Il 4 Gennaio, circa 1 mese fa è tornata la nostra amata Serie A. Basta nazionale, basta Mondiali, è tornato il campionato e torniamo a tifare le nostre squadre. Con l'avvento del nuovo anno e con l'inizio della seconda metà di stagione ho deciso di iniziare una nuova rubrica, incentrata sulle squadre che più hanno influenzato la storia, il tifo e il gioco del calcio italiano.Inter di Helenio Herrera.

L'Inter di Helenio Herrera.
Si sa, non tutto il male viene per nuocere. Angelo Moratti, storico presidente nerazzurro, probabilmente conosceva questo detto ma chissà se nella sua vita ha mai pensato che la sua Grande Inter nacque da un male, una sconfitta, quella che i nerazzurri subirono con il Barcellona in Coppa delle Fiere. In quella serata un Moratti deluso dal ko, si innamorò del tecnico del catalani, Helenio Herrera ed in lui si fece largo l'idea di portarlo a Milano. Con lui i catalani aveva vinto due campionati e due coppe di Spagna. Ma a loro non bastava, perché il Real Madrid intanto era il padrone d’Europa (5 di fila). E allora Herrera arringò i blaugrana con la promessa di conquistare la Coppa dei Campioni. Tuttavia il suo Barça perse sia a Madrid che nel catino bollente del Camp Nou nella semifinale di Coppa dei Campioni. La stampa lo flagellò e i tifosi lo inseguirono furenti lungo le ramblas. Così se ne era andato, ma non aveva dimenticato la bruciante sconfitta nel Clasico:"il Real è la vostra ossessione, signori e anche la mia. E troverò il sistema per batterlo e nutrirmi della sua gloria". La rescissione con il Barcellona fu un'occasione troppo ghiotta per Moratti che decise di ingaggiarlo come nuovo allenatore della sua Inter. Non sa che è solo l'inizio di un rapporto lungo e vincente.

La prima stagione, per Moratti è ancora delusione.
"Rivoluzione non è solo una rivolta contro un ordine preesistente, ma il costituire di un nuovo ordine in contraddizione con quello tradizionale".
Questa frase attribuita a José Ortega y Gasset, spagnolo come Herrera, rappresenta una concezione di rivoluzione che ben spiega la ventata di novità,il "nuovo ordine",apportato dal tecnico spagnolo in Italia. Gli allenamenti di HH erano estenuanti, a ritmi elevatissimi. Helenio arrivò dalla Spagna con la fama di vincente e cambiò la mentalità ai giocatori e a tutto il calcio italiano. Applicò tattiche innovative e un approccio anche psicologico alla squadra, forse il primo a farlo in assoluto. È rivoluzione soprattutto a parole: un giorno il titolo sulla prima pagina della Gazzetta dello Sport fu: "Il drogaggio psicologico di Helenio Herrera", "taca la bala", "vamos a ganar!", "movimiento", i concetti del nuovo tecnico che appese cartelli negli spogliatoi con slogan tipo: "Chi non tutto non niente". "Difesa 30 gol, attacco 100 gol". "Chi gioca per gioca per l’avversario". "Classe + preparazione + intelligenza = Scudetto. Parole, motivazioni precursori dei moderni mind game che non lo esonerarono da alcune prese in giro, la più famosa quella del genuino e compianto Nereo Rocco: il tecnico triestino a quel tempo sulla panchina rivale del Milan lo definì chiacchierone,in spagnolo Habla Habla,dalle iniziali di Helenio Herrera,HH. Tatticamente impostò la squadra su una difesa solida e rocciosa che praticava rigide marcature “a uomo” (quando l’Europa che contava giocava a zona), coperta perfettamente da un mediano con prevalenti compiti difensivi (sul “10” avversario) e da una mezzala di regia in costante ruolo di raccordo e di rilancio. Le punte erano velocissime e tecniche e facevano impazzire i pesanti e lenti difensori attraverso ripartenze in contropiede. Crebbe l'entusiasmo e la curiosità attorno a questa squadra che,dopo una partenza bruciante in cui segnò nelle ben 18 gol nelle prime quattro giornate, si ritrovò sola in testa, inseguita dai campioni d'Italia della Juventus e dalla Roma. Dopo una sconfitta a sorpresa col Padova i capitolini tentarono la fuga, ma vennero riacciuffati dai nerazzurri a Natale: i meneghini a fine gennaio si aggiudicarono il titolo d'inverno a +3 sui rivali cittadini del Milan e 4 sulla rivelazione Catania.
