Firenze, Stadio Artemio Franchi, domenica 20 ottobre 2013, ore 15:00. Fiorentina e Juventus entrano in campo per l’ottava giornata del campionato 2013-14. Ma per Firenze e per i fiorentini questa non è una partita di campionato come le altre, ed anche se non c’è ancora un esito definitivo da giocarsi, è già una partita decisiva. Per Firenze e per i fiorentini questa, come ogni anno, è la partita dell’anno.

La decisione di esserci io e i miei due fratelli l’avevamo presa da qualche settimana, si trattava di raggiungere Firenze da varie parti d’Italia, e un minimo di organizzazione ci voleva. Nel partire, benché uno dei tre fosse un ex viola divenuto bianconero col trasferimento di Baggio, eravamo tutti sicuri che sarebbe stata una bella partita. Nell’avvicinarci allo stadio, in una delle strade secondarie prese per la fretta e per evitare il traffico, campeggiava in alto uno striscione con su scritto “La settimana santa”. Si, il clima col quale la città vive l’attesa di questa partita è proprio quello della Settimana Santa, dell’attesa della Resurrezione. 

Le rivalità nella nostra serie A non sono sempre dettate da una reale competizione tra due squadre, ma da ragioni diverse, di carattere storico o semplicemente campanilistico, come avviene in ogni derby che si rispetti. Allo stesso modo, le ragioni di tanta attenzione e tanta avversione dei tifosi viola verso la Juventus non sono quasi mai dettate da rivalità di classifica, ma da fatti storici piuttosto noti a chi segua le vicende della Fiorentina, e non solo.

In principio fu lo scudetto “rubato” all’ultima giornata nel 1982. Per i tifosi viola son fatti arcinoti, per gli altri magari un po’ meno, per cui un richiamo va fatto. All’ultima giornata della stagione 1981-82 viola e bianconeri si trovavano a pari punti in classifica ed erano chiamati a giocarsi lo scudetto l’una in trasferta in casa del Cagliari, l’altra pure in trasferta in casa del Catanzaro. Purtroppo le due partite furono enormemente compromesse dalle decisioni arbitrali: a Cagliari la Fiorentina sarebbe senz’altro riuscita a portarsi in vantaggio, se l’arbitro non avesse annullato un gol regolarissimo a Ciccio Graziani. Peggio ancora a Catanzaro, dove i padroni di casa sarebbero anche passati in vantaggio se l’arbitro avesse fischiato un rigore nettissimo su Borghi, ma così non fu. Alla fine la Juventus la spuntò per uno a zero grazie ad un calcio di rigore calciato da Ljam Brady mentre la Fiorentina rimase ferma sullo zero e zero, e il terzo scudetto svanì. Le contestazioni e le recriminazioni furono furiose, nacque lo slogan meglio secondi che ladri”, ma si andò anche oltre, coinvolgendo nella disputa anche la Nazionale, che di lì a qualche giorno si sarebbe radunata a Coverciano per preparare l’avvenuta Mundial del 1982.

Ora, di titoli conquistati in maniera controversia, volgarmente “rubati”, è senz’altro piena la storia di ogni campionato, ma rubarlo alla Fiorentina che ne aveva vinto solo due, uno tredici anni prima e l’altro ventisei anni prima, rubarglielo quell’anno in cui i tifosi viola avevano perso e visto risuscitare il loro calciatore più amato, subire il furto da parte della Juventus per nulla estranea da influenze leonine sul calcio italiano, è stato un delitto vero e proprio! Una cosa indelebile per la memoria di ogni tifoso.

E così ogni anno si ripete per la Fiorentina la partita della vendetta, della giustizia divina, della redenzione alla fine della settimana santa, verso quello che più di un torto è sembrato un sacrilegio!

