Il 7 agosto 1921, esattamente 98 anni fa, nasceva a Roma Nando Martellini, la voce televisiva più amica e più familiare del grande calcio italiano degli anni settanta e ottanta, la voce della vittoria all’Europeo del ’68, della partita del secolo ai Mondiali di Messico ’70, delle imprese degli azzurri in Argentina ’78 e della vittoria più bella, quella del Mundial Espana 1982.

Per tutti gli anni settanta e ottanta la voce gentile, educata e garbata di Nando Martellini è stata, in assoluto, tra le più diffuse e le più gradite nelle case, nei bar e per le strade della penisola. Era la voce ufficiale della Nazionale di Fulvio Valcareggi prima e di Enzo Bearzot dopo. Nando Martellini in televisione,  Sandro Ciotti ed Enrico Ameri alla radio erano le voci ufficiali del calcio italiano, e lo raccontavano con arte e competenza elevatissime. Erano i tre tenori del giornalsimo sportivo italiano. Se ne sono andati tutti e tre nel giro di pochi mesi, tra il 2003 e il 2004, ma dopo quindici anni nessuno ancora riesce a pensare al calcio di quegli anni senza la loro voce. Quando si parla di didicesimo uomo in campo si parla anche di loro.

Nando Martellini non amava l’enfasi, gli eccessi e i personalismi, voleva che il protagonismo dell’evento fosse dei calciatori. Non aveva l’esuberanza del suo maestro Nicolò Carosio, né il trasporto emotivo che avrebbe reso unico il suo successore Bruno Pizzul. Nando Martellini era maestro di compostezza e di precisione. Attraverso la televisione entrava nelle case non per portare sé stesso o il suo punto di vista, ma per portare l’evento nella sua essenza, anche se alla fine, nel ricordo di ogni evento c’è la sua voce garbata e familiare, quasi il collante tra lo sport e la gente che lo seguiva. 

Il suo rispetto per il telespettatore era assoluto. Se per un verso non imponeva mai toni inadeguati o esuberanti, per altro verso aveva grande cura delle informazioni che forniva, della loro precisione. Dicono che a volte, il giorno prima della partita, andava sul campo di allenamento con l’album delle figurine per conoscere meglio la fisionomia dei calciatori. Quando non era sicuro della pronuncia straniera andava a chiedere lo spelling al collega telecronista. Niente lasciava al caso, e sempre senza perdere di vista l’autonomia e l’indipendenza del proprio ruolo. E se, per una volta, gli capitò di dire Jacobelli invece che Altobelli, se ne scusò e chiese perdono in diretta. 

Conosceva cinque lingue e disponeva di una notevole preparazione. La passione per il calcio gli venne dal viaggio premio alle Olimpiadi di Berlino, riconosciutogli dai genitori per gli ottimi risultati scolastici. Alla Rai è stato redattore di politica estera e via via impegnato in ruoli sempre più importanti. È lui, per esempio, il telecronista della trasmissione dei funerali di Luigi Einaudi e di Papa Giovanni XXIII. Ma quando si trattò di scegliere tra tutto il resto ed il calcio, che pure aveva coltivato sin dagli inizi, scelse il calcio, e ne divenne la voce ufficiale. Aveva cominciato nel 1946 come radiocronista sportivo, e dal 1960 è la prima voce di Tutto il calcio minuto per minuto.  Ma intanto la televisione surclassava la radio come mezzo di diffusione, e la RAI lo volle come telecronista della Nazionale, dapprima subordinato a Nicolò Carosio, poi, già da Messico 1970, voce ufficiale della Nazionale italiana, fino alla vittoria Mondiale del 1982, quando, dopo aver atteso dodici anni dalla finale persa nel ’70, dimenticò per un attimo il suo proverbiale autocontrollo, e si liberò nel famosissimo “Campioni del Mondo” ripetuto tre volte. Un eccesso inconsueto per il suo stile, ma comunque preciso, misurato e non casuale. Tre volte Campioni del Mondo perché tre era il numero di quella serata magica: perché quello era il terzo titolo vinto dalla Nazionale; perché tre erano le reti segnate alla Germania; perché il Presidente della Repubblica Sandro Pertini al terzo gol si abbottonò in diretta mondiale il terzo bottone della giacca. E Nando Martellini, coi suoi riguardi verso le forme e le istituzioni, in quella partita aveva seguito anche i gesti e le espressioni del Presidente, e lo aveva citato nella telecronaca: Rossi! Scirea! Bergomi! Scirea! Tardelli! Gol! Gol! Tardelli! Raddoppio! Tardelli! Uno splendido Gol di Tardelli! Esultiamo con Pertini! 2 a 0, Tardelli ha raddoppiato…! 

E poi, a fine partita, nei commenti di chiusura, quasi a scusarsi di quel piccolo eccesso, di quel Campioni del Mondo ripetuto tre volte che si impose in ogni angolo del Paese e che rimarrà impresso nella mente di chiunque abbia avuto la fortuna di vivere quei momenti, ne diede giustificazione come un effetto della grandezza dell’evento che lo aveva sopraffatto, perché per le telecronache di Martellini al centro c’era sempre il calcio.

Ed ancora, durante la premiazione ufficiale, la premura di ricordare i campioni meno in vista: “nominiamo anche Antognoni che non ha potuto giocare la partita più importante, ma che ha disputato le migliori partite in azzurro, e Graziani generoso, ma anche pratico: ricordiamo il suo gol al Camerun. E poi tutti gli altri che hanno giocato, Causio, Altobelli, e tutti gli altri che non hanno giocato ma hanno consentito, con un atteggiamento leale, una unità di intenti e una serenità d'impostazione di tutta la spedizione in Spagna”.

La sera stessa chiuse dicendo: Ed ora mi rendo conto di quello che provò l'amico Nicolò Carosio nel 1934 e nel 1938 quando disse dal microfono dell'EIAR quello che questa sera modestamente posso ripetere io. L'Italia è campione del mondo! Campione del mondo! Il titolo più grande che possa essere conquistato nello sport più popolare del mondo. Una vittoria limpida, campione del mondo, campione del mondo… Un modo elegante per condividere il momento col Maestro Nicolò Carosio.

La sera della vittoria mondiale sarebbe per qualsiasi giornalista di questo mondo l’occasione della vita, per immergersi nella festa e prendersi qualche merito. Lui aveva cantato le gesta di quella Nazionale, e sarebbe stato parte della gloria del momento. E invece quella sera Nando Martellini partì per Roma appena finita la partita, arrivò a casa alle tre di notte, e fece gli auguri di buon anniversario alla moglie. La grandezza di un uomo è tutta qui.

Francesco Germano