Per una sera, l'Italia e l'Inghilterra sono state artefici di un gioco di parole che quasi ha sovrastato quello calcistico. L'Italia, il simbolo dell'Europa unita politicamente, l'Inghilterra, l'icona dell'autarchia se conviene e dove conviene. Ecco, la serata che ha incoronato il BelPaese ancora una volta sul tetto continentale l'ho immaginata così... con un calcio alla sfortuna e alle malattie.

Tanto per cominciare, molti concorderanno con me, c'è stato un tamtam mediatico che sta facendo ancora adesso presagire un giro di vite nelle aperture rispetto alle restrizioni sanitarie perché sale la curva... Bene, cioè male, tuttavia ieri sera, prima, durante e dopo la partita, la cosiddetta curva ha avuto un significato diverso, più bello, meno inquietante. La curva dei tifosi italiani che hanno raggiunto Wembley, ad esempio, facendo un tifo indiavolato ben sapendo che si trovavano in uno stadio che aveva un rapporto di distribuzione di forze suddiviso in 1 a 10. Ogni italiano presente allo stadio con tanto di bandiera e maglia azzurra ha avuto dieci omologhi inglesi indiavolati a tal punto da commettere degli atti riprovevoli dal punto di vista sia legale sia sportivo. Ciò che è accaduto ieri sera attorno alla sfida tra Italia e la perfida Albione (informatevi su ciò che è accaduto a Leicester Square e, poi, quei fischi rivolti all'inno nazionale...) ha gettato discredito su tutto il movimento sportivo inglese, mentre ha premiato per una volta quello, tanto vituperato, italiano.

Un'altra curva, non me ne voglia chi sta discutendo sulla famigerata Legge Zan, è stata il simbolo di una battaglia silenziosa, non sportiva, ma in cui l'Italia ha totalmente dominato l'Inghilterra. Le wags e le tifose italiane giunte a Wembley, inquadrate dalle telecamere prima, durante e dopo la partita, sono state nettamente superiori alle loro avversarie dimostrando ancora una volta che non solo in fatto di Storia ma anche in merito a bellezza il nostro Paese ha molto da farsi invidiare a tutto il resto del mondo. Forse, anche e soprattutto per troppa abbondanza, gli italiani sono portati a disprezzare o comunque a non considerare o dare il giusto valore alle cose e alle persone del loro Paese perché troppo ben abituati. Si sa che l'erba del vicino è sempre più verde però sarebbe anche ora che si accetti il fatto che l'Italia è bella e gli italiani, pur con tutti i loro difetti, sono un insieme di persone che godono spesso... di cattiva stampa.

Un altra iconica lezione, ribaltata per l'occasione dopo il fischio finale di ieri sera, è che quando gli italiani si trovano dagli undici metri a dover calciare i rigori se la fanno sotto... se perdonate il mio francesismo.
Ancora una volta la realtà supera la Storia e le attese di chi pensa di poterla dominare tanto da prevederla con anticipo. In due partite, precisamente la semifinale e la finale, l'undici di Mancini ha asfaltato due illustri avversari con precisione dal dischetto e una saracinesca in porta. Sembra così semplice, e a volte il calcio lo è, che per superare la prova dei rigori serve che i rigoristi calcino bene e che il portiere pari i tiri degli avversari. Detta così sembra una qualunque lezione calcistica di Vujadin Boškov... partita finisce quando arbitro fischia tre volte o rigore è quando arbitro fischia. Sono quasi sicuro che, seppur con parole sue, molte volte il tecnico serbo deve aver spiegato questo concetto in modo così semplice. Tuttavia, un conto è pensarlo, un altro è metterlo in pratica. Ieri sera i ragazzi di Mancini avevano la dèa del pallone che li ha coccolati fino alla fine. Si dirà che era destino ma ricordiamoci sempre da dove siamo partiti: la cinica lotteria dei rigori.

Di questi tempi, con le epidemie e i virologi che la fanno da padrone, affermare che il tifo per l'Italia è diventato virale potrebbe sembrare un gioco di parole tale da attirarsi le ire della censura sanitaria ma permettetemi, almeno voi amanti di calcio come me, di scriverlo e augurarlo con orgoglio. Gli italiani, come ho scritto, godono di pessima stampa, in genere ma non oggi. Questa giornata, come quella di ieri, passerà alla storia del calcio come quella del collettivo di Mancini senza leader in campo (ditemi un solo calciatore che si stacchi nettamente da tutti gli altri e senza il quale questa Nazionale sarebbe stata travolta già nella fase a gironi) ma solo sugli spalti (mi riferisco ai tifosi, voglio esser chiaro...) o davanti ai televisori in tutto il mondo perché oggi il colore che unisce in un solo coro tutta l'Umanità è l'azzurro e contagia con felicità e buonumore. Come è giusto che sia.

Per ultimo, debbo trattare il tema dei temi, l'ossessione del momento: la variante. Si è scritto fiumi di parole sulla variante inglese e bisogna riconoscere che Southgate per un po' di tempo ci ha marciato. Con la variante 3-4-2-1 ha subito messo in difficoltà il suo avversario e in 120 secondi ha messo Shaw davanti a Donnarumma per un rigore a porta vuota. Per tutto il primo tempo questa variante inglese è sembrata essere quella decisiva. Gli inglesi non hanno fatto i conti, però, con una qualità innata degli italiani che hanno risposto nel secondo tempo con una tutta loro. Dopo aver subito il contraccolpo della variante Delta siamo stati capaci di sparigliare le carte con la B, quella di Leonardo Bonucci, che, dopo il gol del meritato pareggio, ha fatto il gesto di sciacquarsi la bocca. Questo perché l'igiene è il primo comportamento sanitario da adottare per difendersi dal contagio e quindi dalle varianti.

In conclusione, almeno per una sera, l'Italia è stata il faro del Continente. Domani tutto tornerà come prima e i problemi che abbiamo nascosto sotto il tappeto torneranno tutti a chiederci di pagare il conto, ma oggi no.
Oggi l'epidemia azzurra è il virus più bello del mondo ed è onorevole pensare che possa contagiare tutti gli amanti del bel calcio. Fino alla prossima competizione, ovvio...