primo”. Ma non è questo di cui voglio parlare, ma del nostro futuro.

Ora, immaginiamolo nella maniera più razionale e fredda possibile: probabilmente i più cinici immagineranno un mondo post-apocalittico, in cui magari è anche iniziata un’ipotetica terza guerra mondiale fra Cina e Stati Uniti. I meno cinici immagineranno una grave crisi economica da cui comunque si ripartirà. Altri ancora, invece, collocati nel “giusto mezzo” del buon vecchio Aristotele penseranno, appunto, ad un “giusto mezzo” fra due visioni completamente opposte.

Nessuno di questi, però, riuscirà a pensare e a immaginare il futuro per quello che effettivamente sarà, per i motivi che ho sopra citato. Per questo, nonostante analisti, economisti, politici e medici, non è detto che il futuro sia così. Loro sono persone come noi, alcune più potenti, alcune meno potenti. Ma l’influenza che abbiamo sul futuro, nel senso più stretto del termine, è la stessa e tutti noi possiamo contribuire a renderlo meraviglioso, se vogliamo. Perché quel futuro di cui parlo, presto sarà presente, e dopo appena un secondo sarà passato. Di fatto non vivremo mai nel futuro, ma sempre nel presente, poiché la nostra natura umana non ci permette di stare in due luoghi contemporaneamente.

Calcisticamente parlando, vale lo stesso: le squadre che ora sono fortissime non vuol dire lo siano in futuro, e ciò dipende quasi unicamente dalle loro scelte. Questo articolo, nella mia idea originaria, sarebbe dovuto essere incentrato sulle 5 squadre del futuro, ma alla fine ha preso questa deriva, quasi involontariamente. Non temete, arriverà anche l’altro articolo... forse.

E pensate al presente, prima che al futuro. Anche se il momento in cui penserete al presente sarà già futuro, e viceversa.

 

Federicoz