Il girone di ritorno iniziò all'insegna della Juve del Trio Magico (il Trio d'assi, Boniperti-Charles- Sívori): i torinesi, che avevano accusato una flessione nei mesi precedenti, vinsero 5 partite di fila e braccarono l'Inter. Furono,però,quattro sconfitte consecutive fra marzo e aprile, contro Lecco, Padova, Milan e Sampdoria a far scendere i nerazzurri in classifica dietro i bianconeri e i rossoneri. Si arrivò così a domenica 16 aprile,giorno dello scontro diretto Juventus-Inter. Teatro fu il Comunale di Torino, per una gara che valeva il primo posto con l’Inter che si presentava al match da prima in classifica con un punto in più sulla Juventus. Lo stadio era gremito di gente, veramente tanta al punto che anche i guardalinee faticavano a muoversi. La partita alla mezz'ora venne sospesa, perché dei tifosi juventini decisero di invadere il campo. Il problema fu che questi tifosi non avevano acquistato il biglietto. A quel punto la Commissione Disciplinare decise di sospendere la partita. Il risultato era ancora indeciso per tutti. Una decina di giorni dopo arrivò la sentenza: la vittoria andava all’Inter che con due reti a zero (a tavolino) conquistava così i tre punti. Questo trionfo proiettò i nerazzurri ad un passo dal loro ottavo Scudetto. A rovinare la festa, però, ci pensò la FIGC.P er essere più precisi, il presidente della Federazione che si chiama Umberto Agnelli. Infatti, il 3 giugno 1961, la CAF (Commissione d’Appello Federale) stabilí che la partita dev’essere rigiocata. Ovviamente, il pensiero di tutti fu quello che ci fosse lo zampino di Agnelli, il quale era anche presidente della Juventus. Perciò, doppio incarico per lui, per un conflitto d'interessi che scodse l'Italia del pallone. Ma "The show must go on", la stagione doveva andare avanti. Si arrivava così all'ultima giornata, la penultima per Juventus e Inter che dovevano recuperare lo scontro diretto. La situazione era questa: Juventus 45, Inter 44, Milan 44. I bianconeri pareggiarono 1-1 con il Bari, il Milan fece 0-0 a Vicenza mentre a Catania si consumò il dramma nerazzurro: l'Inter perse 2-0 in una partita che verrà ricordata anche per la famosa espressione "Clamoroso al Cibali" attribuita al radiocronista italiano Sandro Ciotti a "Tutto il calcio minuto per minuto".
Fu una sconfitta dolorosa per i nerazzurri che gettarono praticamente al vento tutta la loro stagione e regalarono alla Juventus lo Scudetto rendendo ininfluente il recupero dello scontro al vertice della settimana dopo. Per l'occasione il presidente nerazzurro Moratti ordinò a Herrera di schierare la squadra De Martino per protesta contro la CAF, accusata di aver subito l'ingerenza di Agnelli (il quale si dimise dalla presidenza federale poco tempo dopo). La partita finì 9-1 per i padroni di casa; per i milanesi segnò su rigore il diciottenne Sandro Mazzola, figlio dell'indimenticato Valentino e futura bandiera nerazzurra, che realizzò così il suo primo gol con la maglia dell'Inter. I nerazzurri chiusero il campionato al terzo posto con 44 punti, dietro anche ai concittadini del Milan.

La seconda annata: altro giro, altra delusione.
