Pazza Inter, amala” recita uno dei tanti motivi che inneggiano alla gloria nerazzurra. La follia. Questo è sempre stato il principale marchio di fabbrica della Beneamata che, nel tempo, l’ha contraddistinta dal rigore sabaudo tipico della più acerrima “nemica”, la Juventus. Milano e Torino rappresentano realtà molto diverse. Il Capoluogo Piemontese è stata la prima Capitale Italiana. Ha costantemente avuto un’etichetta di grande austerità. Anche l’architettura la disegna così. Si pensi ai lunghi viali molto simili che la caratterizzano con i loro immensi portici. La Mole Antonelliana è un’enorme struttura piuttosto moderna che pare manifestare prestigio e potere nella sua fredda immensità. E’ scioccante pure la glaciale vastità di Piazza Vittorio Veneto che, giungendo dal Po, apre alla Città segnando il confine con la zona collinare. Da lì si può osservare la maestosità di Superga. Viaggiando lungo l’A4 e attraversando la parte nord della Pianura Padana si raggiunge Milano che delinea lo scorrere eraclideo opposto alla stasi parmenidea di Torino. La metropoli lombarda raffigura il business e la moda. Per carità, nessuno vuole negarle il valore artistico. Mi riferisco, per esempio, al Duomo, al Castello Sforzesco o alla Pinacoteca di Brera, ma ciò che effigia questo luogo, nell’immaginario collettivo, è la vita frenetica, quasi folle, di un popolo che non dorme mai. Lavorare, lavorare, lavorare… e divertirsi la notte. Così le compagini sembra abbiano assunto la mentalità della zona di provenienza. I “soldatini” della Vecchia Signora seguono programmi rigidi e ferrei senza mai sgarrare. Dall’altra parte, ecco la “Pazza Inter”.

La biglia e il piano inclinato

Mi auguro che nessuno possa risentire del mio incipit. Ha un valore puramente descrittivo, senza giudizi. Non esistono gli stereotipi e proprio questa stagione calcistica pare averlo dimostrato. La Beneamata si è juventinizzata e ha vinto. I bianconeri hanno assunto la follia tipicamente interista e hanno perso. La storia comincia nel 2018 quando i sabaudi acquistano il cartellino di Cristiano Ronaldo. Ma come? Di solito sono i lombardi a compiere certi colpi di testa. Cento milioni di euro per un uomo di 33 anni? Ma davvero? Eh sì! The GOAT sbarca a Caselle il giorno della finale del Mondiale in cui la Francia di Pogba disintegra la Croazia. Quanto sono strane le coincidenze… Il Polpo arrivò in Piemonte nell’estate del 2012 a parametro zero. Era un ragazzo di 19 anni, nato nella banlieue parigina di Lagny-Sur-Marne, che militava nel Manchester United. A differenza del duo composto da Marotta e Paratici, Ferguson non aveva creduto in lui e l’aveva lasciato partire per l’Italia a parametro zero. Da uno “scarto” dei Red Devils, che poi si è rivelato un campione devastante, al più grande calciatore di tutti i tempi. Paul era giunto gratis percependo uno stipendio misero. Non voglio mancare di rispetto a nessuno. L’aggettivo è riferito al confronto con i colleghi perché, in quel mondo, si colgono ingaggi fuori portata. Con CR7, la Vecchia Signora acquista un brand pagandolo a peso d’oro e dovendo sborsare l’ira di Dio per mantenerlo. Capite che qualcosa non torna. Questi erano i tipici atteggiamenti interisti che preferivano andare sull’usato con cifre esorbitanti rispetto ai giovani da crescere. Penso a Crespo o Batistuta. L’allora a.d. Marotta si pone delle domande. Probabilmente comprende che la sua figura, in casa Juve, non ha più grande utilità. Nota che Agnelli e Paratici sono cresciuti e lo spazio di manovra è ridotto. Un sabato di ottobre, dopo una vittoria 3-1 sul Napoli, annuncia l’addio. Come raccontato ai microfoni di SkySport, 24 ore più tardi viene contattato da Steven Zhang, presidente dell’Inter, che lo convince a tingersi di nerazzurro. Avete presente la biglia che corre su un piano inclinato? Ecco, quello è stato il cricco.

