I commenti a fine gara di allenatori e calciatori sono a volte essi stessi parte dello spettacolo, divertenti, avvincenti, a volte esilaranti, altre volte polemici e spigolosi, vere e proprie dispute con giornalisti, colleghi ed ospiti, per le espressioni usate, per gli umori manifestati, per il modo che taluni hanno di esprimere gioia o rabbia.
Spesso l’intervista di fine gara viene utilizzata per prendendosela con la giornalista di turno, facendola destinataria di invettive ed attacchi come se fosse sua la colpa della sconfitta. Talvolta, al contrario, la giornalista può anche diventare oggetto di inconsueti slanci di affettuosità, come fece Casillas con Sara Carbonero, ma solo perché aveva vinto il mondiale e la giornalista era anche la sua fidanzata e sarebbe diventata sua moglie.

Le dispute dialettiche sono uno spettacolo irresistibile, come lo sono alcune dichiarazioni bislacche, contorte, incomprensibili e, proprio per questo divertenti. Una piacevole appendice del calcio giocato, uno spettacolo nello spettacolo, che arricchisce l’offerta e talvolta rende ancore più piacevoli le trasmissioni televisive incentrate sul calcio.

Alzi la mano chi non ha aspettato le interviste di Spalletti dopo le sconfitte dell’Inter! Non si tratta di essere o meno interisti, è che il panegirico rabbioso espresso con l’incedere pacato di Luciano Spalletti, l’uso forzato dell’impersonale per non fare nomi, è uno spettacolo a se stante, un esercizio oratorio incredibile, tutto un girare lento e tortuoso sull’argomento senza dire mai di cosa si tratta, una sorta di gioco delle parole proibite. In questo senso il meglio di sé il tecnico toscano lo ha dato di fronte alle domande difficili, come quando gli chiesero delle prestazioni di Perisic ed Icardi, e lui rispose: “Sembra che qui ti vogliano convincere che qui funziona così, che si può essere sotto il rendimento, il che ci può stare. Ma poi vedi un coinvolgimento quasi completo delle tue caratteristiche, c’è un po’ di forza, di carattere, di psicologia. Se queste componenti si abbassano insieme diventa un po’ più difficile, perché stasera o nelle partite precedenti la squadra ha abbassato la convinzione di avere forze sue, prima c’era totale convinzione delle proprie qualità. Si vede che poi non riescono a ritrovarle queste qualità“. Chiarissimo! Assolutamente! E, ribadiamolo, Spalletti è toscano, della provincia di Firenze, lì dove Alessandro Manzoni scese per perfezionare l’italiano del suo romanzo, per risciacquare i panni in Arno, ritenendola la culla dell’italiano perfetto. 

Naturalmente il Maestro massimo delle affermazioni “ostiche” al comune comprendonio è Giovanni Trapattoni, le cui “chicche” sapienziali possono qui solo brevemente accennarsi, richiedendo ben altro studio per una esposizione più compiuta. Il suo motto era: non dire gatto se non ce l’hai nel sacco, e fin qui grosso modo ci siamo, ma il bello viene dopo, praticamente in tutto il resto. Il Trap è l’autore di frasi del tipo: C'è maggior carne al fuoco al nostro arco, anche se l'arco lancia le frecce. Chiarissimo, come anche sul calciomercato: Noi non compriamo uno qualunque per fare qualunquismo. Oppure, sull’assenza di un proprio calciatore: Direi, forse, senza dubbio, forse che per vincere oggi ci è mancato un uomo, più che un uomo direi un uomo… O ancora, Forse per un rigore magari meno sbagliato sarebbe stato incensato invece che incensurato. Del resto lui da allenatore era consapevole di essere fuori dal comune: Il nostro modo di intendere il calcio raziocinante, razionale, a volte quasi speculativo... e in campo era un uomo d’ordine, e lo ribadiva bene: I giocatori sono liberi di fare quello che dico io.

E con simili biglietti da visita, uno come Trapattoni in quale ruolo lo si poteva immaginare a fine carriera? Ovviamente il commentatore televisivo RAI per le partite della Nazionale! Ruolo nel quale, peraltro, per un motivo o per un altro, contribuì a tenere alti gli indici di ascolto della prima rete nazionale. Evidentemente le sue osservazioni avevano il loro interesse. Eccome se lo avevano! Ad un goal dell’Italia contro Malta, affermò “La difesa maltese è come la spugna: si mette l’acqua, l’acqua, l’acqua e alla fine la spugna perde l’acqua”. Oppure: “La Spagna ora è insuperabile, come Davide contro Golia, un gigante da abbattere. Però mai dire mai: i gatti dormono solo quando sono tutti nel sacco“. Il collegamento è evidentemente col vero e proprio motto del Trap: Non dire gatto se non ce l’hai nel sacco. La metafora di una vita. Alla fine tutto torna. 

Altro aspetto avvincente delle interviste di fine gara è l’invettiva, la polemica contro i colleghi di altre squadre, giornalisti o gli ospiti in studio. Anche qui l’inventario potrebbe essere lunghissimo, ma ci limitiamo a qualche cenno.

