Partiamo subito con una precisazione: questa non è la vera Lazio. Non è la squadra formidabile vista prima del lockdown. Per due motivi. Il primo è legato agli infortuni, quella affrontata ieri aveva seri problemi di formazione. L'assenza di Luis Alberto è importante, ma non è l'unica. In secondo luogo è una squadra stanca. La Lazio non regge il ritmo di una partita ogni 4 giorni, non ha la panchina lunga (per dirla alla Oronzo Canà) per giocare con tale frenesia. I risultati del post lockdown lo confermano e lo fa ancora di più la prestazione di ieri contro una Juve, sì in condizione, ma che puntualmente mostrava quei momenti di blackout che l'hanno portata a prendere 9 gole nelle tre gare e precedenti. E subirne uno ieri a partita praticamente in pugno.

Detto questo, passiamo alla Juve. La squadra di Sarri mette una seria ipoteca sul nono scudetto (il primo in carriera per il tecnico toscano) e lo fa nella gara più attesa e pericolosa, dopo aver conquistato appena 2 punti nelle tre gare precedenti e sciupato il calo della Lazio, ma rischiando di riaprire il campionato a favore di un incredulo Conte che quasi vedeva riaffiorare i fantasmi (positivi) del suo primo scudetto alla Juve. A proposito di Conte, imbarazzanti le sue continue esternazioni, sempre pronto a scaricare la colpa su qualcuno: prima la rosa non all'altezza (eppure tra l'estate scorsa e gennaio gli hanno comprato chiunque), poi la società non all'altezza quindi il calendario non all'altezza.

Torniamo alla Juve. I bianconeri battono la Lazio e ipotecano lo scudetto. Lo fanno con una prestazione quasi perfetta. Sempre nella metà campo avversaria a parte qualche sprazzo biancoceleste, raro ma sempre pericoloso. E questa è una vittoria che porta il marchio di Sarri. Una sfida vinta dal tecnico toscano la cui panchina traballava paurosamente prima della gara, con buona pace delle smentite di rito. Una non vittoria lo avrebbe condannato a lasciare Torino anzitempo (cosa che probabilmente accadrà lo stesso al termine della Champions, a meno che...). Sarri vince e si tiene stretta la panchina della Juve e lo fa assumendosi un rischio incredibile, ma che denota coraggio. Per la prima volta in questa stagione il tecnico manda in soffitta Allegri. La Juve è scesa in campo con una linea mediana inedita: Ramsey, Bentancur e Rabiot. Non era mai successo finora che Sarri non schierasse almeno uno dei giocatori cardini del centrocampo allegriano: Pjanic, Matuidi o Khedira. Almeno uno dei tre è stato sempre in campo nel corso della stagione. Ieri no. Ieri Sarri ha deciso di affidarsi a un centrocampo che assomiglia più alla sua idea di calcio che a quella di Allegri. Meno muscoli e più tecnica sulle mezzali, e quindi via Bentancur e Matuidi per Ramsey e Rabiot. Viceversa sulla mediana sacrifica la tecnica di Pjanic per la grinta di Bentancur. Un centrocampo inedito, per niente allegriano che non avrebbe mai rinunciato a una mezzala tutta corsa e sacrificio. Sarri lo ha fatto, decidendo di mettere in campo il suo credo calcistico e i risultati si sono visti perchè la supremazia del centrocampo bianconero su quello laziale è stata evidente. Sicuramente c'è da tenere in considerazione la loro stanchezza fisica, così come non si può negare la crescita esponenziale di Rabiot (qualcuno deve delle scuse a Paratici), mentre ci vuole coraggio a schierare Ramsey, uno che dopo il lockdown non ha fatto vedere nulla di buono in quegli scampoli di partita in cui è stato schierato. Però il modo con cui aveva impostato la gara pretendeva la presenza del gallese. Certo non bisogna nemmeno nascondere la decisione iniziale di Sarri di tenere fuori Dybala in luogo di Higuain, ma era giustificabile dalla presenza in campo di Douglas Costa, un'ala che tende ad andare al cross e se in area non c'è un saltatore che dia una mano a Ronaldo diventa tutto inutile. Di sicuro è impossibile dire come sarebbe andata la partita se Higuain non si fosse infortunato nel pregara.

Sarri ha vinto, dicevamo, lo ha fatto scacciando il fantasma di Allegri e impostando una partita a modo suo, ma ha dovuto combattere di nuovo contro Bonucci. Il difensore della Juve è attualmente l'uomo in meno dei bianconeri. I nove gol subito nelle tre partite precedenti portano quasi tutti il suo marchio. Imbarazzante quello di Zapata. La responsabilità sembrerebbe di Bentancur, in realtà è tutta di Bonucci che non stringe la posizione nonostante De Ligt esca dall'area per andare a contrastare Gomez e chiudergli il tiro. Il Papu inventa per Zapata, Bentancur non può chiudere la linea perchè sta seguendo la punta dalla sua posizione e va a tallonarlo, ma chi viene meno è Bonucci. Lui avrebbe dovuto fare il movimento a riempire il vuoto lasciato da De Ligt, ma non lo fa e a quel punto per Zapata diventa un gioco da ragazzi. Cito questo esempio perchè è esemplificativo degli svarioni tattici di Bonucci che, se nell'uno contro uno è quasi insuperabile così come negli anticipi, quando deve fare un movimento diverso perchè l'azione si è sviluppata in un determinato modo, si dimentica di farlo. E' successo anche contro il Milan. Ieri, invece, ha messo in mostra tutto il suo repertorio negativo. Il primo sul palo di Immobile. Bonucci va a contrastare il tiro in un modo che non si usa nemmeno più nella partita di calcetto del giovedì sera con gli amici. Si piazza davanti a distanza, di lato, e sposta il tacco invece di andare incontro. Roba che nei pulicini ti sbattono in panchina. E questo modo di contrastare il tiro è un marchio di fabbrica di Bonucci. Così come la dormita che porta al rigore su Immobile, nonostante il difensore sia in vantaggio e abbia piena visuale del campo, anche del portiere troppo lontano dal pallone per intervenire. Al momento Bonucci è un problema.

La partita di ieri, però, non è stata tutta rose e fiori. I classici momenti di blackout bianconeri si sono visti per tutta la gara e, nonostante una partita quasi perfetta, la Juve deve ringraziare il volo di Szczesny sulla punizione di Milinkovic-Savic nel finale altrimenti adesso staremmo parlando di altro. E anche Sarri deve ringraziare il suo portiere. Per contro c'è una considerazione da fare in chiave Champions. Quest'anno la Juve, in campionato, ha offerto le sue prestazioni migliori contro le squadre di alta classifica, a parte qualche eccezione, soffrendo e perdendo punti, invece, contro quelle di metà classifica. E' un segnale importante per l'Europa perchè dimostra come questa squadra si trovi più a suo agio contro avversari che giocano a viso aperto, come appunto succede in Champions. E' un segnale, però, che andrà tutto verificato ad agosto. Prima servono i quattro punti necessari a chiudere un'avvincente, quanto stressante, corsa scudetto.