Immaginate se uno dicesse oggi che il Napoli ha acquistato il miglior calciatore del mondo, diciamo Leo Messi, per settanta milioni di euro, e che l’Inter ha risposto prendendo Mbappé, il miglior attaccante europeo, mentre il Torino e la Fiorentina hanno puntato sui brasiliani ed hanno preso Coutinho e Neymar. Ed ancora, che Sampdoria e Verona tengono il passo ed hanno portano in Italia i migliori campioni europei, diciamo Hazard e Sterling, il Milan punta sugli inglesi De Bruyne e Kané. Se uno dicesse una cosa del genere probabilmente sarebbe un folle, è chiaro. Pensate se aggiungesse che la Juventus per puntare alla Champions conferma l’allenatore e la squadra dell’anno precedente, cede qualche anzianotto come Chiellini, e prende solo tre giovani italiani, magari provenienti dalla serie cadetta. Se uno dicesse questo, la follia sarebbe sicura, ufficiale! E se poi aggiungesse che quest’anno la designazione della terna arbitrale sarà fatta col sorteggio integrale, la follia sarebbe da ricovero, senza dubbio! Lasciamo perdere cosa succederebbe se si avventurasse a fare previsioni, e a dire che la Juventus arriverà in finale vincerà la Champions e che il campionato quest’anno non lo vincerà nessuna delle favorite, diciamo la Juve, l’Inter o il Napoli, ma la squadra che l’anno scorso è arrivata sesta, diciamo la Roma. A questo punto il nostro interlocutore folle sarebbe già parecchio distante dal raggio di attenzione di ogni persona dotata di normali capacità cognitive. Eppure una cosa del genere si è verificata veramente, una volta sola, nell’estate del 1984,  la meravigliosa estate del 1984. Quell'anno arrivarono in Italia, in un colpo solo, i migliori calciatori del mondo. Oltre a Diego Armando Maradona al Napoli per 13 miliardi di lire, pari a 70 milioni di euro attuali, arrivarono Rumenigge all'Inter, Junior al Torino, Socrates alla Fiorentina, Wilkins e Hateley al Milan, Souness alla Sampdoria, Briegel ed Elkiaer al Verona. Era l'anno in cui i calciatori più forti al mondo raggiungevano in Italia altri grandissimi campioni del pianeta, come Platinì, Boniek, Passarella, Bertoni, Falcao, e gli stessi campioni Italiani, ultimi trionfatori del Mondale, non pensavano minimamente di poter giocare oltre frontiera. E i costi non erano certo quelli di oggi: Hans Briegel era un terzino molto forte, campione d’europa e vicecampione del mondo con la Germania; in Italia fu determinante per lo scudetto del Verona, ma il suo costo era meno di due milioni di euro di oggi, e così tanti altri. La Juventus invece, volendo puntare a vincere finalmente la Coppa dei Campioni che non aveva ancora mai vinto, fece il contrario: mantenne la squadra com’era, lasciò partire il solo Claudio Gentile, il suo difensore più forte, e rinnovò il settore con due giovani come Favero proveniente dall'Avellino e Stefano Pioli proveniente dalla serie B

Quell'anno accadde veramente l'incredibile! Il Verona di Bagnoli, una provinciale mai notata ai piani alti del nostro calcio, vinse a grande sorpresa il campionato e le favorite arrivarono tutte dietro. Quell’anno la scelta degli arbitri veniva fatta, unica volta nella storia, col sorteggio integrale. Inutile dire che per i complottisti di ogni fede e appartenenza quella fu la prova provata che senza particolari favori lo scudetto lo potrebbe vincere chiunque, e non finirebbe mai nelle stesse mani, ma questo è un altro discorso. E anche la Juventus, sul piano sportivo, fece il suo ed arrivò in finale di Coppa dei Campioni, dove tuttavia il trionfo dello sport fu soppiantato e negato dalla violenza cieca dei tifosi inglesi e dal disastro che ne venne. Ma qui è totalmente un'altra storia.

Il richiamo al calciomercato del 1984 non vuole essere l'ennesimo discorso nostalgico per un calcio che non c'è più. Siamo tutti consapevoli che il calcio della giovinezza ci piaceva soprattutto perché a quell’età era tutto più bello forse proprio in virtù dell’età, e sappiamo bene che per tanti aspetti il nostro sport preferito si è evoluto. Ma sul piano della capacità di costruire grandi squadre e dell’abilità nelle operazioni di calciomercato probabilmente qualche regressione l’accusiamo, ed alcune cose, in controluce rispetto all’84, balzano all’evidenza: il livello molto basso dei calciatori che importiamo rispetto a quelli che arrivavano negli anni ottanta; il costo molto più alto per calciatori molto meno forti; la tendenza a massificare gli acquisti e l’incapacità di costruire grandi squadre; la scarsa propensione a puntare sui giovani, soprattutto da parte dei grandi club. In definitiva, negli anni ottanta avevamo un generale preparazione tecnica e culturale nel costruire le squadre che oggi non abbiamo, probabilmente perché avvinta ed emarginata da affaristi e faccendieri che vedono il calcio in ottica del tutto diversa.

