Cinque gol. Uno più "brutto" dell'altro. Nessun colpo artistico, nessun colpo da maestro, nessun tiro meraviglioso o dribbling degno di nota. Nulla di tutto questo. Solo fame. La fame del campione. Di quello che vive per la vittoria e per buttare la palla in rete, in qualunque modo; non importa la bellezza, conta l'obiettivo: segnare.
Così potremmo descrivere i gol di ieri sera. I 5 gol di ieri sera. Il terzo gol è un esempio lampante della fame che Erling Braut Haaland dimostra di avere in campo: aveva già segnato 2 gol, la partita era in discesa, la palla sbatte sul palo opposto alla sua posizione e galleggia sulla linea di porta, un difensore riesce a a rilanciare... Ma la palla non va da nessuna parte se non in fondo al sacco perchè così ha deciso Erling, che arriva come un treno in corsa e ribatte il rilancio del difensore. Gol. Tripletta. E non finisce qui, perchè in un ottavo di finale di Champions, contro una squadra ed una difesa di tutto rispetto, ne farà altri 2. Altri 2 gol. 5 totali.
Ma ripetiamolo, non c'è tecnica eccelsa in quei gol, c'è solo la fame, che attira a se ogni bene e ogni fortuna. Ricordate Pippo Inzaghi? Ricordate la fame che metteva in campo? Ogni pallone vagante era suo. Non aveva la tecnica di Kakà o di Dinho; non aveva il fisico di Ibra o la velocità di Pato. Ma lui c'era sempre; la sua fame lo portava sempre nel posto giusto nel momento giusto, e se la palla non era sua, e un portiere sbagliava di un centesimo di secondo un tocco o uno stop, lui era lì pronto a pungerlo come uno scorpione alla sua vittima. Fame. Non talento. O il suo talento era quello di riuscire ad avere sempre fame. La si può pensare in tutti i modi, ma il concetto non cambia: quello che fa la differenza è la fame.

Il georgiano di Napoli, Kvaratschelia, è tecnicamente fortissimo, è rapido, fisicamente e muscolarmente è messo bene, ma anche lui ha quel quid che lo porta ad andare ancora oltre le sue capacità, ed è la fame. Osimhen è uguale, non molla un pallone, oltre ad avere caratteristiche fisiche eccellenti, ha la fame che lo porta a fare la differenza. Fame oltre al talento.

Ecco la differenza tra un Kvaratschelia e un Leao: uno ha fame, l'altro no; uno non molla un pallone, l'altro raramente lo si vede rincorrere un pallone; uno quando passa il pallone lo fa con la voglia di fare arrivare il pallone al compagno, l'altro quando passa il pallone pare voler fare un favore a qualcuno; uno dimostra di avere fame e niente giochini fini a stessi o dribbling superflui perchè l'obiettivo è di andare a buttare la palla in fondo alla rete che sia lui o qualcuno su suo assist, l'altro pensa a giochicchiare, a fare la giocata di fino che raramente riesce e tenta costantemente tiri da 40 metri che quasi sempre sbattono sul primo difendente o bussa al terzo anello.
Fame da una parte, appagamento dall'altra. Ma appagamento per cosa? Ha vinto uno scudetto da protagonista, è vero, ma poi? il nulla, e quest'anno è quasi totalmente assente. Il Milan ha passato il girone di champions, ha passato gli ottavi, ma qualcuno si ricorda di Leao? Qualcuno ha in mente impressa una sua giocata? La risposta è no.

Questo è il motivo per cui Leao non diventerà mai un fuoriclasse, ma un grande talento che se la sera prima non ha fatto molto tardi o non ha passato troppo tempo ad incidere qualche disco allora ti farà, forse, la differenza; ma la maggior parte delle partite camminerà per il campo, cercando di fare i soliti dribbling e i soliti tiri senza senso.
Questo è il motivo per cui, per poterlo avere, uno dovrà essere strappato con un'offerta fuori mercato al suo club e l'altro invece con una giusta offerta partirà senza dubbio, e dovrà partire senza dubbio, perchè c'è bisogno di altro per vincere con continuità: c'è bisogno di gente che abbia fame, e che non soffra di appagamento precoce.
Adios Leao, talento appagato.