La pandemia causata dal Coronavirus ha sconvolto la vita e le abitudini di tutti noi. Piano piano l’Italia sta cercando di recuperare la sua normalità, come dimostra anche la voglia di far ripartire il campionato di calcio (questioni economiche a parte). Il pre e il post Covid nel mondo del pallone italiano fanno già registrare un elemento in comune e per niente edificante: il rifiuto da parte degli astri nascenti a venire in Italia. Un elemento che può cominciare a preoccupare, su cui sicuramente bisognerà riflettere.

Da anni si dice, a ragione, che il calcio italiano stia crescendo in qualità e appeal. Merito non solo della Juve, ma anche di altre squadre che stabilmente si fanno rispettare in Europa (Napoli e Roma su tutte), c’è l’ascesa della Lazio, la new entry Atalanta e la rinascita dell’Inter. Risultati, in termini di successi finali, non se ne sono ancora visti, ma è indubbio come il calcio italiano stia crescendo rispetto alla qualità bassa di anni fa. Tutto ciò non basta, prima Haaland a gennaio ora Werner. Due “no, grazie” rispetto alla possibilità di giocare in Italia. Due giovani promesse, attaccanti del futuro che già fanno registrare numeri importanti per la loro età, soprattutto il primo. Eppure gli ammiccamenti delle big italiane non hanno scalfito le loro attenzioni. Haaland ha preferito il Borussia, Werner sta per approdare al Chelsea. Squadre che, senza offesa per loro, non sono per niente più importanti dei club italiani che hanno rifiutato.

Haaland, su consiglio di Mino Raiola, ha chiuso la porta in faccia alla Juventus squadra in lotta per il campionato e, perché no, per la Champions. Ha preferito il Borussia che non vincerà mai il campionato di fronte a un inarrestabile Bayern, mentre in Europa è uscito agli ottavi, nonostante proprio le prodezze del bomber avevano illuso i tedeschi. Si dice che la Juve si sia fatta sfuggire il bomber del futuro, in realtà Haaland ha fatto una scelta di vita, andare a giocare nel club che gli potesse assicurare la maglia da titolare per continuare nella sua crescita. Lo stesso Raiola lo ha ribadito di recente sostenendo che, nel caso in cui il suo assistito fosse andato alla Juve, sarebbe finito nell’Under 23. Il potente procuratore, lo scorso anno, preferì invece spedire De Ligt alla Juve, rifiutando le avances di mezza Europa. Anche in quel caso la valutazione avvenne sulle possibilità di crescita del giocatore: meglio la serie A, è la migliore scuola calcio per difensori al mondo. Con Haaland, invece, il discorso è stato opposto, ma la base di partenza la stessa: quale club e campionato ideali per far crescere il giocatore. Il Borussia ha ringraziato, ha pagato la punta pochi spiccioli (considerate le quotazioni di gennaio) e tra qualche anno potrà incassare un capitale dalla cessione. Anche De Ligt probabilmente non rimarrà a vita nella Juve. Completata la sua crescita chiederà la cessione.

Timo Werner si dice stia per passare al Chelsea che, entro il 15 giugno, dovrebbe attivare la clausola di rescissione da 50 milioni di euro. Cifra non da poco, ma di fronte abbiamo un 24enne che in carriera ha già messo insieme oltre 300 partite tra i professionisti andando in rete 160 volte, ma confezionando anche 62 assist, non male per uno che di mestiere fa la punta centrale. Un vero attaccante completo e moderno, insomma. Su Werner si erano fiondati più o meno tutti anche perché le qualità sono indiscutibili. In Italia, la prima squadra a fargli la corte è stata l’Inter. Dopo la cessione di Icardi ero sicuro che Marotta avrebbe portato a casa il bomber del Lipsia, anche perché i soldi incassati sono gli stessi della clausola. La strategia mi sembrava ben definita e anche evidente. Nessuno aveva fatto i conti con la volontà del giocatore: no secco all’Italia e la serie A. O Bundes o Premier sono state le sue indicazioni. Sembrava certo il suo passaggio al Liverpool, ma nelle ultime ore si è parlato di una telefonata di Klopp al ragazzo per comunicargli che non lo avrebbe preso. A quel punto Werner ha preferito premiare le attenzioni del Chelsea, piuttosto che aprire le porte all’Inter o alla Juve, che pure sembrava interessata al ragazzo.

Un altro rifiuto e sempre da un attaccante di belle speranze. La serie A sembra non attirare quelle giovani promesse già in grado di indossare una maglia da titolare. Probabilmente queste repulsioni sono dettate da quel malcostume italico per cui un giovane di belle speranze deve fare anni di gavetta e panchina, prima di avere la maglia da titolare. Non a caso, negli ultimi anni, in Italia sono arrivati sì campioni, ma già affermati o sul viale del tramonto o in cerca di una seconda chance. Giusto per citarne qualcuno di recente: Ibrahimovic che, stufo dell’esperienza statunitense, ha deciso di abbracciare la causa rossonera a 38 anni; Alexis Sanchez, 30 anni, in cerca di riscatto dopo la deludente parentesi con lo United; Lukaku, 27 anni, anche lui proveniente dallo United, ma con un rapporto ai titoli di coda e desideroso anche lui di rilanciarsi. I giocatori che sono venuti in Italia negli ultimi anni rispondono più o meno a questi profili. Le giovani promesse, quelle dal futuro assicurato, non lo hanno mai sfiorato il Belpaese, eccezion fatta per De Ligt, ma per i motivi di cui sopra. Tutti hanno preferito altri campionati europei. Poi in futuro, magari qualcuno approderà in serie A, ma quando i cartellini saranno schizzati alle stelle.

Ai club italiani non resta che limitarsi all’acquisto di qualche giovane speranza, più che promessa. Come fece l’Inter con Lautaro Martinez (acquisto indovinatissimo), come sta provando a fare la Juve con Kaio Jorge (giocatore da scoprire). E badate che non è una questione di soldi per i cartellini. Haaland è stato pagato 20 milioni di euro dal Borussia, il Santos chiede sui 30 milioni per la sua stellina. Certo c’è una differenza di ingaggi tra i due, ma il primo rappresentava un investimento sicuro, il secondo una scommessa. E al primo campionato disputato bene, statene certi che anche Kaio Jorge chiederà un ingaggio da big, pena la cessione.