Scritto con la mia fidanzata Alice

Il popolo bianconero cantava vittoria aveva esultato al momento dell’estrazione a Nyon, come se avessero pescato una squadretta, con cui giochicchiare a calcio, ma senza che rappresentasse un reale pericolo. Mai un “te l’avevo detto” fu più giusto: infatti, esattamente all’indomani del 15 marzo, giorno del sorteggio per I quarti di finale, scrissi e pubblicai su VxL un articolo, in cu chiaramente definivo l’Ajax come “la peggior avversaria che si potesse affrontare” ed, in effetti, ho avuto ragione. Forse ho avuto semplicemente un presentimento, o forse tutto era già scritto, era alla portata di tutti, ma in pochi, volendo e nolendo, l’hanno visto. Sotto il mio articolo I commenti erano chiari: grazie all’esperienza I bianconeri sarebbero passati, togliendo di mezzo questi ragazzacci olandesi. Io, invece, sapevo che l’Ajax aveva un’arma, tanto potente quanto unica, dalla sua parte: il policentrismo, ovvero la presenza di molti giocatori chiave, e proprio questo ha mandato in tilt la difesa bianconera. Chi bisognava marcare, per annulare l’incredibile potenziale offensivo dei Lancieri? Neres o Tadic? O Ziyech? O persino De Ligt? Se vogliamo fare un paragone storico, la partita assomigliava di più ad un combattimento di stampo omerico ovvero una serie di duelli fra singoli, che una vera e propria battaglia medievale, con entrambi gli eserciti schierati, pronti a darsi battaglia. Ma analizziamo nel dettaglio ciò che la Juventus ha sbagliato.

  • Ha sopravvalutato e allo stesso tempo sottovalutato l’Ajax

Lo so, vi starete chiedendo “Come diavolo è possibile sopravvalutare e allo stesso sottovalutare qualcosa”. L’ossimoro nel titolo non deve trarre in inganno: I bianconeri hanno fatto proprio questo. La prima sorpresa fu lo schieramento di De Sciglio dal primo minuto, che lasciava presagire l’utilizzo di uno schema prettamente difensivo, lasciando in panchina Cancelo, sicuramente meno adatto a questo tipo di gioco.

Quindi Allegri temeva l’attacco dell’Ajax? Sì. La velocità di Neres sarebbe potuta essere letale, così come lo sarebbe stata la tecnica di Ziyech o la capacità di inserirsi di Van de Beek. Cancelo non sarebbe riuscito assolutamente a contenere difensivamente I giocatori avversari. Ma allo stesso tempo non la temeva, proponendo una tattica rinunciataria, che si basava sulle semplici ripartenze dei suoi, senza la costruzioni di azioni di gioco. Un gioco affine a se stesso, costruito più sul “carpe diem” latino che sulla disciplina spartana. Insomma, un gioco che, almeno nella logica di Allegri, avrebbe portato alla vittoria per inerzia: in poche parole, schierando Ronaldo, Dybala, Can, Bernardeschi e Pjanic la palla sarebbe entrata, prima o poi. Peccato che questo gioco, basato sulla forza dei singoli e sulla loro capacità di crearsi e di concretizzare occasioni da goal, vada bene contro una squadra che pratica un gioco simile o uguale, come accaduto con l’Atletico Madrid, dove, alla fine, cos’ha prevalso? Non la tattica, ne il calcio, ma il talento dei singoli. Lo stesso è accaduto a Cardiff, con il Real Madrid: la squadra bianconera non aveva un gioco, ma nemmeno I blancos ce l’avevano. Alla fine ha vinto la squadra che aveva I giocatori di maggior qualità nei singoli duelli. Ma l’Ajax non è una squadra con una moltitudine di stelle, distanti anni luce e senza nessuna connessione, schierate in campo, ma è un firmamento di molte piccole grandi stelline vicine fra loro, che riescono a dialogare con un’armonia che si pensava fosse completamente perduta nel calcio moderno.

