Mentre il gregge di Immuni parte alla volta dell'Empireo con le prime migliaia di volontari scaricatori, il paese dovrebbe essere scioccato dallo scandalo degli scandali, che sta portando alla luce il virus che avvelena da anni le magistrature dello Stato. 

Erano gli anni Duemila quando quel gigante della Nazione che è stato Francesco Cossiga avvertiva sul pericolo che un altro banco di virtuosi, pittorescamente guidato a suo dire da un tonno, stava arrecando all'Italia. Toni di scherno e durissimi, che lasciarono interdetta perfino la giornalista che qualche anno dopo avrebbe raccolto impassibile le ben più roboanti accuse della moglie del Presidente del Consiglio. 
In quel caso, il destinatario delle invettive mi sembrò mantenere un ammirevole rispetto delle Istituzioni che Cossiga, pur se da Presidente emerito, rappresentava. Mai avrei dunque pensato di udire dalla stessa persona quello che le mie orecchie hanno udito in questi giorni nei salotti tv di Giletti e di Vespa in merito alla commistione tra politica e magistratura, che ha addirittura portato all'utilizzo cosciente della scimitarra del diritto contro un avversario politico scomodo. 
Si tratta evidentemente di un Capro Espiatorio su cui il sistema marcio cerca di indirizzare tutte le sue colpe, come avvenuto per le due grandi inchieste giudiziarie che hanno distrutto la grandezza dell'Italia: Tangentopoli e Calciopoli. Inchieste in cui i magistrati si sono stranamente concentrati nell'un caso contro Craxi e il Partito Socialista, nell'altro contro Moggi e la Juventus. 
Se nel caso di Mani Pulite le indagini si fermarono nell'atrio di Botteghe Oscure senza riuscire a seguire le valigette, nel caso di Calciopoli le intercettazioni telefoniche furono trascritte selettivamente, lasciando curiosamente fuori quelle relative ai cosiddetti "onesti" e dando loro il tempo di sfruttare il ricorso alla prescrizione. 
Parallelismi che si incrociano in maniera inquietante in alcuni protagonisti di spicco delle due vicende, soprattutto intorno al Tribunale di Milano e a due dei suoi più illustri animatori, grandi appassionati di calcio e protagonisti di grido del Foro milanese.
Così come è curioso che uno dei Pubblici Ministeri che animava le inchieste romane su Moggi e la GEA, si dolga ora in tv del fatto che il suo nome sia stato dato in pasto al "tritacarne" mediatico e che le apparecchiature informatiche sofisticatissime degli inquirenti abbiano funzionato a singhiozzo, registrando alcune conversazioni e non registrandone altre. Lui stesso lo ha definito un contrappasso dantesco e mai espressione fu più appropriata. 
Probabilmente il suo ruolo di magistrato gli risparmierà le accuse di essere stato corrotto senza aver avuto nessuna utilità, che fu invece il teorema base di Calciopoli, in cui le utilità tangibili per i corrotti non furono mai trovate. E infatti, nel suo caso, le accuse di partenza sono state di molto ridimensionate.

Mi colpì molto, al tempo di Calciopoli, una riflessione del giurista, editorialista e funzionario sportivo Andrea Manzella. Conversando con un suo amico inglese, abituato a una diversa tutela delle libertà personali, si sentì chiedere: "No money, no girls, dov'è corruzione o malaffare?". 
La Corte Europea dei Diritti dell'Uomo si appresta a breve a spazzare via alcune sentenze di Calciopoli, assegnando finalmente alla storia l'onere di ricostruire con equità la vergogna dell'utilizzo fazioso dell'azione penale che ha caratterizzato, soprattutto dagli Anni Novanta, la distruzione scientifica di una classe politica, di un tessuto imprenditoriale e, da ultimo, del calcio italiano. 
Inchieste che, come in un misterioso filo rosso, sembrano tutte inclini a colpire selettivamente solo alcuni protagonisti del sistema, lasciando il pesante sospetto di una eterodirezione o, comunque, di una sapiente regia di quelle "menti raffinatissime" che da sempre gestiscono le cose italiane contro gli interessi del Popolo e della Nazione. 

Scrive Luciano Moggi su Libero: "Certe volte l'uomo incontra il suo destino sulla strada intrapresa per evitarlo". 
Certo, l'inchiesta di Perugia sul CSM finirà probabilmente con esiti ben diversi: vi immaginate il Presidente della Repubblica e del Consiglio Superiore della Magistratura, ex Sottosegretari di Stato, Procuratori Capo delle maggiori Procure italiane ripresi da Un Giorno in Pretura come un Pessotto o un Inzaghi qualsiasi? 

Siamo sicuri che ci verrà risparmiata la tonnara che si è nutrita col sangue di Moggi: la gogna dei potenti l'abbiamo visto già due volte, prima nella politica e poi nel calcio. 
Dopo di che l'Italia e il Calcio italiano sono sprofondati in un abisso di mediocrità da cui faticano a riprendersi e che ha fatto felicissimi i nostri "amici" europei e i loro servizi di intelligence.