Questo 2020 rischia di essere ricordato come uno dei peggiori per la galassia sportiva Fiat-FCA: enormi investimenti si stanno traducendo in risultati sportivi declinanti e in una svalutazione inesorabile dei due marchi Ferrari e Juventus. La proprietà si affretta a confermare in continuazione i responsabili della gestione sportiva, Binotto e Paratici, ma la semplice diligenza del buon padre di famiglia farebbe supporre tra parole e fatti vi sia una distanza ormai quasi incolmabile. In Scuderia Ferrari si è ripartiti dopo il lockdown con una scelta incomprensibile: annunciando prima di correre che il quattro volte campione mondiale Sebastian Vettel non sarebbe stato alla guida della rossa nel 2021. Ricordiamo che, prima di una rapida involuzione, il giovane Sebastian, classe 1987, arrivò in Ferrari con quattro titoli mondiali in bacheca, che ne facevano all'epoca il terzo pilota più vincente della storia. Coetaneo di Lionel Messi, Vettel era addirittura due anni più giovane di Lewis Hamilton e di Cristiano Ronaldo. In questo curioso incrocio di assi, c'è però un dato preoccupante: non appena entrati nella galassia Fiat-FCA-Ferrari-Juventus il palmares e la supremazia di Vettel e Ronaldo si sono sgonfiati a vantaggio di Hamilton e Messi. Troppo curioso per non essere una coincidenza significativa e degna di nota.

La modesta opinione di chi scrive è che la giovane dirigenza del gruppo FCA-Ferrari-Juventus abbia grandi capacità manageriali, ma una visione monotematica della gestione sportiva. Si crede che assicurando una disponibilità finanziaria crescente i risultati debbano sempre arrivare, perchè le idee sono in fondo quelle giuste. Eppure la disastrosa esperienza della prima Juventus targata Elkann-Blanc, nata da una nuova idea di sport e di calcio suggellata al Café Flore di Parigi, avrebbe dovuto insegnare l'importanza di strategie di lungo periodo che cerchino di portare innovazione prima che cambiamento. La Juventus vincente di Andrea Agnelli, costruita sapientemente passo passo negli anni con investimenti oculati e progetti tecnici ben definiti, sembra scivolata nella stessa smania ossessiva, la rincorsa alla Champions, con cui la Ferrari cerca di rincorrere il mondiale di Formula 1. Strapagando i propri piloti, da Alonso a Vettel, senza mai riuscire a dare continuità ad un progetto tecnico di lungo periodo: proprio come sta avvenendo con Ronaldo, che comunque mantiene dei numeri e un rendimento eccezionali.

Anche la storia della Champions insegna che a vincerla, di norma, sono squadre costruite nel tempo e migliorate ogni anno. Basta guardare la rosa del Barcellona e del Real Madrid, nonchè di un Liverpool costruito nel tempo a partire da una rifondazione completa. Il problema della Juventus non era certo Sarri, l'uomo sbagliato nel posto sbagliato, o la folle scommessa di Pirlo, ma la dichiarazione trionfale di Paratici di fronte al fallimento europeo della Juventus e ai bilanci molto pesanti degli ultimi anni: "Siamo in un territorio inesplorato, nessuno ha avuto un ciclo come il nostro. Abbiamo fatto due finali di Champions con circa 7 cambi, il Real le ha vinte facendone solo uno". Si tratta di un discorso che prescinde dal dato tecnico di chi sostituisce la classe di Dani Alves col compitino di De Sciglio o la velocità di Morata con gli strappi di Douglas Costa. Si tratta di movimenti di mercato che fanno più onore al bravissimo manager di De Sciglio e di Douglas Costa, peraltro vicino anche ad Allegri secondo le cronache, che al Chief Football Officer di una grande squadra europea. Esonerare Sarri, se lui l'anno scorso era davvero la prima scelta, è preoccupante. Affidare la squadra a un esordiente, come fece il Milan con Seedorf, è addirittura pericoloso. Zidane, con cui fioccano i paragoni, tra il 2009 e 2016 aveva ricoperto per 7 anni ruoli dirigenziali e di campo, prima di sostituire Benitez sulla panchina del Real.

Sic transit gloria mundi... stellantis.

P.S. Non ho mai amato Sarri, come persona e come allenatore.