Negli ultimi giorni è balzata alle cronache finanziarie la crisi del più grande colosso dello streaming al mondo: Netflix. “Ben gli sta”, “Chi se ne importa”, “Ma a me cosa cambia se fallisce o meno?”.
Il qualunquismo imperante ha subito trovato terreno fertile tra i suoi degni portavoce, che hanno già brandito il vessillo del “Ma che ce frega” di fioriniana memoria. E invece, anche se incredibile agli occhi dei più, quando una delle più importanti aziende del mondo dichiara apertamente di essere incontro ad una flessione del numero di abbonati, cosa mai accaduta da oltre dieci anni a questa parte (cioè, il Milan era campione d’Italia, per intenderci), allora dobbiamo tutti fermarci e riflettere sul fatto che: sì, è una notizia sconvolgente, se una delle Top 5 appartenente alla FAANG (Facebook, Apple, Amazon, appunto Netflix e Google) soffre. E già qualcuno grida alla fine di questo acronimo, visti anche i recenti crolli di Facebook (sebbene il nemico sia in casa, caro il buon Instagram). E ciò a prescindere dall’utilizzo del mezzo specifico.
Io non ho mai posseduto, desiderato, comprato, venduto, guardato un i-Phone (a parte quando costretto e affascinato da quel design unico, da quello stile e da quel non so che di pubblicistico/tecnologico che solo una mela mangiucchiata può offrire), ma ritengo che se per qualche assurda congiunzione astrale il colosso statunitense dovesse avere un periodo di scarsa brillantezza… beh, ecco, direi che buona parte dell’economia mondiale non ne godrebbe. Affatto. Pertanto, la dichiarazione agli azionisti da parte del board dell’azienda rossonera (no, non la seconda squadra di Milano: e sono a due riferimenti nel giro di poche righe, si vede che ho paura stavolta) deve far riflettere. Tutti, certo, ma in particolar modo gli analisti di mercato, gli addetti ai lavori e, naturalmente, chiunque abbia un legame professionale con codesta azienda. Indirettamente, molta gente, detta senza ritegno.
Solo che, quando riflettevo sui motivi che hanno portato ad una situazione del genere, mi è venuto in mente che: ehi, anche il mondo del calcio è in crisi. Esattamente come Netflix. E, guarda un po', anche per una serie di motivi che accomunano due fenomeni così vicini e così diversi. Vicini perché sono forme di intrattenimento, il sale della vita, ciò che rende l’esistenza degna di essere vissuta. Diversi perché, naturalmente, parliamo di espressioni differenziate sotto tutti i punti di vista.
Ma quindi, Netflix e il calcio, di che problemi soffrono? Disney+, Prime Video, Chili, Now Tv e chi più ne ha ne metta. Sembra un’era fa quando Netflix rappresentava la rivoluzione.
Croce e delizia del progresso: si lascia il segno nella storia, ma per poco tempo. Non ti lasciano neanche il gusto di segnare una generazione, che immediatamente c’è già qualcuno che è pronto a rubarti il trono (non di spade: già, anche lui ha fatto il suo tempo, eppure è finito appena 4 anni fa. Non fosse per i libri…).
Stessa sorte per il calcio, anche se qui il problema è di natura differente: per carità, ci sono degli sport in crescita (tennis e rugby i primi che mi vengono in mente), ma il vero rivale del gioco più bello del mondo è proprio quello spinto dalle nuove tecnologie. Sì, parliamo dei videogames.
Chi scrive non considera i videogiochi una forma di intrattenimento, ma qualcosa di tremendamente triste. Sia ben chiaro, nessun giudizio, ma non riesco a trovare bellezza o fascino nello stare ore e ore immerso in una realtà virtuale o davanti uno schermo. Certo, qualcuno potrebbe obiettare: stare a guardare una partita o un film non sono un’immersione in qualcosa che non ti appartiene? Indubbiamente, ma vogliamo paragonare la trasmissione dei valori di un’opera o di uno sport con… cosa, esattamente?
Ribadisco, io non ne sono niente di giochi. Provai l’ebbrezza ai tempi della PlayStation, ma mi sono fermato lì. Sicuramente a livello grafico c’è stata una crescita strabiliante, hanno creato un’industria notevolissima e dunque guai a demonizzare, ma è una questione di gusto personale. E, nel mio caso, non trova posto.