Negli anni successivi sono state molte le partite epiche che la Fiorentina ha disputato contro la Juventus. Bellissimo il 3-3 del 1983, con una delle formazioni viola più belle di tutti i tempi. Bellissimo il 2-0 dell’anno successivo, con Agroppi in panchina e con la cavalcata finale di Berti rimasta ancora impressa nelle menti viola. Memorabile anche il 2-1 del 1989, con gol di Baggio e di Borgonovo, su angolo di Baggio, all’ultimo minuto. 

Ma proprio Baggio sarà il secondo, grande, argomento di scontro tra la Fiorentina e la Juventus. Alla fine della stagione 1989-90, in cui le due squadre si trovarono finaliste anche in Coppa Uefa, il beniamino della tifoseria viola, l’erede della maglia che fu di Montuori, De Sisti e Giancarlo Antognoni, veniva ceduto - contro la sua volontà - proprio alla Juventus, per la somma record di 25 miliardi di lire. Inutile ricordare quanto fu accesa e violenta la reazione della città e quanto fu sofferto quel trasferimento per lo stesso calciatore. Più tardi si saprà che per convincerlo a firmare si ricorse finanche al ricatto circa la sua presenza in campo ai Mondiali che l’Italia di apprestava ad ospitare. E di lì sfide ancor più accese. La stagione successiva andò in scena il rifiuto di Baggio di calciare il rigore contro la sua ex squadra, l’errore dal dischetto del suo compagno De Agostini, la vittoria della Fiorentina con gol di Fuser, e la sostituzione di Baggio, che uscendo dal campo raccolse una sciarpa viola lanciatagli dagli spalti e, con una espressione di felicità, se la poggiò intorno al collo. Pura poesia! L’anno dopo, il 1991/92, fu 2-0 di Batistuta e Branca, e stesso risultato nel 1992/93, con firme di Laudrup e autorete Sartor. Memorabile, poi, il 3-0 del 1998 con Malesani in panchina, Batistuta e Rui Costa a dominare in campo, e a mandare in rete Firicano, Oliveira e Robbiati. Quanta poesia! Come nella stagione successiva, quando il giustiziere dei bianconeri fu il Re Leone, e fu ancora vittoria viola. Poi, tra tanti pareggi casalinghi, nel 2008 la viola colse una vittoria di grande importanza in casa bianconera, quella dei goal di Gobbi, Papa Waigo e Osvaldo. Da quel giorno Papa Waigo, sebbene estraneo a gesta sportive di pari valore, è rimasto comunque perennemente iscritto nell’albo degli eroi fiorentini. E poi la stagione 2011-12, quella del dopo Prandelli (tentato dalla Juve e dirottato in Nazionale dai Della Valle), quella di Delio Rossi che voleva addomesticare Lijaic a suon di schiaffoni, quella dell’umiliazione, dello 0-5 subito in casa proprio con la Juventus. Uno dei colpi più bassi. Se ne accorsero anche i dirigenti. Di lì a pochi mesi della formazione viola mandata in campo quel giorno non rimase nulla. Fiorentina Juventus è anche questo, se la perdi in maniera umiliante non sei degno di rimanere. E così, poco a poco, via Corvino, via Rossi, via tutti. Bisognava cancellare la vergogna, e così fu, due anni dopo, il 20 ottobre 2013.

Quel giorno il cielo era coperto da un leggero manto grigio, giusto per evitare che il sole disturbasse la visione. Lo stadio, come sempre in questi casi, era allestito a festa. Nei giorni della vigilia Conte aveva trovato il modo di partecipare al surriscaldamento degli animi e di guadagnarsi la consueta accoglienza con parrucche e gatti in testa. Insomma, era la domenica perfetta per vendicarsi, ancora una volta, della prepotenza juventina. 

Mentre i calciatori si riscaldavano eravamo tutti in piedi a scorgere uomini, espressioni, movimenti, ed i vari Pogba, Asamoah e Lorente incutevano un certo timore reverenziale al cospetto del loro fisico imperioso. 