Nell'84 le squadre si costruivano con pochi campioni italiani, due campioni stranieri che facevano fare il salto di qualità, e per il resto giovani e gregari presi dal nostro campionato. L'abilità maggiore era saper assegnare a ciascuno un ruolo ben preciso, sapere scegliere gli uomini giusti per il posto giusto, saper creare un insieme capace di funzionare. Oggi si fa il contrario: i gregari e i giovani li prendiamo all'estero, i campioni all'estero ce li mandiamo (Salah, Pogba, Coutinho, Verratti, Jorginho), i giovani ed i gregari di casa nostra neanche li consideriamo, e nel fare le rose delle squadre mettiamo insieme elenchi infiniti di calciatori, senza sapere a cosa servono.

Quest’anno il colpo di mercato più importante è, per ora, costituito da de Ligt, giovane difensore olandese pagato circa ottanta milioni di euro. È il colpo grosso della Juventus, che investe così i proventi della Champions appena disputata, e che rende, per chi arriva ai quarti di finale, una somma molto vicina a quella spesa. Sicuramente un buon affare, ma stiamo parlando di un calciatore costato ottanta milioni di euro, cioè più caro di Maradona, che per il momento non è che una giovane, sicuramente molto valida, promessa. Ed è comunque il nostro acquisto migliore, e rappresenta pure un’inversione di tendenza rispetto ad acquisti di campioni da accompagnare al viale del tramonto. Dopo di lui il nulla. Nessuno tra i primi venticinque calciatori più cari del mondo gioca o è in predicato di giocare in Italia. Abbiamo il ventiseiesimo, Cristiano Ronaldo, ma si tratta di un valore decrescente, arrivato quando aveva già detto tutto altrove, e giù di lì poco altro. Per il resto la stessa Juventus, che è pur sempre la prima della classe, è un insieme multiforme di grandi nomi presi a fine contratto che si addensano negli stessi ruoli, mentre mancano i terzini, ed i giovani da lanciare vengono utilizzati come gregari.

L’Inter è senza attaccanti e, pur volendo spendere tanti milioni, fa fatica a prendere Lukaku o Dzeko, il primo riserva al Manchester e il secondo sempre sul filo della contestazione a Roma, oltre che non più giovanissimo. Il Milan da par suo non è mai su stelle di prima grandezza, e lo stesso Napoli, quello costruito meglio, fatica ad ingaggiare James Rodriguez che non è la prima scelta dei club dai quali proviene. Tanto affanno, ma non si prendono campioni e non si costruiscono grandi squadre. Insomma, il nostro è un mercato di seconde scelte, pagate quattro, cinque, dieci volte in più rispetto ai grandi campioni di trent’anni fa. L’inversione di tendenza c’è, la Juve ha investito il suo tesoretto su un ventenne, e va bene, ma il resto non sembra andare in questa direzione.

Il punto sta nel modo in cui si costruiscono le squadre. Non basta prendere grossi nomi per fare buone squadre, ma vale il contrario. Fare buone squadre aiuta a produrre grossi nomi, ed anche a raggiungere qualche obiettivo in più. L'Ajax ha raggiunto le semifinali di Champions con tanti giovani ora venduti a costi esorbitanti, e c'è da scommettere che farà bene anche l'anno prossimo, se manterranno la capacità di costruire buone squadre. E qui torniamo al Verona ed alla Juventus del 1984, che erano fondamentalmente due squadre costruite molto bene, con campioni scelti bene, pagati il giusto e messi al posto giusto, con al loro fianco i giovani da far crescere (il Verona aveva Tricella e Galderisi, per esempio), e i gregari in panchina. In entrambi i casi, i club interessati osservarono la prima regola nel fare buone squadre: saper mettere gli uomini giusti al posto giusto. Era così anche per altre squadre, ed in generale il calcio italiano in quegli anni cresceva, e negli anni immediatamente successivi avrebbe dominato in Europa e nel mondo, perché invece di riempire le tasche di procuratori e intermediari di gregari, riempiva i campi di calcio di campioni, e anche le tribune, molto più capienti di quelle attuali, si riempivano ben volentieri di tifosi e sostenitori.