Mancini mi ha dato una lezione. Una lezione di calcio che accetto volentieri. Mi ha fatto riscoprire il senso profondo del gioco del calcio: la squadra e il suo valore. Giornali, tv, procuratori non fanno altro che esaltare il singolo: Ronaldo, Messi, Lukaku, Mbappè, sembra sempre che vincano le partite da soli. Al punto che non è troppo azzardato parlare di giocata del calciatore, piuttosto che di gioco di squadra. Eppure al talento puro si può (si deve) rispondere con quello collettivo. Qualcosa cui in campionato ci ha abituato l’Atalanta di Gasperini e in parte il Sassuolo di De Zerbi. In nazionale, così bene invece io non ricordo di aver mai visto giocare. Nemmeno con Sacchi. Solo con questa organizzazione di gioco l’Italia fa fronte ai suoi avversari pur non avendo campionissimi. Locatelli, Berardi, Insigne e Immobile sono ottimi giocatori, ma non stelle assolute. Eppure chiunque in questa nazionale pare riuscire a ben figurare, grazie a posizioni in campo precise e indicazioni di gioco chiare. Insomma davvero un ottimo lavoro, dove la mano dell’allenatore si vede davvero. Sarebbe quindi un errore voler attribuire meriti speciali a qualcun altro.

Non c’è a mio avviso un giocatore che da solo risolve la partita. Si ha piuttosto la sensazione che i 26 siano perfettamente complementari e che chiunque entri non faccia rimpiangere chi esce. Naturalmente succederà esattamente il contrario perché le regole del calciomercato vogliono questo: dunque, qualora l’Italia dovesse andare fino in fondo aspettiamoci valutazioni monstre per Locatelli & Co. anche se non sono dei fenomeni. Il caso evidente lo abbiamo avuto davanti anche ieri: Remo Freuler, dell’Atalanta, completamente irriconoscibile con la maglia della Svizzera.
In definitiva è curioso che uno dei giocatori più talentuosi della nostra storia, sia riuscito a far brillare una squadra senza stelle.