Vicino a noi, nel parterre sotto la tribuna d’onore, rimaneva seduto, serafico, un ragazzo coi capelli lunghi, intendo a fumare qualcosa che, per comodità, chiameremo il fumatore. Qualsiasi cosa succedesse, il fumatore non si scomponeva. E di cose quel giorno ne sono successe davvero tante. 

La Fiorentina partì con grande foga, la Juventus controllava agevolmente ogni cosa, aspettando il momento giusto per infierire. L’equilibrio venne rotto dal solito rigore dubbio cercato e trovato per sbloccare il risultato. Fece tutto Tevez, che si accasciò volutamente addosso a Gonzalo, ottenne e calciò il tiro dal dischetto, e portò in vantaggio i suoi. Fin qui un film visto e rivisto tante volte in tanti stadi d’Italia. Ma subito dopo Tevez commise un errore di troppo: andò ad esultare sotto la tribuna Maratona mimando la mitraglietta, la famosa esultanza di Batigol. Un oltraggio gratuito che si pentirà di aver commesso. Passano tre minuti, uno svarione difensivo di Cuadrado manda la palla in alto alle spalle di Neto in uscita, Pogba si avventa come un rapace e la mette dentro. Due a zero, e soliti pensieri di strapotenza juventina che alla fine riesce sempre a legittimare il vantaggio dubbio, con il fantasma dello 0-5 ad aleggiare sullo stadio. Ma anche Pogba, non contento del gol e del doppio vantaggio, vuole imitare il suo compagno e va a mimare la mitraglietta di Batigol in faccia ai tifosi viola. Le offese gratuite sono quelle che rendono più appassionante la vendetta, che sarebbe arrivata, ma più tardi. Nel frattempo la viola era un poi’ frastornata, sotto di due reti pur avendo giocato alla pari, e per poco non subiva il terzo gol, se Marchisio, dopo un pregevole uno-due, non l’avesse mancato di poco buttando la palla addosso a Neto. Il primo tempo finì così, io cominciavo a pensare in silenzio che forse sarebbe stato meglio rimanere a casa, ed anche i miei fratelli fecero la stessa cosa, benché uno di loro fosse tifoso della squadra in vantaggio. In quel contesto l’unico spettacolo possibile era la vittoria della viola, vederla perdere non era piacevole per nessuno. 

In tutto questo, tra esultanze altrui e contestazioni nostre, tutte rigorosamente in piedi, il nostro vicino di posto continuava a rimanere seduto e a fumare non so che cosa. Un contegno decisamente mistico di fronte alla bolgia, alla contestazione, alla rabbia. Un uomo di fede, sicuramente!

Ed infatti il secondo tempo fu quello della Resurrezione, una delle più belle viste su questo campo. La cronaca per noi viola è nota. Cominciò Mati Fernandez, fermato fallosamente da Asamoah e Bonucci. Rigore e primo gol di Pepito Rossi, e per ora il fantasma dello 0-5 risultava scongiurato, lo stadio saltò in piedi all’unisono, ma il nostro fumatore continuava a fumare. La Fiorentina si riprese, i palleggiatori cominciarono a palleggiare, Pizarro, Borja Valero, Cuadrado, e poi a un certo punto Mati Fernandez la dà a Pepito Rossi, palombella dal limite dell’area sul secondo palo, e Buffon è beffato! Pareggio e stadio tutto in piedi. Da questo momento lo stadio era una bolgia totale, credo che anche i tifosi bianconeri, quelli posteggiati nel formaggino e quelli camuffati nel resto delle tribune, partecipassero in qualche modo al momento un po’ trascendentale, all’estasi, alla trance collettiva che coinvolgeva tutti, dagli spalti al campo. Conte e Montella neanche riuscivano a farsi notare dai propri uomini. 

L’eccitazione era totale ed assordante, e coinvolgeva letteralmente tutti, proprio tutti, tranne il nostro fumatore, seduto, ascetico, che continuava a fumare. 