Il grande esperto della polemica in diretta è naturalmente, José Muourinho, maestro di umiltà, l’uomo che si fa chiamare Number One, del quale ricordiamo il passaggio" A me non piace la prostituzione intellettuale, a me piace l'onestà intellettuale… Non si è parlato della Juve che ha conquistato tanti punti con errori arbitrali”. Abilità polemica che, in verità, nei nostri campionati non è mai mancata, come, tanto per fare qualche esempio recente, nel caso dell'attacco di Allegri nei confronti di Daniele Adani, reo di opinione non gradita sulla Juventus: “Siete tutti teorici. Adani sei il primo che legge i libri e di calcio non sai niente. Non hai mai fatto l’allenatore, sei lì dietro e non sai cosa succede”. Ed anche su questo fronte merita una menzione Luciano Spalletti, che ci limitiamo a ricordare per l’attacco a Caressa, reo di non essere sicuro su un rigore dato contro l’Inter: “Potrebbe essere che uno è tifoso di un’altra squadra e dice quello che gli pare. Non puoi dire ‘potrebbe essere’, ci hai messo un po’ per capire la cosa”. E in tutti questo casi polemiche a non finire, prese di posizione, chiarimenti, titoli di giornali. Spettacolo nello spettacolo.

L’invettiva di fine gara ha spesso avuto come bersaglio la Juventus, con accuse più o meno velate di favori arbitrali ricevuti. Qui l’inventario sarebbe lunghissimo, e neanche lo accenniamo. Citiamo solo la più simpatica, che ritroviamo, ovviamente, nelle parole del mitico Vujadin Boškov: “Loro come noi, due gambe e undici giocatori in campo. Più di noi hanno solo le Fiat“. Ineccepibile! 
Del resto il tecnico jugoslavo era sempre ineccepibile: Chi non tira in porta non segna; Dopo pioggia viene sole; Rigore è quando arbitro fischia; Io penso che per segnare bisogna tirare in porta. Poi loro sono loro, noi siamo noi. Palla a noi, giochiamo noi, palla a loro, giocano loro, e via dicendo… 

Se qualche secolo prima non fosse esistito un certo Jacques de La Palice, che sulla lapide di morte si fece scrivere "se non fosse morto, sarebbe ancora in vita”,  oggi le affermazioni tautologiche non si direbbero lapalissiane ma Vujadiniane. 

Sia chiaro, quella di Boskov non era banalità ma ironia sopraffina, un modo per rendere pan per focaccia verso domande inconsulte o provocatorie, per evitare repliche ancora più sarcastiche, come capitò a quel giornalista che gli parlava della possibile retrocessione della sua squadra e che si sentì rispondere: “Io penso che tua testa buona solo per tenere cappello”. Sempre ineccepibile.

Ed anche Sebastiao Lazzaroni dal Brasile portò la stessa filosofia: "Squadri chi jochi meju, vinci. Squadri chi jochi peju, perji. Si tucci dui squadri jochi meju, pareju." 

Del resto su questo fronte era stato buon precursore il maestro Trapattoni: Il pallone è una bella cosa, ma non va dimenticata una cosa: che è gonfio d’aria. E del Trap il buon Boskov aveva anche la visione speculativa della vita, che compendiava in frasi del tipo: “Se uomo ama donna più di birra gelata davanti a tv con finale forse vero amore, ma non vero uomo“.


Purtroppo nel campionato che sta per iniziare nessuno dei mitici allenatori sopra citati partirà come titolare di panchina. Boskov perché purtroppo non c’è più orami da oltre cinque anni, gli altri perché al momento senza ingaggio, forse perché per il momento sul piano dialettico hanno dato tanto, o magari per schiarirsi un po’ le idee.

Sicuramente nessuno può sperare di avere la simpatia innata di Boskov o di Trapattoni, ma quelli che ci sono, possiamo starne certi, quantomeno sul piano della polemica, sapranno fare la loro parte. 

Il più promettente sembra essere Antonio Conte, che tutti ricordiamo per il suo famoso “agghiacciante” ripetuto più volte in conferenza stampa da lui stesso indetta per protestare contro un processo per frode sportiva condotto a suo carico. Era già allenatore della Juventus e gli sembrava “agghiacciante” essere processato per una frode risalente alla sua precedente esperienza al Siena. Non contento, dopo aver ammesso l’addebito e patteggiato la pena, ha ritenuto utile precisare: io innocente ho dovuto patteggiare. Assolutamente logico! 

Ma a Conte non manca neanche la classe. È sua la frase: “Sempre meglio mettere le mani davanti che dopo dietro, perché dopo fa male…” Quasi poetico… Nel contesto interista, che non è esattamente casa sua, Antonio Conte, sotto pressione, dovrebbe dare il massimo sul piano delle esternazioni. 

La vis polemica non manca neanche a Maurizio Sarri, in passato spesso protagonista di allusioni più o meno esplicite sui favori ricevuti dalla Juventus, che probabilmente quest’anno sarà risparmiata dalle sue attenzioni, probabilmente... perché da un toscanaccio come lui puoi aspettarti semrpe di tutto. 

Sembra all’altezza anche Carlo Ancelotti, che sui cori offensivi dei tifosi juventini ebbe a rispondere:“Riguardo ai cori contro di me, sono i soliti: mi consolerò guardando in bacheca la coppa del 2003…”.

Sul piano della dialettica e della polemica lo spettacolo dovrebbe essere, dunque, sicuro anche quest’anno.
Mancherà la simpatia e la classe di alcuni giganti del passato, ma alla fine qualcosa di simpatico esce sempre.  Del resto anche i dirigenti non sono male quanto a simpatia comunicativa: dal mitico “pagare moneta vedere cammello” di Claudio Lotito, noto anche come abile latinista, al saluto di Rocco Commisso ai “paisani” della Fiorentina, lo spettacolo dovrebbe essere assicurato.

Il campionato è bello anche per questo.

Buon ferragosto a tutti!

Francesco Germano