Da vecchio tifoso viola, che ha amato Antognoni per la sua fedeltà ed ha pianto per la cessione di Baggio, oggi devo ammettere che la scelta di Vlahovic di non rinnovare il proprio contratto con la Fiorentina va accettata e va considerata normale, sia per la storia del calciatore, sia per l'attuale atteggiarsi del calciomercato.
Sotto il primo punto di vista dobbiamo tener presente che Dusan Vlahovic ha lasciato giovanissimo il suo paese e la sua famiglia per venire da noi, da straniero, allo scopo di far carriera. L'attaccamento alla propria terra l'ha già sacrificato da piccolo per sfondare nel calcio europeo che conta, rischiando anche di non farcela, e non possiamo pretendere che ora, d'un tratto, rinneghi il suo coraggio ed il suo sacrificio iniziale e mortifichi le sue ambizioni in nome di un attaccamento territoriale o calcistico che è stato educato a mettere da parte sin da bambino proprio per venire da noi. Forse ci si poteva aspettare qualcosa di diverso da Federico Chiesa, che a Firenze c'è cresciuto, ma da un ragazzo educato a sacrificare gli affetti ed i sentimenti già quando è venuto da noi non possiamo pretendere che rinneghi sé stesso proprio ora che ha l'occasione di fare qualche passo importante per la sua carriera. 

Sotto il profilo dell'andazzo generale del calciomercato, si consideri che anche le società non esitano a mettere da parte i sentimentalismi quando fa loro comodo. Si pensi a quanti giocatori siano stati lasciati a spasso a fine carriera, da Antognoni a Borja Valero. Il calciomercato, da questo punto di vista, va sempre peggio, ed è una situazione che si ritrova anche nei grandi club. Pensate a quanti calciatori a fine contratto ha preso la Juve negli ultimi anni (Ramsey e Rabiot per esempio), a quanti ne persi il Milan ( da Donnarumma a Chalanoglu, alla possibile perdita di Kessie), ma pensate a quante bandiere gli stessi club hanno lasciato a spasso dopo anni di onorata carriera per una maglia, come il nostro Bonaventura, per esempio. Questo per dire che nel calcio ognuno fa affari a modo suo, ed anche i calciatori si regolano di conseguenza.

Infine una considerazione anche sulla gestione dell'affare Vlahovic da parte di Commisso. Annunciare la chiusura delle trattative per il rinnovo un anno e mezzo prima della scadenza non è un atto istintivo, ma una scelta ben precisa che consente alla società di trattare la sua cessione in anticipo e di farla accettare alla tifoseria (per non parlare del risparmio su un ingaggio che per noi sarebbe stato un peso enorme). Oggi tutti prenderemmo per buona la partenza di Vlahovic anche a gennaio, e comunque sappiamo che al massimo andrà via a giugno, e nessuno ne sarà risentito. Inoltre, l'anticipo preso sui tempi consente margini di trattativa maggiori, perché la Fiorentina ha come argomento di persuasione l'ulteriore anno di contratto al quale dovrà rinunciare, per cui chi vorrà anticipare i tempi del trasferimento e battere la concorrenza dovrà necessariamente trattare con la società viola e sborsare qualcosa in più ora. Diciamo che se puntavano ad abbassare il costo del cartellino per aumentare l'ingaggio e le commissioni, i procuratori di Vlahovic hanno avuto troppa fretta a chiudere le trattative per il rinnovo, oppure Commisso è stato bravo a smascherarli.

L'errore con Vlahovic è stato quello di non comprenderne le potenzialità prima della stagione scorsa, quando Prandelli lo lanciò definitivamente nel calcio che conta. Prima di investire su di lui sul piano sportivo, mettendolo titolare al posto di Cutrone e mettendogli un'intera squadra a disposizione, bisognava investirci qualcosa anche sul piano economico, adeguandogli il contratto (che è tuttora molto basso rispetto al rendimento) e prolungandolo fino al 2025. Un errore già fatto in passato con Bernardeschi e con Chiesa, derivante dall'incapacità della gestione tecnica di capire per tempo su quali giovani occorra investire e rischiare qualcosa in più.