"La vita è una grande delusione" ~ Oscar Wilde, autore inglese
Dopo la grande delusione della scorsa stagione per Moratti ed Herrera era arrivato il momento di fare le cose in grande. Iniziava così la costruzione di quella che sarà la Grande Inter. La rivoluzione del Mago passò soprattutto attraverso un innesto a centrocampo che poi si rivelerà cruciale. Il prescelto è Luis Suarez, pupillo di Herrera al Barcellona. Luisito, Pallone d'Oro in blaugrana, venne ingaggiato da Moratti a fronte di una importante spesa: 250 milioni di lire. L’acquisto più oneroso nella storia del nascente calciomercato, fino a quel momento. In campionato l'Inter dominò il girone d'andata, perdendo solamente il derby di Milano e si laureò campione d'inverno con 4 punti di vantaggio sulle rivelazioni Bologna e Fiorentina, nonché 5 sul Milan. Ancora una volta, però, la seconda parte di stagione fu fatale per i nerazzurri a cui non bastò vincere la stracittadina di ritorno: i meneghini persero diversi punti per strada e subirono la rimonta dei rivali rossoneri, che si aggiudicarono il tricolore lasciando alla Beneamata solo il secondo posto. Per Herrera dunque due stagioni positive nel complesso ma caratterizzate da crolli primaverili che hanno impedito alla squadra di conquistare l'agognato Tricolore. Una delle più grandi firme del giornalismo italiano, Gianni Brera, colui che coniò il soprannome "abatino" a Gianni Rivera, scrisse sulla Rosea: « Il primo e il secondo anno di sua (di Herrera) milizia in Italia erano stati amarissimi, la gente non era gran cosa e i riti di spogliatoio, conclusi con la famosa bustina, ne facevano letteralmente strame ».

La terza stagione: è finalmente Scudetto.
"Il successo non è mai definitivo, il fallimento non è mai fatale; è il coraggio di continuare che conta." ~ Winston Churchill,uomo di stato inglese.
Helenio Herrera, che aveva chiesto la risoluzione del contratto coi nerazzurri in seguito alla crisi societaria, venne riconfermato da Moratti che credeva nel progetto, al termine della Coppa del Mondo 1962, nella quale aveva guidato la Nazionale spagnola, proprio quando Edmondo Fabbri, reduce dal miracolo Mantova, era pronto a insediarsi sulla panchina dell'Inter. Nelle prime giornate i nerazzurri ebbero qualche difficoltà ma riuscirono comunque a rimanere nella parte alta della classifica. Il 23 dicembre, nel turno prima di Natale, sconfissero la Juventus ma un doppio pareggio intralciò la corsa nerazzurra e il 13 gennaio furono i bianconeri a terminare il girone d'andata in testa con un punto di vantaggio sui rivali, due sul Bologna e quattro sul Lanerossi Vicenza. L'aggancio dell'Inter sulla Juventus arrivò infine il 3 febbraio. Successivamente, dopo un mese di coabitazione al primo posto, i torinesi persero il derby e l'Inter balzò in testa: non lasciò più la prima posizione, aumentò il suo vantaggio e il 5 maggio, data croce e delizia per i colori nerazzurri, nonostante la sconfitta a Roma, si laureò aritmeticamente Campione d'Italia. Fu il primo Scudetto dell'era Moratti-Allodi (e ottavo della storia interista),arrivato su rimonta dopo che nei due tornei precedenti erano stati proprio i nerazzurri ad averla subita,la rimonta. Ecco la formazione che vinse lo Scudetto, una di quelle che a quei tempi entravano talmente in testa da essere recitate a memoria, a essere come una filastrocca: in porta Lorenzo Buffon, la difesa veniva guidata dal capitano Armando Picchi, trasformato in libero da Herrera, davanti a lui c'erano Tarcisio Burgnich, baluardo anche dell'Italia e Aristide Guarneri. Sulla fascia sinistra venne attuata la prima rivoluzione tattica di Herrera: Giacinto Facchetti,confermato ormai in pianta stabile in prima squadra, diventò il primo terzino capace di affondare in avanti il cosiddetto fluidificante. Per farci capire,quello che Oronzo Canà (Lino Banfi) cercava per la sua Longobarda nel celebre film "L'allenatore nel pallone". A centrocampo c'erano il mediano Franco Zaglio e il regista Luis Suárez, all'ala destra c'era il nuovo arrivato brasiliano Jair, riserva di Garrincha nella nazionale verdeoro, poi Corso e Sandro Mazzola, anch'egli giovane confermato in prima squadra, che fungeva da mezz'ala con al centro Beniamino Di Giacomo.