Nei minuti successivi accadde l’inverosimile, divenuto nel frattempo inevitabile. Ancora grande palleggio sulla sinistra, Cuadrado tiene palla come solo lui sa fare, si porta a spasso sulla sinistra tre difensori juventini, la porge a Borja Valero, che la fa girare come solo lui sa fare, sulla destra, per l’accorrente Joaquin, che arriva tutto solo e la mette alle spalle dell’impotente Buffon. 

A questo punto la rimonta è fatta, ed anche il sorpasso, lo stadio è un delirio totale, assoluto, al salto in piedi di tutti dei 45.000 presenti si è sentito lo stadio vibrare letteralmente, apoteosi collettiva, ma il nostro vicino fumatore continuava a stare seduto e a fumare. Nella sua ascesi sapeva che non era finita. 

Ed infatti il momento più bello non era ancora arrivato. Passano appena due minuti dal vantaggio appena segnato, la Juve prova ad avvicinarsi all’area viola, Borja Valero la libera di esterno invitando Cuadrado ad involarsi verso l’area avversaria, il colombiano con tre tocchi in velocità attraversa come un fulmine tutto il campo, tre difensori lo rincorrono invano e prima che essi arrivino, porge la palla all’accorrente Pepito, che di sinistro al volo la mette ancora alle spalle del malcapitato Buffon. E qui il miracolo della giustizia in terra, della rimonta, della vendetta sul male, della resurrezione, può dirsi compiuto.  Il male è sconfitto, Tevez e Pogba restituiscono le mitragliette a Batistuta. A ciascuno il suo! L’estasi è totale ed assoluta. La settimana santa annunciata dallo striscione ha raggiunto il suo culmine. 

E sul 4-2 anche il nostro vicino di posto, il fumatore ascetico, smette di fumare, si alza e se ne va. Missione compiuta anche per lui. 

Fiorentina Juventus è così, un evento quasi religioso, vissuto come tale da una intera città.

Tra poche ore le squadre protagoniste dell’evento torneranno in campo, la Juventus come al solito per vincerle tutte, la Fiorentina ancora una volta non per contendersi un posto in classifica, ma per giocarsi l’orgoglio, l’onore, la giustizia terrena del piccolo Davide che deve battere il grande Golia. Quest’anno il principale tema di vendetta, sommato ai precedenti, è dato dal tentativo dei bianconeri si sottrarci Chiesa, come fecero con Baggio e coma avrebbero voluto fare con Giancarlo, per fortuna di tutti senza riuscirci. Quest’anno il tema nuovo è Rocco, che vuole sfidare la Juventus, anche se i mezzi - per ora - sono impari. In ogni caso la rivalità è antica, profonda, forse, al di là di tutto, legata all’eterna lotta del piccolo contro il grande, di Davide contro Golia, della giustizia contro la prepotenza.

Sul campo la sfida è di quelle impossibili, Montella la giocherà alla pari anche se pari non siamo, cercherà il possesso palla contro color che tutto possiedono. Se ci fosse Brera gli ripeterebbe che coi più forti conviene il buono e sano catenaccio seguito dal furbo contropiede,  ma inutilmente. Con Montella oggi non può essere diversamente, non gli si può chiedere di snaturarsi. Una sfida impossibile affrontata con mezzi impossibili, e sia quel che sia. In fin dei conti anche la rimonta del 20 ottobre 2013 ad un certo punto sembrava impossibile. Bisogna crederci e sperare, come il nostro vicino di posto che ha aspettato la vittoria seduto a fumare e si è alzato solo al quarto gol. Magari era veramente in ascesi o più probabilmente della partita non gli interessava nulla, ma certo è che queste partite alla fine si giocano da sole. E speriamo che ci sia ancora gloria e che Davide faccia ancora il suo contro il prepotente Golia.

Francesco Germano