Mi fanno quasi pena i tifosi juventini che si agitano per la sapiente opera di tortura che le istituzioni calcistiche stanno riservando allo Juventus Football Club. Naturalmente, quel minimo senso di equità che anima i cuori di ogni liberale, vieppiù se giurista come il sottoscritto, non può rimanere indifferente al diritto usato come scimitarra e agli odiosi capricci del machiavellico principe di turno. Ma ormai di equità e di libertà nel mondo se ne vede poca, soprattutto nell'occidente multicolore delle guerre giuste: figuriamoci nel calcio, grandissima arma di distrazione di massa, la cui funzione è da sempre distogliere per meglio togliere.

Ciò che però sfugge a questa platea di milioni di spettatori paganti - loro grande e imperdonabile debolezza - è l'origine del tutto. Solo uno stolto poteva pensare che John Jacob Elkann, sussieguoso alfiere del globalismo e aspirante membro del gotha della quarta rivoluzione industriale, potesse accettare che un Agnelli qualunque, peraltro maritato ad una donna ottomana, sperperasse il denaro di famiglia per rincorrere un sogno di vittoria sportiva. Mentre infatti il suo costoso giocattolino rosso, la Scuderia Ferrari, arrancava da decenni senza cavare un ragno dal buco, John Jacob Elkann doveva sopportare i costosi trionfi del cugino. Troppo, evidentemente. Per cui, come è stato per tutti - da Boniperti a Montezemolo, da Del Piero a Marotta - occorreva qualcosa che mutasse lo scenario per dare il benservito ad Andrea. Oportet ut scandala eveniant. Certo, sarebbe bello sapere chi ha orchestrato una trama così goffa: il Libro Nero di FP quasi ostentato dal povero dirigente, che con nipponica abilità si sarebbe inferto da solo il colpo di grazia; o la carta segreta cercata per mari e monti, alla James Bond, e poi trovata in bella vista in uno studio legale della società. Si dibattono i poveri tifosi juventini contro i nani falliti e i cornuti di ritorno che guidano la diuturna campagna di delegittimazione. Gli unici a non fare un fiato, però, sono la società, che i tifosi pensano di difendere, e le varie guide - tecnica e gestionale - che dovrebbero lamentarsi del lento waterboarding con cui il sistema li sta torturando. Non vedono, questi poveri tifosi, che i mandanti non sono troppo lontani e che, ora come allora, lasciano volentieri il lavoro sporco alla manovalanza di passaggio. Combattono imperterriti e invano, come quei giapponesi che non sapevano che la guerra era finita da tempo.

Cari amici juventini, la scelta è stata compiuta. Ferrari e Juventus costavano troppo e questa proprietà non sa primeggiare nel mondo globalizzato dei grandi investimenti sportivi: troppo competitivi per le limitate capacità manageriali di chi è ora al vertice, orfano del genio di Marchionne, di Giraudo, di Moggi e di Todt. Bisognava sceglierne una e ridimensionare l'altra: ora come allora, si è scelta la Juventus. Mancava solo una "talpa" abituata ad agire nell'ombra ed evidentemente è stata trovata. Come in tutti i delitti perfetti che si rispettino, il primo sospettato non può che essere il maggiordomo. Ci perdoneranno, i lettori, se non tutto ciò che hanno appena letto risponde a verità. Ce lo insegna Fedor Dostoevskij, fino a quando non verrà cancellato e messo all'indice. La verità autentica è sempre inverosimile. Per renderla più credibile, bisogna assolutamente mescolarvi un po' di menzogna.