La quarta stagione: la prima Coppa dei Campioni ma lo Scudetto va al Bologna.
"Se uomo preferisce donna a Coppa Campioni allora forse è bravo fidanzato ma non vero uomo." ~ Vujadin Boskov, allenatore di calcio.
Donna o Coppa dei Campioni? Chissà cosa avranno scelto i tifosi nerazzurri nella stagione 1963, che segnò la prima storica partecipazione dell'Inter alla Coppa dei Campioni. I meneghini esordirono in Europa al Goodison Park, la tana dell'Everton, pareggiando per 0-0. La vittoria nel ritorno per 1-0 garantì il passaggio al turno successivo. Vennero in seguito eliminati i francesi del Monaco, gli jugoslavi del Partizan e in semifinale i tedeschi del Borussia Dortmund. In finale al Prater di Vienna, davanti a 72.000 spettatori, incontrarono gli spagnoli del Real Madrid, già vincitori per cinque volte consecutive nel torneo. Per Herrera fu l'occasione della grande vendetta verso le Merengues ​​,lui che aveva allenato il Barcellona ed era stato cacciato proprio per una bruciante sconfitta in un Clásico in una Coppa dei Campioni. Il tecnico sentí talmente tanto la partita che azzeccó ogni mossa: Tagnin in marcatura su Di Stéfano, alla sua ultima partita in maglia bianca, Guarneri su Puskás, Facchetti su Amancio, Burgnich su Gento e in più Suárez arretrò occupandosi di Felo. L'Inter, chiusa nella propria metà campo, controllò le sfuriate iniziali di Amancio e Di Stéfano che conversero il gioco su Puskas. E al 42' passò in vantaggio: Guarnieri tolse palla a Puskas e la smistò sulla sinistra a Facchetti; questi serví di precisione Mazzola che controllò e con un tiro preciso collocò la palla alle spalle di Vicente. Alla rete di Mazzola segue un palo di Gento in apertura di ripresa e poi il raddoppio di Milani al 61' e quando il ritorno dei madrileni si fa più insistente dopo che Felo al 70' aveva accorciato le distanze, ancora in una classica manovra di contropiede Mazzola ruba palla a Santamaria e trafigge Vicente in uscita: fu 3-1 e con lo stesso risultato si chiuse l'incontro. 
L'Inter era Campione d'Europa. I nerazzurri vinsero la coppa alla loro prima partecipazione e furono la prima squadra in Europa a vincerla senza neanche subire una sconfitta (7 vittorie e 2 pareggi). Herrera compí così la sua rivincita, mantenne la promessa fatta ai tifosi del Barcellona ed entrò nella storia dell'Inter e del calcio italiano e mondiale. Gianni Brera, un pratico e fervente sostenitore del Catenaccio, colse l'occasione di spiegare a chiare lettere le sue teorie definendo "critici stolidi" coloro che considerano poco spettacolare il gioco dell'Inter: "Fantasia e senso estetico - disse - non contano più nulla se non si pongono come fine la vittoria".
È solo l'antipasto di ciò che scriverà contro il calcio totale di Arrigo Sacchi al Milan. In campionato l'Inter rimase nelle zone alte nel girone d'andata ma alla fine fu il Bologna ad aggiudicarsi il titolo d'inverno alla pari con il Milan.
