Il 31 luglio del 1944 nasceva ad Offida, in provincia di Ascoli Piceno, Tonino Carino, giornalista sportivo e personaggio sportivo tra i più noti ed amati per chi ha avuto la fortuna di coltivare la propria passione calcistica negli anni ottanta, epoca per tanti versi meritevole di ricordo e celebrazioni.

Tonino Carino faceva parte della grande squadra dei giornalisti di 90° minuto, la seguitissima trasmissione televisiva RAI ideata nel 1970 da Paolo Valenti e dallo stesso condotta fino al 1990, il tempo di seguire e narrare le gesta calcistiche dei migliori di sempre, da Gigi Riva a Roberto Baggio, passando per Zoff, Gentile, Tardelli, Causio, Conti, Antognoni, Rossi, Maradona, Zico, Falcao, Maldini, Baresi, Gullit, Van Basten, Vialli, Mancini. Tutta gente della quale ancora oggi il calcio non riesce a fare a meno, benché abbiano smesso di giocare da tempo. 

Negli anni in cui Paolo Valenti conduceva 90° minuto le partite di serie A si giocavano solo di domenica e le dirette si seguivano ascoltando alla radio Tutto il calcio minuto per minuto, la trasmissione che portava le partite nelle case, nei bar, nelle strade, attraverso le voci dei grandi radiocronisti dell’epoca, Sandro Ciotti, Beppe Viola, Enrico Ameri, Carlo Nesti, Riccardo Cucchi. Erano maestri di giornalismo, di linguaggio e di oratoria impareggiabili. Ciotti davvero immenso come giornalista, ma anche ottimo sportivo e musicista. Una volta gli chiesero come facesse ad essere così preciso nel linguaggio ed a fare tante altre cose, e lui rispose: mi limito ad osservare la consecutio temporum. Unico!

Le partite, per non farsi cogliere dal buio, iniziavano alle 14:30 e finivano intorno alle 16:30. 90° minuto andava in onda alle 18:30, due ore dopo il fischio finale! Tempi d’attesa incredibili, quasi biblici rispetto a quelli immediati di oggi, che però si vivevano con assoluta normalità. In quelle due ore c’era il tempo di prepararsi per uscire, magari immaginando le gesta sportive per come magistralmente raccontate alla radio, e trovarsi nei vari Bar dello sport di ogni paese e città, per vedere finalmente i servizi dai campi e, all’interno di essi, le immagini dei gol, quelli che oggi si chiamano highlights, e di lì commenti, discussioni, pareri, passeggiate, insomma, via sociale all’insegna del calcio.

90 minuto era fatto veramente bene. Il volto simpatico e cordiale di Paolo Valenti introduceva i risultati delle partite, la classifica, la schedina totocalcio. E quindi cominciavano i collegamenti con le varie sedi. Marcello Giannini da Firenze per la Fiorentina, Giorgio Bubba da Genova, per il Genoa e la Sampdoria, Ennio Vitanza e Gianni Vasino da Milano, Cesare Castellotti da Torino, Giampiero Galeazzi da Roma, Luigi Necco da Napoli, Franco Strippoli da Bari, Foggia, Lecce, fino a Riccardo Giacoia e Tonino Raffa da Catanzaro e Puccio Corona da Catania. E naturalmente, spesso tra i primi, lui, Tonino Carino da Ascoli, che avrebbe sempre conservato nel nome quell’appendice toponomastica, quasi ad identificarlo con il servizio, lo stadio, la squadra, che - come per molti altri - coincideva con la propria città di appartenenza.

A ricordare quei nomi e quei servizi, due cose emergono in maniera più immediata: anzitutto la cordialità e la simpatia che sapevano imprimere al collegamento i vari giornalisti di riferimento. Indimenticabile la mano affettuosa e cordiale di Luigi Necco che salutava da Napoli, quasi a portare il saluto dell’intera città, perché quei corrispondenti erano legati alle città dalle quali trasmettevano, e un po’ le rappresentavano, tant’è vero che molti di loro si sono identificati successivamente con la rispettiva città anche nel nome. Uno di questi è stato, appunto, Tonino Carino da Ascoli, letto tutto d’un fiato, per il quale l’appendice territoriale al cognome sembra quasi un titolo nobiliare. 

Il grande merito di Tonino Carino da Ascoli e di quelli che con lui hanno condiviso quel modo passionale ed umano di essere giornalisti sportivi, è quello di aver contribuito, in maniera spontanea, ad alimentare la passione per il calcio legandola alla identificazione con una città e una squadra, alla logica del campanile, che, per quanto riduttiva, risulta sempre avvincente e stimolante rispetto alle competizioni sportive, ed ha contribuito a rendere il nostro calcio un fenomeno sociale di grande importanza.

