Un argomento tremendamente aristotelico. E sì, non la smetto di pretendere di essere un filosofo. Che poi manco mi piacesse sta filosofia. Eppure, pretendo di filosofare. O magari di psicanalizzare? Ah, non importa. La mie solite elucubrazioni mentali mi stavano facendo divagare. Ma ehi, tu, cosa c... cavolo te ne frega? Nulla? Esatto! Quindi vedrò di iniziare questo articolo il prima possibile, se la mia mente me lo permetterà (e se ne avrò voglia, ma quella, si sa, non manca mai quando c'è da scrivere per hobby. Già per la scuola, questa voglia comincia a latitare. Poi se è un qualcosa di obbligatorio, ciao proprio. Ecco, l'ho rifatto. Buona fortuna lettore).

Come il titolo ha già predetto, oggi voglio trattare un argomento di cui sicuramente molti di voi hanno già parlato, o che discutono spesso nei bar. Insomma, voglio parlare dei tanto bistrattati "se" e dei maledetti "ma", con cui di sicuro non si vincono i campionati e nemmeno le schedine. Quello che spesso viene messo da parte, etichettato come non calcio, come pure e mera fantasia, è la potenzialità di una squadra. Ciò che potrebbe essere in potenza, se tendesse con forza al fine. Se vedesse questo fine con chiarezza. E soprattutto se tutti i giocatori e tutti i collaboratori tecnici vedessero questo benedetto fine.

Un'analisi filosofica, psicanalitca e tecnica, che ci porterà all'interno delle squadre del nostro campionato. Squadre che spesso definiamo come scarse o forti, ma che sono tutt'altro. Una squadra di calcio, ancor di più se di prima categoria, è una vera e propria comunità, in cui vi sono i capi, i vassalli e i servi. Una visione prettamente feudale, che purtroppo si riscontra in moltissime realtà. E in un certo qual senso, si potrebbe dire che il calcio sia lo specchio della società, dei suoi problemi e dei suoi vantaggi (per pochi o per molti?). È così è, soprattutto nel calcio italiano, uno dei meno democratici. Ma qualcuno, negli ultimi tempi, sta provando a smuovere i cardini di quello che potrebbe essere definito il vero "feudalesimo del calcio italiano".

L'analisi verrà svolta con le squadre in ordine alfabetico, senza alcuna classifica. Si prenderanno in considerazione tre aspetti societari e più oggettivi: rosa, società, situazione attuale. Si prenderanno poi in considerazione due aspetti più soggettivi e nascosti: limiti e possibilità (entrambe sono analisi filosofico-psicanalitiche). Infine verrà preso paragonata la situazione attuale con quella potenziale, e ne uscirà un voto, una sorta di pagella. Questo è il primo capitolo di una serie che conterà una squadra ad articolo, per dare a ciascuna lo spazio che merita, democraticamente. Perché non è vero che il Milan merita di più del Cagliari! Buona lettura a tutti!

ATALANTA

Rosa
: la Dea dispone di una delle rose maggiormente valorizzate di tutto il calcio europeo. Nonostante la scarsa presenza di nomi importanti, i giocatori presenti sono riusciti ad affermarsi nel calcio che conta grazie a risultati straordinari, merito del grande Gasperini. Gomez, Ilicic, Zapata, Muriel e Freuler sono alcuni dei giocatori mai esplosi che con Gasp sono diventati fra i migliori interpreti della Serie A.

Società: la situazione societaria degli orobici è una delle più stabili d’Italia. Percassi, Sartori e Zmagna controllano un club dal bilancio in positivo, che fa delle plusvalenze il suo guadagno più stabile e sicuramente anche più redditizio: basti pensare ai vari Cristante, Mancini, Kessiè, Caldara, Spinazzola, Kulusevski, Barrow: e la lista potrebbe essere molto più lunga. La partecipazione alla Champions ha poi portato ulteriore liquidità, che potrà solo che aumentare con il proseguimento del suo percorso.

Situazione attuale: che dire? Diciamo che il quarto posto in classifica e i quarti di finale praticamente ipotecati parlano da soli. Una delle migliori stagioni della storia atalantina, se non la migliore, e il sogno (sicuri sia tanto irrealizzabile?) di arrivare alle semifinali di Champions League. Intanto la qualificazione alle coppe europee dell'anno prossimo è praticamente sicura, e anche il prossimo calciomercato promette bene per le casse di Percassi. Una situazione che definire rosea è un eufemismo, per questo la potremmo definire, coniando un neologismo, orobica.

