Tutti i grandi calciatori hanno avuto un soprannome ed anzi, si può senz’altro dire che non sei un grande calciatore se non hai un identificativo adeguato, che non sia la mera ripetizione del nome anagrafico.

I soprannomi dei calciatori sono infiniti, tanto da poterli distinguere in categorie ben precise.

I più grandi sono spesso identificati con titoli nobiliari o ruoli di grande potere. E così abbiamo che Pelé è O Rey, il Re, forse il Re dei Re, mentre Platini assume il titolo omologo in francese, Le Roy, ma si sa, i francesi non brillano certo per originalità. Al massimo livello della sovranità, questa volta sovietica, troviamo anche  Lo Zar Pietro Vierchowod, non a caso insuperabile, come fu l’inverno russo per Napoleone e Hitler. Sempre in ambito monarchico, abbiamo Giuseppe Giannini che porta il titolo di Principe, magari della sola Roma giallorossa, ma pur sempre Principe,  così come Claudio Marchisio era Il Principino della Torino bianconera, mentre, scendendo di livello, troviamo Il Barone Franco Causio, come Barone prima di lui fu anche Nils Liedholm. 

Al mutare dei regimi di Governo troviamo altre assunzioni di titoli. Adriano era L’imperatore, Passarella Il Caudillo, Bekembauer Il Kaiser, Claudio Gentile Gheddafi. Per il momento nessuno ha pensato di farsi chiamare Duce, per l’epoca fascista siamo rimasti al Balilla Giuseppe Meazza. 

Altri hanno preferito attingere al regno animale, nel quale abbiamo Il Re Leone, Gabriel Omar Batistuta, la Pantera Nera Eusebio, il Puma Emerson, il Gallo Belotti,  il Pitbull Edgar Davids, ed infine Edmundo e Pasquale Bruno appaiati nel ruolo di ‘O Animal.

Altri ancora prendono l’appellativo dal mondo delle professioni, come Socrates il Dottore, che dottore lo era veramente, o Gunnar Nordahl, anche lui Pompiere di nome e di fatto, mentre i più preziosi sono El Pibe de oro, al secolo Diego Armando Maradona, La Joya (il gioiello) Paolo Dybala, oppure le opere d’arte, il Donatello Kylian Mpappé, il Pinturicchio Alessandro Del Piero, il Raffaello Roberto Baggio, chiamato anche Divin codino, ma che in realtà era Divino e basta! Evidentemente qualcuno ha voluto sminuire il suo essere divino portando l’attenzione sul solo codino, e così di divino nel calcio, per ora, abbiamo solo la mano di Maradona, la Mano de Dios. Dicono che qualcuno abbia provato a divinizzare anche Messi, ma per il momento, al cospetto degli altri Dei, meglio continuare con la Pulce. 

Come al solito i più fantasiosi sono i brasiliani, che spaziano in appellativi di vario genere, come il Fenomeno Ronaldo, il Fabuloso Luis Fabiano, Alegria do Povo Garrincha, mentre noi italiani siamo talvolta orientati per identificativi onomatopeici, che riproducono un suono collegabile alla persona, come il Rombo di tuono di Gigi Riva o il Righio di Gennaro Gattuso. In alcuni casi determinante è la statura o il carattere del calciatore, come per l’Abatino Gianni Rivera, il Soldatino Di Livio, e la Pulce Messi. 

Il discorso, naturalmente, è comune al calcio di ieri ed a quello di oggi, dove, oltre ai già citati Dybala e Messi, abbiamo il Pipita Higuain, il Kun Aguero, e tanti altri ancora, fino al telegrafico CR7 Ronaldo, sicuramente più consono alla scrittura veloce dei nostri dispositivi attuali. 

In tutto questa fantasia di nomi e soprannomi, senza i quali non sei nessuno, l’unico grande campione della nostra serie A che sembra esserne sprovvisto è Frank Ribery, appena arrivato in Italia ed ancora in attesa di battesimo da parte della stampa o di coloro che, non si sa come, hanno il potere di mettere i soprannomi ai calciatori. 

Eppure un soprannome è fondamentale anche per Frank Ribery! Lo abbiamo già detto, senza soprannome nel calcio non sei nessuno. E non siamo i soli a dirlo: Stabat rosa pristina, nomina nuda tenemus! Così si chiude Il Nome della Rosa, uno dei libri più letti del secolo scorso, nel quale Umberto Eco sembra aderire alla teoria dei nominalisti, convinti che l'essenza di tutte le cose sta solo nel nome.

Dunque, qualcuno trovi al più presto il giusto soprannome per Frank Ribery. Avrebbero dovuto farlo in Francia dove è nato, ma lo abbiamo detto, l’originalità non è il loro forte, oppure i tedeschi dove ha giocato a lungo, ma anche qui la fantasia non va oltre il Kaiser attribuito a Bekembauer. Ci hanno provato i turchi, ma si sono fermati alla mera apparenza. Per Frank Ribery occorre un identificativo reale, originale, che tenga conto delle sue caratteristiche, del calciatore che è.

Tra il serio e il faceto questa sera vogliamo provarci, sulla base di quello che il campione in parola ha fatto vedere sul campo.  

Frank Ribery si è presentato nel nostro campionato da vero, grande, autentico campione. Lui che si identificava con la fascia, che era abituato ad aspettar palla ed a volare sulle ali, ha capito che è il momento di cambiare ruolo, di prendere la squadra per mano, e salito in cattedra e si è messo a giocare a tutto campo, con tutta la sua grande classe. Tre sono le caratteristiche messe in mostra fino ad ora dal campione venuto dal nord: la grande padronanza tecnica, che rende sicuro ogni pallone passi tra i suoi piedi, in ogni situazione, sia che si tratti di far girar palla, sia che ci si debba imbattere in un dribbling impossibile; il grande carisma, emerso dal modo in cui aiuta i suoi compagni passo dopo passo e da come loro lo seguono; la grande personalità e l’enorme energia messa al servizio della squadra, sintetizzate in due azioni: il recupero difensivo su Cristiano Ronaldo e la rete segnata all’Atalanta, in entrambi i casi dopo settanta minuti di gioco. Ed infine, a coronamento del tutto, il suo grande cuore, la sua commozione, a trentasei anni e tanti titoli vinti, per il primo gol in serie A. 

Di fronte a un giocatore del genere, di fronte al suo salire in cattedra e alla sua capacità di guidare con autorevolezza la squadra ed insegnare calcio ai suoi giovani compagni, un solo appellativo viene in mente: Maestro! Maestro assoluto, maestro supremo, al quale ben si associa il suo compagno di reparto Federico Chiesa, che potremmo chiamare l’Allievo.
Ma poiché in Italia il titolo di Maestro supremo spetta, con pieno ed indiscutibile merito ad un altro dei nostri massimi campioni, al secolo Andrea Pirlo, per Frank Ribery potremmo declinarlo nella sua lingua d’origine, e chiamarlo Le Maître suprême, oppure, se preferite, semplicemente Il professore!

Francesco Germano