L’idea del triplete non mi ha mai appassionato più tanto, ma non perché sminuisca l’ambizioso traguardo (complimenti a chi ci è riuscito), semplicemente da anni ho un’unica speranza: quella maledetta coppa. Per vedere la Juve alzarla sacrificherei volentieri tutto accettando anche un modesto piazzamento in campionato. Dal ’96 in poi le delusioni europee accumulate si sono fatte eccessive e quella Champions è ormai un chiodo fisso.

I fatti ci dicono che anche quest’anno non sarà triplete e questo perché abbiamo già salutato il trofeo meno ambito tra i tre. Quella sconfitta, ragionando ormai a mente fredda e avendo digerito del tutto l’amaro boccone, ha un significato decisivo dal punto di vista del prosieguo della stagione. Due mesi in cui la Juve si gioca tutto e Sarri il suo futuro (che forse è già segnato). E le sensazioni sono le peggiori in assoluto. Volendo parafrasare le percentuali di Oronzo Canà sulle possibilità stagionali della sua Longobarda, mi viene da dire che la Juve ha l’80% di possibilità di chiudere nella zona alta della classifica, il 3,5% di vincere il campionato e lo 0,07% di vincere la Champions. Numeri e ironia a parte, la squadra di Sarri contro il Napoli ha confermato quanto ci eravamo detti un po’ tutti prima del lockdown. A differenza di Canà lui ha a disposizione la cosiddetta panchina lunga, ma il problema non è quello. La squadra bianconera galleggia da una stagione, senza un’identità di gioco, ma soprattutto mettendo in mostra, a ogni occasione utile, quello che rappresenta il vero problema: lo scollamento tattico e forse anche umano tra lo spogliatoio e il suo allenatore. Non c’è convergenza calcistica né tanto meno empatia tra le parti, come se ci fosse un muro.

All’inizio, però, le cose erano andate diversamente e forse proprio questo fa aumentare le preoccupazioni. La Juve  stava cominciando ad entusiasmare. Squadra e allenatore erano alla ricerca della giusta intesa e sembrava esserci collaborazione tra le parti. I risultati iniziavano a vedersi, seppur a sprazzi, ma quella Juve aveva avuto il merito di superare il girone di Champions con due giornate di anticipo, cosa mai capitata con Allegri e Conte. Pjanic si stava avvicinando a quei 150 palloni toccati a partita, così come un po’ tutti si stavano adeguando a quel gioco veloce con al massimo due tocchi. Poi da dicembre qualcosa è andato storto. Quella parvenza di sarrismo che si era intravista è sparita, la squadra ha smesso di seguire il tecnico e viceversa. La Juve è andata avanti a tentoni  collezionando 3 sconfitte e un pareggio, oltre alla sconfitta con il Lione. Prima di quel momento aveva pareggiato solo 2 volte e vinto tutto il resto. Lo scollamento tra spogliatoio e Sarri è diventato sempre più evidente. Il tecnico, ogni partita, era costretto a sgolarsi con i suoi giocatori perché in campo facevano l’esatto opposto di quanto preteso. Lo stesso Sarri in più di un’occasione ha dichiarato: «La squadra non segue le mie indicazioni». Ammettendo la rottura, ma peggio ancora facendolo in pubblica piazza. Anche questo mai capitato con Allegri e Conte.
Il post lockdown ci ha restituito quella triste realtà. La Juve non è riuscita a superare un Milan privo dei suoi pezzi pregiati né un Napoli che in classifica ha 24 punti di ritardo dalla vetta e 9, che possono diventare 12, dalla zona Champions. Il Napoli, però, contro la Juve ha giocato a calcio, annullando del tutto il divario tecnico, quasi ribaltandolo e meritando la Coppa.
​La piazza intanto si spacca tra chi accusa il tecnico e chi il mercato sbagliato dalla società. Sono vere entrambe le cose. La rosa forse non è all’altezza né adatta all’allenatore, ma questa motivazione sarebbe una motivazione valida se finora la Juve avesse affrontato il Barca o il Real, il Psg o il Bayern.
Sicuramente quella attuale non è la rosa sognata da Sarri, ma nemmeno è scarsa. Ci sono campioni del mondo, europei, gente che in bacheca ha schiere di trofei. C’è Ronaldo. Anche i già citati Conte e Allegri non hanno mai avuto a disposizione la rosa sperata, ma ogni anno si sono adeguati al materiale a disposizione anche sacrificando il proprio credo calcistico. Conte arrivò con il 4-2-4, lo straformò in 3-5-2 per esigenza di rosa. Allegri passò al 4-2-3-1 per lo stesso motivo. Quando alleni un grande club si fa così, devi giungere a un compromesso con i campioni che hai. «Non mi vedrete mai con la difesa 3» disse, invece, Sarri mesi fa quando la Juve era alle prese con problemi di infortuni confermando, se mai ce ne fosse ancora bisogno, che sono i calciatori a doversi adeguare a lui. Sì è vero, ha vinto l’Europa League con il Chelsea, ma c’erano gli stessi identici problemi di spogliatoio, superati in virtù di un quieto vivere e a fine stagione ha fatto i bagagli (li avrebbe fatti lo stesso anche senza la Juve).

Nonostante i problemi evidenti di gioco, Sarri dà la colpa alla scarsa brillantezza dei suoi, nuovamente in pubblica piazza, ma è un errore. I giocatori in campo hanno corso, non sono rimasti fermi, semmai è emerso dell’altro: ognuno sembrava fare ciò che voleva o meglio quello reputava utile in quel momento. A conferma che non c’è un’idea tattica o quanto meno non è stata recepita da uno spogliatoio i cui componenti si conoscono a memoria. Questa Juve non ha un problema di rosa, numericamente è superiore alle altre, sicuramente ci sono tanti giocatori che non stanno rendendo, ma anche qua sorge un dubbio: quando sono in molti a giocare sottotono è davvero colpa loro o c’è una co-responsabilità dell’allenatore? Qualcosa non sta girando per il verso giusto, da dicembre, e tutto porta nella direzione di uno spogliatoio che si è rotto.

La Juve di oggi, diciamocelo con franchezza è destinata a perdere il campionato, perché di fronte c’è una Lazio compatta. Ma rischia seriamente di non superare l’ostacolo Lione, sicuramente non arriva in finale. In Europa serve il gioco, le individualità non bastano, ma soprattutto serve serenità nello spogliatoio. Tutto quello che oggi manca. Le strade percorribili per salvare la stagione sono due, la prima è interna e porta a una sorta di “commissariamento” dell’allenatore con la complicità della società. In pratica a Sarri dovrà essere imposto di adeguarsi alla sua squadra, abbandonando il suo dogma calcistico e “piegandosi” alla volontà tattica dello spogliatoio. La seconda è esterna, ma interna, e porta la nome di Allegri.
L’allenatore è ancora sotto contratto, Paratici e Nedved dovranno recitare il mea culpa di fronte a lui e ad Agnelli per ridargli in mano quello spogliatoio che già conosce alla perfezione e quindi ha la possibilità di raddrizzare la barca in breve tempo, provando a salvare la stagione che significa vincere almeno lo scudetto. In assenza di una delle due soluzioni citate più che il triplete abbiamo serie possibilità di centrare il contro-triplete. Alle condizioni attuali la barca non è più raddrizzabile.