Poche settimane dopo, il 4 marzo, la FIGC comunicò che cinque giocatori del Bologna erano stati trovati positivi alle amfetamine dopo la partita vinta il 2 febbraio contro il Torino: ai granata fu assegnata la vittoria a tavolino e ai rossoblù un punto di penalizzazione. La magistratura ordinaria, tuttavia, intervenne sequestrando le provette di urina dei calciatori e, dopo un controllo accurato all'interno del Centro Tecnico di Coverciano, si scoprì che i campioni erano stati manomessi. Per tale motivo,la CAF annullò le sentenze. Durante questi due mesi e mezzo in campo la squadra emiliana aveva subito il ritorno dell'Inter, che alla ventisettesima giornata vinse lo scontro diretto a Bologna portandosi a un solo punto dalla vetta. I rossoblù provarono a resistere, ma il 17 maggio l'Inter li raggiunse.
Entrambe le squadre terminarono il campionato al primo posto a quota 54 punti, circostanza mai verificatasi fino ad allora in Serie A. Dopo aver inizialmente accolto la proposta del direttore responsabile della Gazzetta dello Sport Gualtiero Zanetti di assegnare in via eccezionale all'Inter lo scudetto 1964 e al Bologna quello del 1927 (revocato al Torino per il caso Allemandi e mai assegnato), il presidente federale Giuseppe Pasquale decise alla fine di non derogare al regolamento e far quindi disputare uno spareggio per l'assegnazione del titolo; lo Stadio "Olimpico" di Roma vinse il ballottaggio con il "Ferraris" di Genova per ospitare la gara,che venne fissata per il 7 giugno.
Pochi giorni prima dello spareggio, l'Inter si aggiudicò la Coppa dei Campioni, mentre il Bologna fu colpito da un lutto: il presidente Dall'Ara morì improvvisamente il 4 giugno, colto da un infarto mentre erano in corso le discussioni con Moratti, presidente dell'Inter, sui dettagli per lo spareggio. Ai funerali, il 5 giugno, non poterono partecipare i giocatori,visto che la FIGC decise di non rinviare la gara. Nonostante lo stato d'animo opposto a cui si presentarono all'incontro, furono i bolognesi a imporsi con due gol nella ripresa e a vincere il loro settimo scudetto.

La quinta stagione, primo "Triplete" : Serie A, Coppa dei Campioni e Coppa Intercontinentale.
"Vincere è difficile, confermarsi lo è ancora di più"
Per la stagione successiva venne acquistata l'ala destra Angelo Domenghini (trasformato in centravanti da Herrera a causa della presenza nel suo ruolo di Jair) ed entrò definitivamente in prima squadra il ventenne mediano Gianfranco Bedin che a stagione in corso prese il posto di Carlo Tagnin. In campionato alla fine del girone d'andata in testa c'era il Milan che con ben 5 punti di vantaggio sui nerazzurri su laureò campione d'inverno. I punti divennero anche sette. Dalla settimana successiva iniziò la serie positiva dell'Inter: otto vittorie consecutive (tra cui un 5-2 nel derby di ritorno) le permisero l'aggancio in vetta. Il Milan inizialmente reagì ritornando in testa, dopo il pareggio dei nerazzurri a Vicenza, ma il 16 maggio la sconfitta interna contro la Roma costò ai rossoneri lo scudetto, che l'Inter si aggiudicò aritmeticamente all'ultima giornata. La striscia di vittorie prosegui con la conquista della seconda Coppa dei Campioni: l'Inter non trovò ostacoli sul suo cammino fino alle semifinali dove, nella partita di andata,fu sconfitta per 3-1 dagli inglesi del Liverpool; nella partita di ritorno, in un San Siro gremito (90.000 spettatori), l'Inter doveva vincere con tre gol di scarto (all'epoca infatti non esisteva la regola dei gol fuori casa): e così fu. All'ottavo minuto di gioco Corso,su calcio di punizione a foglia morta,la sua specialità,portò i nerazzurri in vantaggio.Un minuto dopo Peirò raddoppiò.Al 62' Facchetti in proiezione offensiva segnò il 3-0. La finale si disputò a San Siro e la squadra superò il Benfica per 1-0 con gol di Jair. L'Inter vinse così la seconda Coppa dei Campioni consecutiva, entrambe superando in finale due squadre leggendarie, il Real Madrid di Puskas, Di Stefano e Gento e il Benfica di Eusebio. Quell'anno giunse anche la prima Coppa Intercontinentale grazie al successo sull' Independiente; dopo aver perso la gara di andata in Argentina per 1-0, i nerazzurri prevalsero a San Siro per 2-0 con le reti di Mazzola e Corso. Nella terza e decisiva partita giocata allo stadio Santiago Bernabéu di Madrid l'Inter vinse per 1-0 con gol di Corso nei supplementari: fu la prima squadra italiana a vincere la coppa.

