Può un portiere professionista provocare - attraverso due papere clamorose - la sconfitta della propria squadra nella partita più importante di tutte? Difficile da credere, ma dopo quello che è successo lo scorso 26 maggio, non dobbiamo stupirci più di nulla.  L'altro grande quesito che non mi fa più dormire la notte: davvero Loris Karius è così scarso come lo ha etichettato la stampa dopo quella terribile partita? O c'è dell'altro sotto? Evidentemente a Liverpool, avendo la certezza che il portiere tedesco meriti veramente di starci a questi livelli, hanno provato a cercare una giustificazione agli errori del proprio estremo difensore. E pare che l'abbiano trovata in una presunta commozione cerebrale subita dal classe '93 due minuti prima del gol regalato a Benzema. Uno scontro - che dalle immagini sembra fortuito e di lieve entità - con il criticatissimo Sergio Ramos potrebbe aver mandato in confusione Karius, che addirittura si è sottoposto a una visita neurologica per scongiurare eventuali problemi e fugare così ogni dubbio.

Le analisi sono state caldeggiate e promosse dal club stesso, che ha organizzato un incontro tra il suo tesserato, in vacanza negli States (il giusto premio), e il dottor Ross Zafonte, specialista al Massachussetts General Hospital di Boston. Il responso è già arrivato(!) e da ragione ai Reds, confermando che il tedesco ha subito una forte commozione cerebrale. "I sintomi e i segnali suggerivano l'esistenza di una disfunzione spaziale-visiva oggettivamente rilevata - asserisce la nota dell'ospedale - Tale deficit potrebbe avere influito negativamente sulla prestazione". Le vicissitudini del portiere tedesco mi hanno riportato alla mente un episodio storico diventato attualissimo in questa specifica occasione. Era il 16 giugno 1815, quando Napoleone, alla stregua di un esercito tra i più grandi dell'epoca, si giocava il dominio dell'Europa (proprio come Real Madrid e Liverpool) contro prussiani e inglesi nella battaglia di Ligny, in Belgio. Napoleone, nonostante fosse il miglior condottiero del suo tempo, dovette far fronte all'inettitudine dei propri luogotenenti. Piccola chiosa: prima di iniziare col racconto, vorrei che voi faceste un piccolo sforzo d'immaginazione, cercando di paragonare Napoleone a "Momo" Salah, e uno dei suoi tenenti tremendamente inetti ed incapaci a Karius. Il primo di questi individui che portarono alla rovina il condottiero francese fu il generale Michael Ney, la cui missione era semplicissima: conquistare rapidamente il fianco sinistro, per poi ricongiungersi a Napoleone al centro, sterminando così i prussiani. Ma Ney esitò, perdendo molto tempo e permettendo ai nemici di riorganizzarsi. La seconda fase della strategia vide coinvolto il generale Drouet, l'altro protagonista in negativo della battaglia. Egli avrebbe dovuto rimpiazzare Ney e condurre i suoi uomini a supporto di Napoleone. Ma proprio nel momento cruciale - quando ormai la vittoria sembrava in pugno - Jean-Baptiste Drouet si confuse, dando ordini contraddittori ai suoi, probabilmente a causa del fatto che tali ordini - l'uno il contrario dell'altro - provenissero sia da Napoleone, sia dallo stesso Ney. Il grande generale, in groppa al suo bianco destriero, cercò in tutti i modi di mettere una toppa, ma ormai il danno era fatto. Tali infausti errori permisero ai prussiani di ritirarsi, riorganizzando l'alleanza con gli inglesi, che portò due giorni alla celebre vittoria nella battaglia di Waterloo.
L'inettitudine dei suoi due luogotenenti aveva perciò causato la prematura fine dei sogni di gloria di Napoleone, che dovette rinunciare al progetto di creazione di un vasto impero con la Francia al centro. Un po' come successo a Salah, il condottiero del Liverpool, che ha perso l'occasione di alzare al cielo la Champions, a causa dell'oggettiva scarsezza del portiere Karius.

Lungi da me voler contraddire meticolose analisi eseguite da una delle strutture più rinomate nel campo delle neuroscienze: il mio - contrariamente a quanto si possa pensare - è stato un "elogio dell'inettitudine", dal momento che ogni tanto è giusto e doveroso mettere da parte l'orgoglio, accantonando qualsiasi tipo di scusa e giustificazione, ammettendo altresì che "errare humanum est".