Limiti: al momento i limiti non sembrano far parte della sfera atalantina, ma potrebbero ben presto divenire l'unico ostacolo alla definitiva affermazione di questa squadra nel calcio che conta. E il vero limite dell'Atalanta potrebbe diventare lo stesso modello che l'ha resa grande, ovvero la compravendita dei talenti. In effetti, le similitudini fra l'attuale squadra di Percassi e l'Udinese dei primi anni 2010 sono molte: entrambe le squadre sono, diciamo, squadre storiche della Serie A, che tuttavia non avevano mai raggiunto prima posizioni di rilievo. Entrambe poi sono diventate grandi grazie al talent scouting, che a Udine ha portato giocatori come Sanchez, Cuadrado, Di Natale e Muriel. E lo stesso discorso vale per l'Atalanta, solo che non abbiamo ancora avuto modo di vedere la sua parabola discendente, per un motivo molto semplice: la squadra è giunta a questi risultati da poco, quindi è ancora sulle ali dell'entusiasmo e può giocare con spensieratezza, senza preoccuparsi di raggiungere determinati risultati. Ma nei prossimi anni sarà decisamente interessante seguire lo sviluppo della squadra di Percassi, che dovrà cercare di uscire dallo stereotipo del "bazar dei talenti", perché ogni storia, per quanto magica, prima o poi finisce. E ogni bazar, per quanto esotico e fornito sia, non può durare in eterno. Ma queste sono questioni chiare, per cui non bisogna ragionarci più di tanto sopra.

Molto più particolare e interessante, invece, è la bolla gasperiniana che è stata creata intorno ai giocatori nerazzurri. Mi spiego meglio: quasi tutti i calciatori ex-Atalanta, una volta spiccato il volo verso squadre più blasonate, non sono riusciti ad esprimersi al massimo. Quasi come se fossero ancora legati al loro padre calcistico, Gasperini, e non riuscissero ad adeguarsi ad un nuovo patrigno. Insomma, l'Atalanta, più che una rampa di lancio, sembra una prigione per i calciatori. Anche qui, mi spiego meglio, per evitare di essere frainteso: l'Atalanta è un modello meraviglioso, sostenibile e magico, finché tu giocatore non giochi in prima squadra ed entri nelle rotazioni di Gasperini. Una volta che hai assorbito quell’idea di calcio, non te ne dimentichi più, e inconsciamente ripudi qualsiasi altra visione calcistica. E non è solo questione di tempo o di schemi. Basti vedere Cristante e Conti: se nel 3-5-2 sembravano due fenomeni sul punto di esplodere, al Milan e alla Roma hanno mostrato tutti i loro limiti. Come se, appunto, non riuscissero a togliersi di dosso una determinata idea di calcio. E anche qui, non sto parlando di ruolo o non ruolo, perché so che Conti nasce come esterno destro, ma tutte le volte che l'ho visto giocare terzino destro ho visto paura nei suoi occhi, una sorta di inconscia repulsione verso il gioco della propria squadra. Proprio come quando un bambino viziato non riesce a staccarsi dai genitori iperprotettivi. Cosa che l'Atalanta non è, perché pur sembrando un luogo sicuro e sano dove crescere ed affermarsi, comincia sempre di più a sembrare un allevamento intensivo di talenti e giocatori che sembrano perfetti, ma non lo sono.

Perché Gomez, Zapata e Ilicic non si sono affermati altrove? Perché a loro manca qualcosa o perché Gasperini è stato bravo a tirare fuori da loro ogni singolo grammo di talento? Una domanda che probabilmente rimarrà a lungo senza risposta. Casualmente invece Kulusevski e Barrow, che non sono mai entrati perfettamente nelle rotazioni (per motivi differenti) di Gasperini, si sono affermati altrove, dimostrando di avere le qualità per giocare in ogni piazza. Un caso, apparentemente, che però potrebbe essere molto di più.

