Una voce di mercato di queste ore ha riportato alla ribalta un calciatore che è passato in pochi anni dall’essere una delle più grandi promesse del calcio mondiale a semplice comprimario.
L’esplosione in Croazia con la Dinamo Zagabria lo aveva condotto sino all’Inter e in due anni e mezzo aveva alternato prestazioni timide a giocate che avevano fatto intravedere tutta la purezza del suo talento (indubbiamente) cristallino.

Tanto bastò a decretarne il passaggio al Real Madrid, che gli ha consentito di arricchire portafoglio e palmares, ma non ha permesso a Mateo di lasciare la sua impronta decisiva nei molteplici trionfi blancos.
Anche con la Nazionale, nello storico mondiale russo, nelle gare decisive non ha visto il campo (zero minuti tra semifinale e finale) e il successivo passaggio in prestito al Chelsea targato Sarri non ha sortito l’effetto sperato di una consacrazione finora mai avvenuta.

Ecco, dunque, che si riaffaccia la nostalgia della sponda nerazzurra del Naviglio, dove potrebbe trovare la dimensione perfetta. Sì, perché probabilmente il trasferimento del 2015 è stato un azzardo, una mossa troppo grande per un giocatore che, come dimostrano i fatti, avrebbe avuto bisogno di altro tempo per poter continuare la sua crescita e completare il percorso per diventare un top player in quanto, nonostante i mezzi validissimi, tale appellativo non può ancora essere accostato al centrocampista croato.

Il ritorno all’Inter potrebbe essere la scelta giusta, perché ritroverebbe un ambiente che stravede per lui e ripartirebbe con una considerazione senz’altro maggiore rispetto alle esperienze maturate finora, facendolo sentire uno degli uomini di punta e non una semplice riserva pronta all’uso nelle gare inutili di Champions League.

Un giocatore alla Kovacic, inoltre, ben si presterebbe agli schemi di Spalletti (se dovesse restare in sella, chiaramente) come trequartista utile anche in fase di ripiego a centrocampo. La brillantezza del suo piede è stata offuscata da tanta panchina e poco terreno.

Adesso, a 25 anni, l’età convenzionale della piena maturità calcistica, non può sbagliare: deve rinunciare ai titoli da comparsa e provare un’avventura che lo renda protagonista, che possa farlo sentire importante per la causa, che possa esaltarne le sue eccellenti doti tecniche.
Un’avventura che, perché no, potrebbe avere come cornice proprio il tempio di San Siro (intenti demolitori permettendo) che lo ha fatto conoscere alla platea calcistica.