E la difesa? Beh, quella merita un discorso a parte. Il tecnico Allegri ha sempre dimostrato, da quando è alla Juventus, di fare grande affidamento sulla sua difesa di ferro, che quest’anno ha tuttavia traballato più di una volta, a causa del difficoltoso inserimento di due giocatori, che rispondono ai nomi di Leonardo Bonucci e Joao Cancelo: il primo è ritornato dalla breve parentesi al Milan, dove ha dimostrato di non essere capace di fare il leader (se non lo sei al Milan, figurati alla Juventus!) e di avere evidenti lacune tecniche, oltre ad aver perso lo smalto pre-rossonero. Joao Cancelo, invece, non ha ancora capito ciò che gli chiede l’allenatore: il portoghese deve fare il terzino, cercando prima di difendere e poi di offendere, ma forse che semplicemente Joao non sia un terzino? Ai posteri l’ardua e onerosa sentenza. Al contrario I centrali dell’Ajax, Blind e De Ligt, hanno dimostrato di avere una grande conoscenza dei proprio limiti e delle proprie qualità, grazie al grande lavoro, prima di tutto mentale, di Ten Hag: l’ex Manchester United ha giocato una partita di grande efficacia, neutralizzando completamente gli attaccanti bianconeri, grazie anche alla sua naturale velocità, dettata dal suo passato da terzino sinistro, mentre il “canterano” olandese sembra un veterano a 19 anni, con gli ovvi limiti che la sua età comporta, come la distrazione sul goal di testa di Ronaldo, poi ampiamente riscattato da un numero spropositato di recuperi e anticipi, completati dalla rete che ha decretato l’eliminazione della Juventus. Sulle fasce Tagliafico e Sinkgraven hanno dimostrato grandi capacità nell’arginare le ondate avversarie, senza disdegnare pericolose discese nella trequarti opposta: nonostante I nomi non siano noti e affermati come quelli della Vecchia Signora, il tecnico dei Lancieri ha svolto un lavoro eccellente, riportando alla sua legittima dimora il totalvoetbal olandese, creando un organico che, nonostante la giovane età, è incredibilmente compatto e coeso. Putroppo questa età d’oro durerà pochissimo, poichè, molto probabilmente, già quest’estate vi sarà un esodo di massa verso lidi più ambiti: De Jong approderà al Barcellona per 75 milioni (più 11 di bonus), Tagliafico a Madrid, sponda Atletico, mentre De Ligt è indeciso fra il caldo afoso della Catalogna e la nebbia padana di Torino. Che il destino li faccia incontrare di nuovo? Vedremo, ma non è che adesso ogni anno bisogna comprare chi ti estromette dalla Champions. O no Agnelli?

  • Dybala, non è colpa tua

Il giocatore argentino è da tempo la patata bollente di casa Juventus: lo teniamo o lo vendiamo, lo facciamo giocare e ci puntiamo seriamente? Ma soprattutto, il dubbio che presonalmente più mi preme è rappresentato dal suo ruolo: quando Allegri aprirà gli occhi e capirà finalmente che lui è una prima punta? E quando lo faranno I tifosi bianconeri? Con tutto il rispetto, ma in questo frangente sembra quasi che la dirigenza bianconera abbia messo vere e proprie fette di prosciutto sugli occhi dei tifosi, mettendo completamente in ombra un talento puro come quello di Paulo, che non si è mai esposto contro la società, non ha mai contestato le scelte del mister, anzi: ha sempre lavorato sodo per guadagnarsi un posto da titolare, sacrificandosi anche in ruoli che non gli appartengono minimamente.

Allegri: Dai Federico, è una mezzala?

Federicoz: Non proprio Massimo. Non ha il fisico e neanche la velocità di pensiero per poter interpretare quel ruolo.

Allegri: È un’ala allora?

Federicoz: Nemmeno Massimo, non è un velocista o un dribblomane incallito come Douglas Costa.

Allegri: Forse è un trequartista, o una seconda punta? No dai, sono sicuro questa volta.

Federicoz: Potrebbe esserlo, in linea di massima. Ma non ha la visione di gioco di un Isco e nemmeno lo scatto nel breve di un James Rodriguez. Ha la tecnica, il passaggio, il tiro, ma le qualità che gli mancano sono fondamentali per un trequartista e per una seconda punta.

Allegri: Ma quindi cos’è Paulo, maremma maiala!

Federicoz: È una prima punta, semplicemente. Fisico longilineo, ottima tecnica, capacità di tenere il pallone per alzare la squadra, incredibile freddezza, movimenti da illusionista del pallone. Più limpido di così? Se vuoi un paio di numeri Massimo, sappi che da quando è alla Juventus ha giocato 45 partite da prima punta, segnando 26 goal e realizzando 9 assist, mentre da seconda punta ha giocato 86 partite, mettendo a referto solo 40 goal e 19 assist. Numeri ancora più limpidi. Capito Massimo? Oh, Massimo? Massimo!

Allegri: * caricamento in corso * , * download in corso * , * Dybala prima punta rilevato * , * crash improvviso di sistema * , * funzioni vitali spente *.

