Da un paio di anni a questa parte la Valencia sportiva vive in un clima di rabbia e di sfiducia per quanto sta accadendo ai piani alti della dirigenza dei Pipistrelli ma, forse non tutti se ne sono ancora accorti, in un quartiere della città si sta consolidando una realtà che già da un decennio prova a guadagnarsi uno status sempre più importante nel panorama calcistico spagnolo il Levante del suo presidente Quico Catalan.

Nato a Madrid ma adottato a vita dal Levante, società di cui è presidente dal gennaio 2010 ma nella quale è entrato qualche anno prima, come portavoce del consiglio del presidente precedente, Pedro Villarroel, che aveva inguaiato fortemente il club dal punto di vista economico. In meno di un anno Catalan è stato promosso da portavoce a dirigente generale e poi eletto presidente, trovandosi costretto ad affrontare svariati problemi: un debito che ammontava a 90 milioni di euro, cifra enorme per una squadra come il Levante, una squadra che alternava da anni ottime stagioni in Segunda Division ma che poi aveva un impatto pessimo con la Liga e infine una tifoseria che ribolliva di rabbia nei confronti di Villarroel per come aveva ridotto il team. Sotto il suo controllo il Levante ha vissuto e sta tutt’ora vivendo il periodo più splendente nella sua storia pluricentenaria. Dopo la promozione immediata nel 2010, i Granotas rimasero per sei anni consecutivi in Primera Division, ottenendo anche una qualificazione per l’Europa League sotto la guida di Juan Ignacio Martinez, poi una brutta retrocessione al termine della stagione 2015/2016 e un’immediata risalita nella massima categoria l’anno successivo.
Però, siccome non sono i presidenti che scendono in campo a giocare, è giusto tenere in considerazione il lavoro che ha svolto fuori dal terreno di gioco e credo di poter affermare che quanto fatto da Quico Catalan va ben oltre i risultati ottenuti in questi anni. Per cominciare ha fatto partite un concorso per creditori che volessero sostenere il club riducendo il debito, che grazie a ciò oggi ammonta a circa 20 milioni di euro e la cosa meglio riuscita è stata la strategia di mercato applicata fin dal suo insediamento che mira a prendere giocatori semisconosciuti al grande pubblico, militanti principalmente nelle serie minori spagnole per valorizzarli e poi rivenderli per fare plusvalenze, oppure vecchie promesse del calcio iberico sulle quali ormai sono in pochi a credere in un loro rilancio. Dalla sessione di mercato estiva del 2010, la prima in cui poteva operare, Catalan ha speso 68 milioni (dati Transfermarkt) per acquistare giocatori, di cui oltre l’80% solo nelle ultime quattro stagioni a causa dell’innalzamento sproporzionato dei valori di mercato. Dalla vendita di quest’ultimi ha ricavato 108 milioni, con un ricavo netto di 40 milioni di euro, frutto di un’ottima rete di scouting capace di scovare giocatori come Keylor Navas nel 2012 dall’Albacete, all’ora in Segunda B, pagato 150 mila euro e venduto 3 anni dopo al Real Madrid per 10 milioni, oppure Jefferson Lerma, acquistato nel 2015 per 900 mila euro dai colombiani dell’Atletico Hulia e rivenduto al Bournemouth nel 2018 per 28 milioni, un altro esempio è una conoscenza della Serie A, Felipe Caicedo, oggi alla Lazio, nel 2010 è stato uno dei primi acquisti dell’era Catalan, costato un milione, la promessa del Manchester City è stata venduta solo un anno dopo al Lokomotiv Mosca per 7,5 milioni di euro. Sono stati fatti grandi investimenti anche sul settore giovanile, infatti la prima squadra di oggi presenta come punte Roger Marti e José Luis Morales, prodotti della cantera e che sono co gli anni diventati i due migliori marcatori della storia del Levante, mentre l’attuale allenatore Paco Lopez è stato ingaggiato per allenare la seconda squadra dopo tre anni alla guida del Villareal B e gli è bastata una stagione per guadagnarsi la promozione a mister della prima squadra. Infine va detto che Quico Catalan ha anche rigenerato entusiasmo fra i tifosi riuscendone a conquistarne anche di nuovi, gli abbonati dell’anno scorso erano oltre 22000 grazie alla ristrutturazione dello stadio Ciutat de Valencia, costata 10 milioni di euro e al progetto che sta prendendo sempre più forma di rinnovare completamente il centro di allenamento rendendolo una cittadella sportiva nella quale, entro il 2023, anno di scadenza del suo mandato e che lo regalerà alla storia come presidente più longevo di sempre dei Granotas, tutte le selezioni giovanili del Levate giocheranno e si alleneranno li.