Lentamente cambia tutto. La Vecchia Signora targata Cris vince la Supercoppa Italiana e lo Scudetto, ma non centra né la Coppa Italia, né, soprattutto, la Champions. Allegri saluta. Ora serve la mentalità internazionale. Chi la può portare se non Sarri? Il toscano è il fresco trionfatore dell’Europa League con il suo Chelsea. Il Sarrismo, però, è distante anni luce dal descritto DNA bianconero. Da alcuni, il Comandante viene rappresentato come il Che del pallone. Insomma, non propriamente vicino all’idea di football degli Agnelli. La tuta e il mozzicone di sigaretta in bocca, qualche espressione colorita… Il tecnico di Figline non è un’aziendalista. Il matrimonio è complicato. E a Milano? Marotta comincia a fare la voce grossa. Da il benservito a Spalletti e sceglie Antonio Conte, juventino DOC. E due… Il pugliese si presenta alla Pinetina con un dictat che non nasconde ai media. L’Inter non sarà più pazza, ma forte nella sua razionalità. “Testa bassa e pedalare”. Il salentino desidera uno spogliatoio super coeso. Dimostrazione concreta? Via Nainggolan, Perisic e capitan Icardi con la sua Wanda. Claro? L’avvio, però, è ancora a tinte bianconere. Una pesante polmonite colpisce Maurizio che deve seguire da lontano le prime 2 giornate di campionato in cui la Vecchia Signora mostra già sintomi di follia. E’ in vantaggio 3-0 sul Napoli, ma si fa raggiungere sul 3-3 per poi conquistare una rocambolesca vittoria all’ultimo secondo. La stagione scorre con i piemontesi che sembrano “aziendalizzare” il loro mister. Sarebbe dovuto accadere il contrario. Sull’altra sponda, invece, Conte esce dalla Champions e in serie A non tiene il passo. Qualcuno mugugna. Lui urla e si smania facendo notare che il gap con il principale avversario è ancora enorme. E’ storico lo sfogo durante il quale chiede come sia possibile ottenere grandi risultati immediati a livello continentale con ragazzi del calibro di Barella o Sensi. Sono forti, ma devono tramutare la potenza in atto. Giunge il lockdown e tutto si blocca.

L’estate risveglia la società e pure il pallone. Sarri perde la finale di Coppa Italia contro i partenopei, ma conquista lo Scudo con 3 turni di anticipo. Conte lotta e si barcamena in campionato chiudendolo al secondo posto. Sapete qual è il distacco tra la sua Beneamata e i piemontesi? Un misero punticino. Direte: “eh vabbè… La Vecchia Signora ha perduto le ultime 2 con il titolo in tasca, mentre l’Inter le ha vinte”.Vero, ma è un segnale. Il divario si è ridotto. La Juve sbanda in Champions. E’ fuori dalla kermesse agli ottavi. L’Inter, invece, si qualifica per le fasi finali di Europa League. Raggiunge l’ultimo atto di Colonia dove viene sconfitta dal Siviglia. Ma la crescita è una curva che sale in maniera esponenziale. Il calciomercato capovolge i bianconeri. Via Sarri, Matuidi, Pjanic, Costa e Higuain. Khedira è ai margini della rosa. Emre e Mandzukic avevano già salutato l’armata. Dentro, tra gli altri, Arhtur, Mckennie, Chiesa e Morata. Il nuovo allenatore è un debuttante: Andrea Pirlo. Conosce il calcio a menadito e pure lo stile Juve. Come emblema di Marotta, l’Inter compie cambiamenti che definirei chirurgici. Perisic resta nella truppa e in mediana arriva Vidal. E tre! Questa Beneamata è sempre più tinta di bianconero.

Inizia la stagione 2020-2021. I piemontesi non partono forte. Saltano un giro contro il Napoli e ciò potrebbe averli ingannati. Sì, perché durante tutto l’anno si è pensato che il distacco dalla vetta fosse viziato da quell’asterisco di fianco ai punti bianconeri. I sabaudi lasciano lunghezze in provincia come a Crotone e Benevento o contro l’Hellas. Vengono disintegrati a domicilio dalla Fiorentina, ma anche l’Inter non viaggia così spedita. La Vecchia Signora vola in Champions. Forse è distratta? Occorre ricordare l’intensità molto più elevata con cui si disputano le gare di coppa rispetto al passato. La Beneamata esce dall’Europa. Insomma, se confrontati a un anno prima, i lombardi paiono persino regredire. Chi pensa che si fossero arresi e avessero capitombolato sui loro mali non conosce Conte. Quella clamorosa defaiance rappresenta il punto di svolta. La squadra sente il rumore del nemico e si unisce come farebbe con il cemento. Devasta la Juve. “Maresca, sei sempre Tu” grida il Capitano facendosi espellere nell’ultimo match di andata contro l’Udinese. E’ un’altra delle sue geniali trovate comunicative per creare empatia? Non lo so. Ciò che noto è lo scatenarsi dell’inferno. Da quel momento, i suoi uomini vincono 11 gare consecutive e creano quel solco irraggiungibile per chiunque. Una prova di forza tipicamente sabauda. La Juve, invece, si perde nei meandri della sua mente. Un tratto che di solito appartiene alla “Pazza Inter. I bianconeri sembrano perennemente convinti di colmare il gap in serie A e si concentrano sulla Supercoppa Italiana. Battono il Napoli. Poi sulla Coppa Italia dove superano il turno eliminando proprio Conte che non la prende troppo bene. Un altro stimolo per il campionato? Penso di sì. Da ultimo si focalizzano sulla Champions, ma escono con il Porto. Il colpo è troppo duro e non si riprendono più.