Possibilità: anche qui, le possibilità in potenza sono enormi. E paradossalmente la bolla gasperiniana potrebbe anche essere una possibilità. Rendendo i giocatori dipendenti da lui, Gasperini attua un processo in cui ogni singolo giocatore lo vede come suo padre calcistico, che si trasmuta in un padre vero e proprio. E per un padre i giocatori sarebbero disposti a morire in campo. Per questo l'Atalanta "non muore mai", e nemmeno sul 4-0 si ferma, come dimostra la goleada con il Milan. Questo potrebbe diventare molto importante in chiave futura, quando le partite diventeranno più complesse. E Gasperini, estraendo quindi il massimo da ogni suo giocatore, ricava una squadra che non ha rivali in campo.

Facciamo un breve conto: immaginiamo che il talento sia quantificabile con un numero e che questo numero sia compreso fra 1 e 100. Immaginiamo che l'allenatore dell’Atalanta tiri fuori da ogni giocatore il 100% del suo talento (es. Freuler ha 50 di talento e Gasperini gliene fa esprimere 50). è meglio un giocatore che esprime il 100% del suo talento, anche se non è molto, o un giocatore che esprime il 50% del suo talento che è molto? Matematicamente parlando, la risposta è logica: uguale. Ma in termini calcistici non è così, perché un giocatore che dà tutto sul campo si nota. E non solo si nota, ma spinge anche gli altri giocatori a dare tutto. Questo è un semplice processo psicologico, che porta ogni individuo competitivo a seguire l'individuo più competitivo. E se un giocatore non è così competitivo? In quel caso il sistema Gasp crolla.

In effetti, il calcio dell'Atalanta assomiglia al totalvoetbal degli anni 70. Ogni giocatore corre per tutti gli altri, e, saltato uno schema, se ne riforma un altro. Ogni giocatore poi deve essere capace di giocare in ogni ruolo, per sostituire un suo compagno eventualmente fuori posizione. Ecco, l'Atalanta non è ancora giunta a quel livello, ma la spettacolarità c'è. Il divertimento, seppur apparente, c'è. E dico apparente perché i giocatori nerazzurri mi sembrano più soldatini molto obbedienti che giocatori spensierati e senza timore. È una tesi molto dura e critica nei confronti di una delle squadre che amo di più, ma personalmente vedo questo nei giocatori di Gasperini. Con ciò non voglio dire che non giocano liberamente, perché basta guardare la bellezza del gioco di Josip Ilicic, probabilmente il mio giocatore preferito, per capire che i giocatori dell'Atalanta sono degli artisti del pallone, che sotto il mecenatismo di Gasp sono esplosi. Il problema è questo: Gasp è un mecenate, non una persona che li fa giocare in modo disinteressato. Artisticamente parlando, Ilicic è un Botticelli, che sotto la dinastia medicea è riuscito ad esprimere il massimo dell’arte rinascimentale, mentre con l’avvento di Savonarola è ritornato sui suoi passi medievali. Ecco, Gasperini è Lorenzo de Medici: pur forzando un giocatore ad esprimere il massimo, che non è gesto positivo perché va contro la volontà del giocatore stesso, gli fa esprimere il meglio, che è un fatto positivo, almeno ai nostri occhi.

Ma quindi questa forzatura è una possibilità o un limite? Sicuramente una possibilità, pur essendo ben celata sotto la leggenda della squadra libera e spensierata: l'Atalanta è tutt'altro. Infatti qual è il giocatore tipico degli orobici? Quel giocatore che non è mai riuscito ad esprimersi e che cova un profondo sentimento di rivalsa verso tutti. Kulusevski e Barrow, invece, avevano tutta la loro carriera davanti ed hanno preferito trasferirsi. Ovviamente questo stereotipo ha le sue dovute eccezioni, ma spesso (sin troppo) le cose vanno così a Bergamo. Per concludere, voglio fare i miei più sinceri complimenti a Gasperini e Percassi per ciò che hanno creato, ovvero una squadra capace di sconfiggere quel triste feudalesimo che aveva fatto sprofondare il calcio italiano. Nonostante abbia forzato (inconsciamente) dei giocatori a diventare quello che non erano, Gasperini rimane un grande allenatore, che però si è dimostrato tale solo in una situazione particolare. E sia lui sia l'Atalanta meriterebbero altre righe, altri libri, altri anni per essere studiate. E ritornando sui miei passi, le possibilità dell'Atalanta sono i suoi stessi limiti: starà a giocatori ed allenatore decretare cosa seguire. Sarò di parte: speriamo le possibilità.

Voto situazione attuale vs potenziale: 9

Federicoz