Vediamo ora come gioca il Levante e quali sono i suoi interpreti più importanti. Paco Lopez da 4 anni a questa parte schiera i suoi in campo con un classico 4-4-2 fondato sul lasciarsi attaccare e sfruttare gli esterni di centrocampo per ripartire velocemente. È uno stile di gioco non molto comune in Spagna ma che ogni tanto viene proposto e riscuote un buon successo, l’esempio più lampante è quello dell’Atletico Madrid di Simeone ma non va dimenticato il lavoro svolto da Pepe Bordalas con il Getafe, arrivato ai quarti di finale di Europa League lo scorso anno, però se dopo qualche stagione non trovi delle alternative, cosa che il Cholo ha fatto in maniera sublime al contrario dell’allenatore dei madrileni, l’efficacia comincia a diminuire perché gli avversari riescono a leggerti e a fermarti senza grossi problemi.
A difendere i pali dei valenciani c’è Aitor Fernandez, acquistato nel 2018 dal Numancia, è un portiere non molto alto ma che compensa i suoi 182 centimetri di altezza con degli ottimi riflessi, con l’approdo al Levante ha perso un po’ il feeling col clean sheat, solo 9 in 80 partite, statistica che però è dovuta anche ad una difesa raramente all’altezza della situazione, infatti negli ultimi 3 campionati di Liga i Granotas hanno sempre subito almeno 50 reti finendo sempre fra le peggiori difese della categoria e anche questa stagione il ritmo potrebbe essere questo, visti i più di 12 tiri concessi a partita. Davanti a lui giocano Segio Postigo e Ruben Vezo, quest’ultimo, arrivato dal Valencia la stessa estate di Aitor, è da subito diventato un titolare inamovibile e punto di riferimento della squadra, abile nello stacco aereo è stato frenato da qualche infortunio ma a 26 anni può ancora sperare nella chiamata di una squadra più blasonata. Sui terzini potrebbe servire un po’ di ringiovanimento ma Carlos Clerc e Jorge Miramon di lasciare il loro posto non ci pensano neanche lontanamente e come sostituto c’è Coke, giocatore dato per finito dopo le stagioni altalenanti con lo Shalke 04, sembra essere tornato quello di Siviglia e ha dato un gran contributo ai compagni soprattutto per il raggiungimento delle semifinali di Copa del Rey per la prima volta nella storia del Levante con 2 goal nella competizione, gli stessi della scorsa annata.
A centrocampo ci sono due coppie che si alternano in base alle partite e in base a ciò che chiede l’allenatore, una più di solidità a fare da diga davanti alla difesa composta da Radoja, che gioca a causa dell’infortunio di Vukcevic, acquisto più costoso della storia del Levante, con Mickael Malsa e una più offensiva che partecipa alla manovra e spesso trova anche la soluzione vincente, goal o assist non fa differenza, composta dal Gonzalo Melero e Josè Campaña. Della seconda coppia fa parte il pezzo più pregiato e richiesto di tutta la squadra, Jose Campaña, centrocampista capace di fare sia la mezz’ala sia l’interno in un centrocampo a 2, ha un piede molto fine e infatti nelle ultime 2 stagioni è stato il miglior assistman della squadra, con 7 e 9 passaggi vincenti, mentre quest’anno un brutto infortunio lo perseguita da inizio dicembre, Gonzalo Melero invece è un giocatore che, come si dice in gergo, fa legna ma è anche abile al momento di concludere, è stato preso dall’Huesca nel 2019 dopo la retrocessione di quest’ultima ed è stata un'altra grande chiamata del direttore sportivo Manolo Salvador. L’altra coppia vede l’ex Celta Vigo Radoja coadiuvato da Malsa, arrivato in punta di piedi dal Mirandes l’estate passata, anche grazie agli infortuni dei suoi compagni di reparto, si è guadagnato la titolarità indiscussa, è il secondo della squadra per intercettazioni e contrasti portati a termine per partita.
Sulle fasce i titolari designati sarebbero Ruben Rochina e Enis Bardhi, il primo quest’anno non sta rendendo come ci si aspettava, è a secco sia di reti che di assist, mentre il secondo, giocatore che personalmente mi piace veramente tanto, ha avuto un infortunio muscolare che lo ha tenuto ai box per 2 mesi e difficilmente riuscirà a ripetere la spettacolare stagione passata conclusa con 7 goal e 3 assistenze, anche se ha sempre avuto il vizio del goal. Al posto di Rochina sta trovando sempre più spazio un ex canterano del Real Madrid, Jorge de Frutos, 3 marcature e ben 10 passaggi vincenti in stagione, abile nel dribbling e nello riuscire a ricavarsi spazi per scappare nello stretto, ha trovato l’ambiente ideale per esprimersi al meglio, mentre sulla sinistra è sempre più comune veder giocate il comandante Jose Luis Morales, secondo miglior marcatore della storia del club, cresciuto nelle giovanili del Levante ha giocato solo con la maglia dei Granotas se non per un prestito all’Eibar da giovanissimo, a 14 partite dal termine del campionato ha già eguagliato il suo record personale di reti in Liga in una sola stagione, tutto questo alla veneranda età di 33 anni alla quale è ancora capace di regalare delle giocate di un livello veramente alto davanti alle quali bisogna solo applaudire, per fare un paragone a me piace dire che è un po’ il Quagliarella della situazione.

Nel caso in cui il comandante dovesse giocare come punta, si andrebbe a formare la coppia dei due miglior marcatori all-time del Levante con Roger Marti, punta non molto fisica che soffre nei duelli aerei e che preferisce ricevere un lancio lungo a scavalcare la retroguardia avversaria oppure farsi dare la palla in profondità dove è abilissimo a scattare e a freddare il portiere praticamente in tutte le occasioni. Le alternative sono rappresentate dall’ex Real Betis Sergio Leon, altro giocatore facente parte della categoria dei calciatori da rivitalizzare, con lui quest’operazione è riuscita solo in parte ma comunque non fa mai mancare il suo contributo soprattutto in aiuto alla squadra in fase di non possesso, mentre la quarta punta è un altro ex canterano del Real Madrid arrivato in estate insieme a de Frutos, Dani Gomez, attaccante molto simile a Roger Marti fa del dribbling la sua arma migliore e fa in forte difficoltà quando deve far salire la squadra proteggendo palla nella metà campo avversaria, ha margini di miglioramento ma è sicuramente più indietro nel processo di crescita rispetto all’altro ex Blancos.

Penso di non poter dire nient’altro su questo Levante se non augurargli buona fortuna in vista della semifinale di ritorno di Copa del Rey a San Mames contro l’Athletich Bilbao dopo l’1 a 1 dell’andata in terra valenciana, per continuare a scrivere pagine di questa bellissima realtà.