La pazza Juve e l’Inter sabauda

Si non potes inimicum tuum vincere, habeas eim amicum” disse Giulio Cesare. “Se non puoi batterli, unisciti a loro”. Più o meno, la traduzione suona così. L’imperatore lo disse due millenni or sono, ma rischia di essere un aforisma ancora molto valido e pare che Zhang l’abbia seguito alla lettera. Qualcuno potrà criticarne il costume. Detto che “il fine giustifica il mezzo”, pare non essere il massimo dell’onore sconfiggere il nemico portandoselo a casa. Non è questa, tuttavia, la fattispecie. Il cinese ha mostrato immensa astuzia e umiltà. Ha compreso che avrebbe avuto necessità di essere coadiuvato e si è contornato di una personalità come Marotta. Si è fidato di Lui nella scelta dell’allenatore. Ha impiegato poche ore a raccogliere “lo scarto” bianconero che si è mostrato un autentico fuoriclasse. Ora è rimpianto da molti tifosi juventini. Ha accettato Conte facendolo ingoiare e digerire a parecchi supporter lombardi che vedevano nel pugliese uno dei più acerrimi nemici. Ha saputo reggere l’urto di un mister che ha criticato in maniera fervente la società e in quel “Patto di Villa Bellini” probabilmente è riuscito a trovare la mediazione. Come fanno i grandi. Non si è mostrato permaloso o restio. Nonostante tutto, è stato in grado di tenere la barra diritta e di credere in un progetto che aveva tutte le prerogative per risultare importante. La classica mentalità della Vecchia Signora che solitamente riesce a pescare le giuste idee per poi portarle avanti anche nel cuore della diffidenza altrui. Mi torna alla mente il caso Allegri. Moratti ha sostenuto che l’Inter ha dejuventinizzato Conte. In realtà credo che, insieme a Marotta, il pugliese abbia juventinizzato la Beneamata. A ciò si deve aggiungere l’infinito lavoro di Oriali che sembra essere risultato fondamentale nello stare vicino al gruppo, nell’insegnare cosa significhi la vittoria e probabilmente nel dettare i crismi dell’anima nerazzurra.

I bianconeri hanno fatto come Icaro. Hanno osato troppo. Hanno cercato di modificare il loro DNA allontanandosi esageratamente dalle radici. Hanno perso lungo il cammino un dirigente formidabile come l’ex ad. Hanno provato a europeizzarsi spendendo cifre immani, ma si sono avvicinati tanto al sole. Le ali si sono sciolte e sono piombati fragorosamente al suolo. Atteggiamento che ha fatto parte della storia nerazzurra. Ci sta. Per carità. Si parla di una società che vince almeno un titolo da 9 anni consecutivi. In questo lasso temporale ha posto in bacheca altrettanti Scudetti, 5 Supercoppe Italiane e 4 Coppa Italia. Il 19 maggio si troverà a disputare la finale di quest’ultimo trofeo e potrebbe così arricchire ulteriormente il suo palmares.

E adesso?

Cosa fare ora? Non punterei un penny sul fatto che Conte resterà sulla panchina della Beneamata. Penso di conoscere il salentino e so per certo che vorrà garanzie sia dal gruppo che dalla società. Sono sicuro che non finga quando afferma di non avere risposta. Si sta godendo il momento. All’inizio della prossima stagione mancano circa 3 mesi e mezzo. Il tempo non difetta e, dopo un tour de force senza interruzioni durato praticamente da 2 anni, avrà staccato la spina. Presto, però, parlerà con la dirigenza e i suoi ragazzi per comprendere se la prima potrà rinforzare la rosa. E’ chiaro che finirà l’effetto sorpresa e vincere sarà operazione ben più complessa. I tifosi chiederanno anche altri traguardi internazionali. Dai suoi uomini, invece, cercherà di capire se saranno ancora pronti a reggere i metodi martellanti. Poi, analizzerà se stesso e alla fine deciderà il da farsi. In ogni caso, la società dovrà riuscire a bilanciare la sua nuova identità con la vecchia perché nessuno è capace di stare troppo a lungo al di fuori del proprio io. La Juve, dal canto suo, aveva provato a ritrovare il DNA tramite Pirlo. Il tecnico non ha fallito sotto l’aspetto tattico perché il calcio liquido è un’idea interessante. Non è riuscito, però, nella comunicazione. Ciò ha determinato la mancanza di risultati e la conseguente assenza di empatia con l’ambiente. Anche la Vecchia Signora, quindi, dovrà essere brava nel ritrovare le proprie radici senza dimenticare quanto di buono hanno mostrato le ultime annate. Queste, infatti, hanno donato un insegnamento fondamentale. In medio stat virtus. Non ci si può alienare completamente per la novità, ma nemmeno chiudersi del tutto a essa. Ah dimenticavo… Ceferin e sanzioni permettendo...