In questo (ovviamente immaginario) dialogo platonico con il tecnico livornese, ho messo a nudo dati matematici, che ci danno la certezza che no, Dybala non è niente di ciò che Allegri ci vuole far credere. “Paulo può fare la prima punta in una squadra come il Palermo, dove gioca a 40 metri dalla porta”. Affermazione totalmente insensata, che dimostra una scarsa sensibilità nei confronti di colui che è uno dei diamanti più preziosi del calcio mondiale, che tuttavia viene trattato da misero zircone nella collana della Vecchia Signora, poichè non si oppone mai, non è un centralizzatore di attenzioni come Ronaldo, ne un leader, è semplicemente un giocatore che vorrebbe giocare a calcio come gli piace, ma ciò gli è impedito: e si sa, quando non ti diverti giocando a calcio, non hai minimamente voglia di giocare, anche se sei un professionista. Proprio per questo Dybala ha dimostrato di essere un super-professionista, accettando ogni singola decisione del mister, mettendoci sempre l’anima in ogni prestazioni, nonostante le critiche feroci dei suoi stessi tifosi che lo hanno attaccato anche dopo la buona partita con l’Ajax, in cui si era messo in mostra con alcune ottime giocate, uscendo durante l’intervallo per infortunio. Persino Chirico, noto giornalista juventino, lo ha definito “un pessimo giocatore”, distruggendolo completamente, senza criticarlo ed analizzando oggettivamente la prestazione dell’argentino. Per questo spero che vada via al più presto da questo ambiente malsano per un giovane come lui, che non ha voglia ne tempo di aspettare una maturazione che sicuramente sarebbe arrivata dopo l’addio di Higuain, ma che è stata bloccata dall’ancora più ingombrante arrivo di Cristiano Ronaldo. Oltre ad averci perso Dybala, ci ha perso soprattutto la Juventus, che difficilmente lo piazzerà per più di 70 milioni, a fronte dei 120 che avrebbe potuto ricavare da una sua cessione al Bayern Monaco nell’estate 2018: se ai bianconeri interessano I soldi, sappiano che ne hanno persi parecchi, bloccando il diamante argentino. Karma? Potrebbe essere. Ma Dybala dovrà assolutamente dimostrare il suo talento in una piazza che veramente creda in lui, come l’Inter, lo stesso Bayern, il Manchester United...Perchè Paulo, da fervente tifoso milanista, ti dico che non è colpa tua.

  • Il calcio bianconero, fra mancata fiducia e perduta gioventù

Il calcio italiano, guardando alla Juventus come modello virtuoso, ne ha assorbito i pregi e i difetti: le squadre hanno cercato di emulare il gioco, la tattica, il modo di intendere il calcio, l’organizzazione societaria. Ma soprattutto hanno cominciato a considerare i giovani come soprammobili superflui, su cui investire è sbagliato e poco oneroso, oltre che spesso sbagliato, piuttosto si investono milioni e milioni su giocatori esteri già affermati, con il rischio che non si adeguino al calcio italiano. Oppure, le squadre italiane che lottano contro l’egemonia bianconera, invece di rafforzarsi, aiutandosi fra loro, hanno cominciato ad indebolirsi, comprando I giocatori migliori delle avversarie, cedendo I loro migliori alla Juventus: proprio questo ha distrutto la Serie A.
La Vecchia Signora, da aquila navigata, ha sempre cercato di indebolire le società avversarie, grazie al suo fascino da vincitrice e alla sua potenza economica smisurata, catturando gli “agnellini” migliori, a partire da Pjanic, preso dalla Roma, Higuain dal Napoli, Caldara dall’Atalanta, Szczęsny dall’Arsenal (poichè la Roma non lo aveva riscattato), Cancelo dal Valencia (poichè l’Inter non lo aveva riscattato), Bernardeschi dalla Fiorentina e così via.
Troppi giocatori di livello internazionale, letteralmente ammaliati dalla possibilità di poter vincere qualcosa, anche a costo di sacrificare una possibile carriera da titolare in qualsiasi altra società: Mattia Perin era considerato uno dei migliori portieri italiani al Genoa, dopo un durissimo infortunio si era definitivamente ripreso, lo cercavano Napoli, Roma e Milan, offrendogli un posto da titolare, ma lui ha preferito la Juventus, con I risultati che possiamo ammirare e piangere. Bernardeschi è un vero e proprio artista del pallone, un vero “Brunelleschi”, com’era soprannominato a Firenze dai suoi amati tifosi, ma negli ultimi mesi si è letteralmente “perso nel cammin di nostra vita”, citando il conterraneo Dante Alighieri: le sue magnifiche giocate, paragonabili alle sapienti pennellate del Brunelleschi, sembrano essersi estinte in una mare di panchine continue, di prestazioni sottotono, di fiducia perduta. Una stella tutta italiana, che non aspetta altro che la sua possibilità di brillare, oscurata dalla supernova Ronaldo: conti alla mano, credo che il portoghese abbia fatto più male che bene ai bianconeri, anche se ovviamente lui si è mantenuto su prestazioni galattiche. Creando un evidente Ronaldo-dipendenza, che si nota soprattutto nelle partite dove manca e in cui nessuno si prende la responsabilità di trascinare la squadra, quasi fosse una sorta di ripicca per la mancata fiducia.