La sesta stagione: arrivarono la Stella e un nuovo trionfo mondiale.
"Non so nulla con certezza, ma la vista delle stelle mi fa sognare" ~ Vincent Van Gogh, pittore olandese.
Un organico pressoché immutato andava ad affrontare la stagione 1965-1966. I nerazzurri nella nona giornata conquistarono la vetta, tallonati da Milan e Napoli, rispettivamente seconda e terza forza alla fine del girone d'andata. Nel girone di ritorno l'Inter mancò più volte il colpo decisivo e spesso rischiò di lasciarsi recuperare. La sconfitta di Catania (1-0) fece vacillare i nerazzurri, che videro avvicinarsi il Napoli a due punti. Sistemarono tutto sei vittorie consecutive, tra cui una vittoria nel derby per 2-1: al termine di questa serie, il 17 aprile, il Milan aveva ceduto di schianto e si era ritrovato a 11 punti di distanza; il Napoli e il Bologna erano seconde a 6 punti di distanza. Il finale mise in dubbio la vittoria dell'Inter, due pareggi e una sconfitta nello scontro diretto contro il Bologna diminuirono lo svantaggio di tre punti. Due vittorie contro Juventus (3-1) e Lazio (4-1) permisero ai nerazzurri, il 15 maggio, di vincere un sofferto scudetto, quello della stella sul petto, simbolo di dieci scudetti. In Coppa dei Campioni, dopo aver eliminato la Dinamo Bucarest (1-2 e 2-0) e il Ferencvaros (4-0 e 1-1), il Real Madrid si prese la rivincita di due anni prima, eliminando i nerazzurri (0-1 e 1-1) e si involò verso il suo trionfo, il sesto. In Coppa Italia l'Inter venne eliminata in semifinale. Arrivò di nuovo anche la Coppa Intercontinentale, ancora contro l'Independiente. A San Siro l'Inter vinse 3-0 con gol di Peiró e doppietta di Mazzola, poi fece 0-0 in Argentina. Con queste tre vittorie l'Inter divenne la prima squadra in Europa e l'unica squadra italiana a realizzare il particolare treble costituito da Scudetto, Coppa dei Campioni e Coppa Intercontinentale in un anno solare (dopo aver conseguito lo stesso risultato nell'arco della stagione 1964-65). L'Inter si laureò così Campione d'Italia, d'Europa e del Mondo, era la squadra più forte di tutte.

La settima stagione: una doppia, amara, beffa.
L'estate successiva alla débâcle della nazionale italiana al campionato del mondo 1966 in Inghilterra portò a una grande rivoluzione nel calcio italiano. La Federcalcio arrivò alla drastica decisione di bloccare gli ingaggi di giocatori stranieri provenienti dai campionati esteri; i soli già militanti in Italia poterono continuare a calcare i campi della penisola. La chiusura delle frontiere sconvolse i piani di mercato dell'Inter, costretta a rinunciare ad accordi conclusi con due dei maggiori campioni internazionali del tempo, il tedesco Beckenbauer e il lusitano Eusébio. Il club scelse quindi di confermare quasi del tutto la squadra campione uscente.
"Ich bin Ballack”, ‘Io sono Ballack’. ~ Angela Merkel, cancelliera tedesca.
La frase venne pronunciata dalla donna di stato tedesca per sottolineare il suo essere leader, capitano della squadra di governo così come il centrocampista lo era per il Bayern Monaco e la sua Nazionale.
