Carisma, passione, grinta, sacrificio ed anche un pizzico di furbizia costituiscono il ritratto perfetto dell'allenatore portoghese; se uniamo tutto ciò ad una piazza calda e storica come quella di Roma possiamo dedurre già da noi che siamo davanti ad un connubio perfetto. A conferma di ciò, come spesso capita, ci vengono in aiuto i numeri che recitano un copione tanto simile quanto bello che trova forma in due parole sold-out. 

Proprio questo è ciò che si ottiene con l'effetto Mou, allenatore capace di ripopolare una piazza come Roma non solo dal punto di vista nazionale ma soprattutto da un punto di vista europeo; e chi meglio dello special one sà bene cosa significa essere grande tra le grandi d'europa. Ma Mourinho si è distinto oltre che per la notevole personalità impressa nei giocatori anche per le grandissime doti da comunicatore al di fuori del rettangolo di gioco: dichiarazioni scottanti, complimenti ad avversari, attacchi alle terne arbitrali, insomma non si è fatto scappar nulla, ma sapevamo che Josè fosse così.

Lo abbiamo imparato ad amare e ad apprezzare già ai tempi dell'Inter dove da straordinario condottiero qual è ha portato l'Inter a toccare la vetta del mondo con lo storico triplete. D'altronde fin dagli albori Josè ci ha abituato subito ad accostarlo alla parola "vincente" e da quel momento in poi quell'epiteto non lo ha più abbandonato. 

Anche una piazza importante come Roma lo ha accolto come rè, imparando ad amarlo come si ama un re, supportandolo nei momenti bui ma idolatrandolo come se fosse un semidio nei momenti migliori e ciò conferma quanto lo spirito del portoghese abbia catturato i cuori dei propri tifosi. 

Nella serata di ieri c'è però da segnalare una piccola anomalia che ha colpito un sistema che fino a quel momento era stato pressoché perfetto: la prima sconfitta in una finale europea per una squadra guidata da Mou; ma non soffermiamoci troppo su questo quanto su un elemento che spicca in una serata dalle note dolenti e contrassegnata dalle lacrime che scorrevano interminabili sui volti dei calciatori della Roma e dello stesso Josè poi: l'unione.

Una coesione che ieri più che mai si è palesata come vincitrice morale nel modo più assoluto, con i giocatori sfiniti dai notevoli sforzi che però hanno fatto scudo fino all'ultimo istante quando la terribile lotteria dei rigori ha preso il sopravvento portando via un sogno maturato e sostenuto da tantissimi tifosi nei giorni precedenti, che pur di stare vicino alla squadra sono saliti sul volo per Budapest consapevoli di non avere il biglietto e quindi un posto assicurato sugli spalti ma ciò che più contava era esserciUnione è colei che ha tenuti incollati davanti allo schermo migliaia di tifosi riunitesi per sostenere la propria squadra, in quello Stadio Olimpico nuovamente riempito nonostante il tutto avvenisse a oltre 1200 km di distanza, ma la scena che ha catturato i riflettori è il discorso da vero leader, a dir poco encomiabile e strappa lacrime, di Josè Mourinho che a fine partita si è preso a raccolta la squadra intorno a sè dimostrando al mondo intero quanto sia importante e forte lo spirito di unione ancor più che si vinca o che si perda, risaltando ancora una volta il vero significato di questo sport: la passione che ci unisce.