Sì, ok, la concorrenza. Sì, ok, i costi esagerati. Sì, ok, la condivisione degli account (tema molto “calciofilo” nell’ultimo anno). Vi è però un grande problema di cui gli analisti finanziari non se ne occupano (e qualcuno potrebbe anche affermare con fierezza: “ci mancherebbe”) ma che, a mio avviso, rappresenta uno dei punti cardine del primo declino di Netflix e che lo accomuna più di tutti al mondo del pallone.
E il grande nemico del successo è: la quantità eccessiva di prodotti disponibili sul catalogo.
“Ma che dici? Non c’è niente su Netflix di interessante!”.
Credo che questa sia una delle frasi maggiormente utilizzate dai detrattori (o presunti tali) della piattaforma di streaming. Ciò è un problema distorsivo, un po' come quelli che dicono che i calciatori, per lo stipendio che percepiscono, dovrebbero giocare ogni tre giorni. Sì, perché non facciamo come la tanto agognata NBA, a distanza di 24 ore? L’ingordigia di avere sempre e sempre di più è il contrario della qualità. Su Netflix si pubblica di tutto, praticamente quotidianamente. E se si scorre il catalogo, si trova tanta di quella roba che non bastano tre vite per vederle tutte.
Ovvio, non tutti sono interessati ai diversi generi, ma dire che non si trova qualcosa da guardare è una follia. Anzi, è proprio il contrario: c’è troppo. Troppi contenuti, troppe serie che non ti puoi perdere, troppi episodi, troppo tutto.
Sì, ma il tratto comune col calcio? Volete davvero che ve lo spieghi? Si gioca ogni giorno! Non vi è una singola giornata in cui non vi sia un impegno in un campionato di prima fascia, una partita di Serie B, una partita di una coppa internazionale, un recupero, un anticipo o un posticipo. E si gioca a tutte le ore, di lunedì, di sabato, di domenica.
Mi è capitato recentemente di discutere con una persona appassionata di calcio. O almeno, così pare. Eppure, e lo capisco, faceva fatica a ricordarsi i calciatori di alcune squadre, non riusciva a raccapezzarsi tra chi gioca prima, chi gioca dopo, chi fa questo, chi fa quell’altro. E come si può reggere un ritmo simile? Chi può avere tanto tempo a disposizione per seguire il calcio in questo modo? I giornalisti? Neanche. Non si può perché è inumano. Così come è inumano prevedere una marea di serie in streaming da poter guardare. Non lo farà mai nessuno. Perché il troppo stroppia. Sia nell’intrattenimento puro, sia nel calcio. Il binge-watching: ma qual è il gusto di vedere otto episodi in fila? È la rovina del piacere e dello stesso successo.
La percezione che Netflix sia inutile la si può dedurre anche da queste piccole cose. Se esce una stagione di una serie che amo tutta insieme e la guardo in un giorno, mi spiegate cosa faccio gli altri 29 giorni del mese? A che mi serve? E via di disdetta.
Banalizzo, ovvio, ma è chiaro che vi è questa incidenza, perché non c’è più l’evento.
Idem per il calcio: se qualcuno porterà a compimento il piano di disputare i Mondiali ogni due anni, che cosa ne sarà del fascino della coppa più importante della storia dello sport? Se ogni giorno c’è una partita, dove sta l’unicità? Non mi piace fare il nostalgico, ma ci sarà un compromesso tra la domenica tutti alle 15 e lo spezzatino. Non è possibile avere un turno spalmato su più orari e su quasi una settimana.
Si comincia venerdì e si finisce lunedì: ma che razza di campionato stiamo guardando? Da anni in molti lo dicono, ma nessuno che ascolta. Eppure, i segnali di allontanamento dal mondo del calcio esistono. I ragazzi non sono appassionati come la generazione precedente, anche i più fedeli stanno cominciando a prendere le distanze da questa morbosità.
Calcio, calcio, calcio: ma se lo hai sempre il giocattolo, non perdi il gusto di giocarci? Non ne vuoi uno nuovo? Ecco, cari signori di Netflix e del mondo pallonaro, urge una riflessione: non sarebbe il caso di ridurre? Di ridurre tutto. Meno serie TV, meno film, meno partite: riportiamo ordine almeno nell’intrattenimento. Non fateci nauseare con cataloghi infiniti e calendari asimettrici.
Concedeteci lo svago. Lo svago è quella cosa per cui ti siedi la sera e quando apri la piattaforma streaming in un minuto hai deciso cosa guardare. Non ci fate trascorrere delle ore prima di prendere una decisione.
Lo svago è sapere che si gioca sabato e domenica e che in settimana ci sono le coppe. Un minimo di abitudine, a noi poltroni, lo volete concedere?
Che domande che mi faccio. L’urlo inascoltato di chi si sta disaffezionando al cinema, alle serie, al calcio. Va beh, io sono solo un utente, in fin dei conti, che vuoi che sia? Però, ecco, io ci tengo. Ci tengo a vedermi un film la sera prima di dormire. Ci tengo a sapere che il weekend calcistico contiene due soli anticipi e poi tutto alla domenica.
Ma chi si guarda dieci partite in un fine settimana????? Dai su. Facciamo i seri.

Nulla è più serio del gioco.
Non uccidete la passione in modo definitivo: sta già soffrendo abbastanza.

 

Indaco32