In realtà Ballack oltre per il suo indiscutibile leadership e carisma, è ricordato per essere stato in diverse occasioni un "eterno secondo". Nel 2002 con il Bayer Leverkusen infatti arrivò 2º in Bundesliga, in finale di Coppa di Germania, in finale di Champions League e con la Germania in finale del Mondiale 2002 in Corea del Sud e Giappone. Come l'Inter,che nel 1966-1967 arrivò a un passo dal traguardo in Campionato e in Champions League ma in entrambi i casi mancò l'appuntamento con il trionfo.
L'Inter partì bene, vinse le prime sette gare (subendo un'unica rete) e, nel giro di poche settimane, staccò Napoli e Juventus. Col tempo però, la squadra di Helenio Herrera perse diversi punti per strada e venne agganciata dai bianconeri, i quali si lasciarono poi sfuggire la rivale dopo appena una settimana a causa di un pareggio arrivato nel finale con l'incostante Milan. Superato indenne lo scontro diretto, l'Inter si laureò campione d'inverno con un punto di vantaggio sui rivali penalizzati, nella gara contro la Lazio, dall'arbitro De Marchi di Pordenone,che negò a De Paoli una rete regolare. I tre pareggi consecutivi in cui incappò la Juventus nelle prime giornate del girone di ritorno spinsero l'Inter a più quattro sui piemontesi. Nelle settimane a venire il vantaggio oscillò sempre tra i due e i quattro punti; alla trentesima,la Juve cadde a San Siro contro il Milan e l'Inter sembrò ormai vicina al titolo. Ma il logorio di alcuni giocatori e la stanchezza pesarono sui lombardi, che persero lo scontro diretto e impattarono contro Napoli e Fiorentina:la Juve,a un turno dal termine, si ritrovò a meno uno. Il 25 maggio, a Lisbona, i nerazzurri persero la Coppa dei Campioni contro il Celtic di Glasgow e la settimana dopo, a Mantova vennero sconfitti 0-1 per un errore del portiere Sarti, che si fece sfuggire un tiro-cross dell'ex Di Giacomo, assistendo al sorpasso-scudetto di una Juventus vittoriosa sulla Lazio. La sconfitta contro i virgiliamo è da molti considerata come l'inizio del tramonto della Grande Inter di Herrera. Nella sfida contro i virgiliani,inizialmente la squadra recriminò per la direzione di gara di Francesco Francescon; il presidente Angelo Moratti, tuttavia, troncò sul nascere ogni polemica con le sue parole: «Siamo stati grandi quando si vinceva,cerchiamo di essere grandi anche ora che abbiamo perduto.Forse siamo rimasti troppo tempo sulla cresta dell'onda.E tutti a spingere per buttarci giù.Ora saranno tutti soddisfatti.»

L'ottava stagione: la fine
La stagione 1967-1968 dell'Inter si concluse al quinto posto in Serie A e al terzo nel girone finale di Coppa Italia. Il 18 maggio 1968 Angelo Moratti lasciò, dopo tredici anni, la presidenza. Con lui se ne andarono anche Helenio Herrera e Italo Allodi.
«Tifo lo stesso, soffrendo molto meno. Non sento più la responsabilità imposta dalla folla.Sono un tifoso in mezzo ai tifosi.»

Terminò così il ciclo d'oro della Grande Inter, capace di vincere ben 7 trofei tra campionati, Coppe dei Campioni e Coppe Intercontinentali. Tanti trionfi che hanno fatto la storia del club nerazzurro, della storia del calcio italiano, del calcio europeo e del calcio mondiale. Solo l'Inter del 2010 di Mourinho e di Massimo Moratti, sulla scia del compianto padre, riuscì ad avvicinarsi per trofei vinti ed emozioni a quella squadra straordinaria.

Cari lettori ora mi rivolgo a voi: spero abbiate apprezzato questo grande lavoro svolto basato sul recupero di informazioni su siti e su libri dato che per ovvie ragioni di età non ho goduto dal vivo delle gesta di questa grande squadra.
In caso conosceste altri aneddoti sulla Grande Inter, scriveteli nella sezione commenti.
Come sapete non potrò modificare l'articolo, ma potrebbero essere informazioni utili per arricchire il racconto.
Appuntamento alla prossima grande storia: il Milan di Arrigo Sacchi.