Tralasciando la sua scuderia di talenti, analizziamo cosa ha fatto la Juventus per il calcio giovanile italiano: assolutamente nulla. La sua squadra Under-23 non è proprio l’esempio perfetto di Primavera in Serie C, anzi: i quattro undicesimi della formazione titolare sono ampiamente sopra i 23 anni, mentre I giocatori più considerati dalla rosa sono due giovani, è vero: Mavidi e Kastanos, rispettivamente francese (acquistato dall’Arsenal per 2 milioni di euro!) e cipriota.
Vi sembra normale tutto ciò? Nella mentalità italiana, se nemmeno la squadra più forte investe nei giovani italiani, perchè dovrebbero farlo Inter, Lazio, Napoli, Roma? Solo due squadre stanno cercando di cambiare questo pensiero retrogrado: Milan e Atalanta. Il primo ha un esercito di talenti italiani in squadra, di cui molti che provengono dalla Primavera, che pur essendo a rischio retrocessione, ha I suoi punti forti in tre stelline italiane: Raoul Bellanova, che purtroppo è stato ceduto al Bordeaux e si trova solo in prestito, Daniel Maldini, figlio della bandiera Paolo e nipote del grande Cesare, un vero e proprio predestinato che sta trascinando I rossoneri, segnando e non difendendo come il padre e il nonno, e Frank Tsadjout, attaccante italo-camerunense, considerato uno dei migliori prospetti italiani. Gli orobici invece possono vantare il settore giovanile migliore d’Italia, oltre ad un allenatore, il grande Gasperini, incredibilmente capace nel lavorare con I giovani, come dimostrano le scoperte di Caldara, Cristante e Mancini, cresciuti sotto l’ala protettrice di una società che ha sempre creduto in loro, senza caricarli di eccessive responsabilità. Tra queste due società non mi sono dimenticato la Roma di Zaniolo, semplicemente considero il suo acquisto un colpo di fortuna, che poi ha portato ai risultati che possiamo ammirare. Un colpo di fortuna che la Juventus ha già esaminato attentamente, ma che rimane al secondo posto nelle sue preferenze, dietro a Joao Felix: parlando sinceramente, spendereste 120 milioni per il portoghese o 60 per l’italiano? Ovviamente sono due giocatori che giocano nello stesso ruolo, ma con caratteristiche opposte: il primo è un todocampista, capace di ricoprire qualsiasi ruolo del centrocampo e dell’attacco, con una grande propensione offensiva, un grande fisico e una grande grinta; il secondo è un 10 classico, elegantissimo e veloce, dotato di un dribbling fuori dal comune e di una freddezza atipica sottoporta. La scelta è dei bianconeri, ma se ricadesse su Zaniolo ho veramente il terrore che si perda come Bernardeschi. Discorso analogo vale per Federico Chiesa: il più sfavillante degli esterni italiani è da tempo sul taccuino di Paratici e non ha mai negato la sua voglia di cambiare aria per provare a vincere qualcosa. Il tempo delle bandiere è finito e anche le ultime stanno definitivamente scomparendo.

Moise Kean è l’unico spiraglio di gioventù nella Juventus, il cui nome in latino significa paradossalmente “gioventù”, ma anche lui, dal mio punto di vista, non è gestito a dovere dalla società e dal tecnico: perchè un grande giocatore, seppur giovane, ma meritevole, non può giocare con la stessa continuità di un Mandzukic? Perchè c’è il rischio che si monti la testa? Ma fatemi un piacere, questa è una mentalità bella che datata, non adatta ad una grande società. E l’Ajax gliel’ha dimostrato con I fatti, dimostrando un’irriverenza mai vista in un campo di calcio.

La Juventus dovrebbe essere un esempio per le società italiane: invece è solo portatrice di un calcio vecchio, stantio, dimenticato da tempo negli altri campionati, oltre che fervente sostenitrice della Superlega, che praticamente isolerebbe le piccole società dalla visibilità internazionale, rendendo il calcio solo una specie di grande circo, dove si è alla ricerca solo delle migliori performance. Parlando recentemente con il padre della mia fidanzata (che saluto vivamente!), siamo giunti ad una conclusione unanime: il gioco bianconero è letale nel lungo, non nel breve, e la Superlega potrebbe essere l’ideale per la Juventus.
Ma cari juventini, vi siete dimenticati una cosa: il calcio è un gioco e va giocato.

Per approfondimenti sui vari temi trattati in questo articolo vi consiglio la lettura di: https://vivoperlei.calciomercato.com/articolo/il-peggior-sorteggio-possibile-per-la-juventus https://vivoperlei.calciomercato.com/articolo/juventus-sconfitta-indolore-ma-attenzione  https://vivoperlei.calciomercato.com/articolo/il-caso-dybala                   
https://vivoperlei.calciomercato.com/articolo/1999-2000-la-generazione-doro-parte-prima