Di qui la grande popolarità di Tonino Carino da Ascoli, che negli anni ottanta divenne interprete di sé stesso anche in ambito cinematografico, col film Mezzo destro mezzo sinistro, e protagonista di tante citazioni e imitazioni nello spettacolo, ad opera dei migliori dominatori della scena, da Diego Abatantuono al trio Solenghi-Lopez-Marchesini, fino a Ezio Greggio in Drive In, a testimonianza di una popolarità che il nostro aveva guadagnato tra gli spettatori.

Quello raccontato da Tonino Carino da Ascoli era un calcio identitario, che si identificava con le varie città e le varie province d’Italia, da Udine a Catania, alimentando passioni e rivalità, ma anche scambi, viaggi, dialogo tra realtà diverse. Una dimensione assolutamente scomparsa nel calcio di oggi, fatto da finanziarie piuttosto che da uomini. Tanto per dire, all’epoca le società avevano un titolare che si identificava con la città, dagli Agnelli a Torino a Costantino Rozzi ad Ascoli, passando per Romeo Anconetani a Pisa, Dino Viola a Roma, l’ing. Corrado Ferlaino a Napoli e via dicendo. Insomma, la compenetrazione tra città e squadra di calcio era totale, e coinvolgeva squadra, tifoseria, giornalisti e dirigenti. Oggi in alcuni casi è difficile dire a chi appartenga un club, ne conosciamo i dirigenti, i direttori sportivi, ma sulle proprietà la percezione non sempre è immediata. Ma soprattutto, oggi le varie realtà territoriali non sono più parte del gioco. Basti pensare che una regione come la Sicilia, tra le più grandi, le più ricche di bellezza e di cultura, non ha nessuna squadra in serie A. Oggi, se si tratta di calcio, il tifoso di una qualsiasi squadra si serie A della Sicilia non sente neanche parlare, e se si tratta di tifoso che ama cogliere l’occasione della partita per seguire la propria squadra, il passaggio in Sicilia non è più previsto. Le uniche città del meridione ad avere una squadra in serie A sono Napoli e Lecce, appena ritornato. 

Certo, è chiaro che la bellezza non basta a stare in serie A, occorrono risorse e cultura di calcio, ma, appunto, non parliamo di Venezia, che del calcio professionistico sembra fare fieramente a meno, ma di Catania e Palermo che, quanto a tradizione calcistica, ne hanno da vendere, e per averne conto basti guardare ai grandi nomi di calciatori che hanno immesso nel calcio italiano ed internazionale. Andando un po’ più indietro si potrebbe dire lo steso per le calabresi Catanzaro e Reggina, oppure per Bari, Perugia, Trieste, e tante altre. 

E questo non giova a nessuno, non giova al calcio nel suo insieme. L’Italia non è un Paese come gli altri, ha una sua specificità irripetibile nell’essere il Paese dei mille comuni, dei mille campanili, la cui civiltà e venuta fuori attraverso il crescere più o meno parallelo di tante realtà distinte, dal nord al sud, passando per Roma. Se il calcio perde la capacità e la forza di rappresentare questa realtà e finisce per essere appannaggio dei soli capitali, rischia di perdere una delle sue risorse principali, la passione ed il seguito della gente. Ne sia di riprova il fatto che i bambini di oggi non seguono e non praticano il calcio con lo stesso trasporto e lo stesso coinvolgimento dei bambini di vent’anni fa. Qualcosa dovrà pur significare e, soprattutto, prima o poi gli effetti di questa disaffezione si dovranno pur manifestare.

È questa la ragione che giustifica la celebrazione del calcio degli anni settanta e ottanta, ed i suoi eroi, come Tonino Carino da Ascoli, perché con loro ci colleghiamo alle origini di una passione autentica, che temiamo possa spegnersi.

Oggi Tonino Carino da Ascoli compirebbe settantacinque anni, ma non c’è più. Se n’è andato, portato via da un male incurabile, nel 2010. Non c’è più e non c’è neanche il calcio che raccontava lui, fatto di umana passione e di profonda identificazione con la realtà raccontata. Sarebbe difficile oggi fargli pronunciare i nomi complicati dei tanti calciatori che girano per le nostre squadre, ma sarebbe ancora più difficile vederlo in un calcio che ha perso la sua dimensione provinciale. Un calcio che merita, ogni tanto, di essere rievocato e celebrato, come i suoi eroi, come Tonino Carino da Ascoli.